La sottile linea tra fallimento e successo: Allegri si è costruito la sua trappola. Remontada o comeback? L’importante è crederci. Zidane al Real, è quasi un via libera per Conte

Nasce a Bari il 23.02.1988 e di lì in poi vaga. Laurea in giurisprudenza, titolo di avvocato e dottorato di ricerca: tutto nel cassetto, per scrivere di calcio. Su TuttoMercatoWeb.com
12.03.2019 00:00 di  Ivan Cardia  Twitter:    vedi letture
La sottile linea tra fallimento e successo: Allegri si è costruito la sua trappola. Remontada o comeback? L’importante è crederci. Zidane al Real, è quasi un via libera per Conte
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Salutare la Champions non sarebbe un fallimento. E ribaltare l’Atletico Madrid non sarebbe un successo. Parola di Massimiliano Allegri, che un anno dopo torna a inseguire una rimonta impossibile, o quasi. A pensarci bene, sulla carta è più difficile pensare di rimontare un 3-0 in casa che un 2-0 fuori. Poi però c’è l’Atletico, la peggior squadra da pescare e il peggior avversario contro cui dover fare la partita della vita, e le cose si complicano. Non sarà, comunque vada, né fallimento né successo, assicura il tecnico. Difficile definire fallimentare un’annata che a marzo ti vede a +18 sulla seconda in classifica; troppo presto per esultare quando in fin dei conti si tratta pur sempre di una gara degli ottavi di finale. È nella sottile differenza tra i due poli opposti dell’esito sportivo, che Allegri si gioca, forse, buona parte del suo futuro. Ammesso che non sia già scritto, nel qual caso sarebbe bello, per lui e per i tifosi, che facesse come Heynckes al Bayern: vinco tutto e poi vi saluto, amici cari.

Allegri, nella terra di nessuno che separa l’avere tutto dall’avere nulla, è finito nella sua stessa trappola. In quella del motto di Boniperti, per cui vincere è l’unica cosa che conta. Ma anche nella sua cifra di allenatore, in cui il risultato giustifica qualsiasi strada intrapresa per raggiungerlo. A pensarci bene, funziona così in qualsiasi cosa della vita: valutate il vostro idraulico dalla sua capacità di riparare un danno o dalla bellezza dei suoi gesti mentre ci prova? La differenza del calcio è nei dettagli, nel fatto che ci siano mille tortuose strade per arrivare alla vittoria. Non nel mondo di Allegri. La sua filosofia, sia chiaro, è condivisa appieno da chi scrive: se vinci sei grande, se perdi non sei nessuno. Tutto il resto sono chiacchiere per chi cerca alternative allo scopo del gioco. Però Allegri negli anni ha messo sempre il risultato al di sopra del resto: non avere obiettivi a metà marzo vorrebbe dire avere sbagliato, in modo irreparabile a questo punto.

Di mezzo c’è una remontada, come la chiamerebbero gli spagnoli. O comeback, come in modo più anglofono ha scelto di fare la Juventus. L’importante è crederci, appunto. Fino alla fine, ancora un motto bianconero che riecheggia. Possibilità concrete? Poche, non molte meno di quante ve ne fossero prima del 2-0. Finora, Allegri non ha ancora capito il modo di battere Simeone, quando si sono trovati di fronte. L’hanno capito in pochi, in giro per il mondo. Il livornese studia le vie alternative, in questo momento il grande dubbio è se avere Caceres o Spinazzola dal primo minuto. Con tutto il rispetto, è il sintomo di una società che non ha saputo arrivare pronta al momento clou della stagione. Passi la sfortuna, ma se alla gara cruciale ti presenti con un esordiente assoluto in Champions, o con un difensore preso in fretta e furia dalla Lazio, dove neanche giocava, qualcosa hai sbagliato. Senza se e senza ma.

Chi ha capito come battere Simeone, per la cronaca, è tornato sulla panchina del Real Madrid. Zinedine Zidane di nuovo allenatore dei blancos è stata la notizia del giorno, tanto da oscurare il pre Juventus-Atletico. Con buona pace dei tifosi bianconeri, che già sognavano Zizou alla guida dall’anno prossimo. Allegri permettendo, è quasi un via libera per il ritorno di Antonio Conte. Spieghiamo meglio: Didier Deschamps meriterebbe una nuova occasione dopo essere sceso troppo presto dal treno, è un nome ben consigliato ma che convince il giusto, cioè poco. Pep Guardiola è la suggestione più affascinante: è il Cristiano Ronaldo degli allenatori, vorrebbe dire ripetere la maxi-operazione mediatica dell’anno scorso. Però il Napoli insegna che non basta prendere un super-tecnico per cambiare il proprio destino e poi Guardiola guadagna tantissimo, forse troppo. Se Allegri saluterà davvero, se Agnelli non deciderà per un ulteriore maxi-esborso, resta un solo nome. Di Francesco e Inzaghi erano alternative pre-CR7: sono stimati, ma fino a un certo punto. Conte è la Juve, invece. È un vincente, è la nuova scossa che potrebbe servire. Tremava con Malmo e Galatasaray? Vero, uno dei grandi meriti di Allegri è aver dato una nuova dimensione alla Juve. Però Conte non guidava la stessa fuoriserie di Max. C’è poi un conto da saldare, quello di un ristorante da 10 o 100 euro.