Juve, che disastro con le separazioni. La grande attesa continua. Una sola certezza: fare meglio di Allegri sarà (quasi) impossibile

Nasce a Bari il 23.02.1988 e di lì in poi vaga. Laurea in giurisprudenza, titolo di avvocato e dottorato di ricerca: tutto nel cassetto, per scrivere di calcio. Su TuttoMercatoWeb.com
14.05.2019 00:30 di Ivan Cardia Twitter:    vedi letture
Juve, che disastro con le separazioni. La grande attesa continua. Una sola certezza: fare meglio di Allegri sarà (quasi) impossibile
TuttoJuve.com

Impreparata, di nuovo. È questa l’immagine che malgrado tutto dà la Juventus, ingarbugliata nel tam tam mediatico relativo alla possibile (probabile?) separazione da Massimiliano Allegri. Chi vivrà vedrà, ha detto Nedved: fino a mercoledì speriamo di arrivarci, il guaio è come. Sembrava solidissima, la società bianconera, nel confermare il proprio tecnico dieci minuti dopo la sconfitta con l’Ajax. Quando nessuno se lo aspettava e non era neanche dovuto. Quando c’era uno scudetto ancora da vincere, ma solo formalmente. Le parole di Agnelli sono state, in quell’occasione, un modo eccellente di gestire l’inevitabile delusione post Champions, dirottando l’attenzione e dando un segnale. Poi piano piano quella posizione di forza apparente si sta rivelando per quello che è davvero.

Se non debolezza, qualcosa che vi assomiglia. Potremmo definirla incertezza: la Juve in settimana ha subito la notizia dell'eventuale addio di Allegri, col contestuale arrivo di Conte/Deschamps/Guardiola/Inzaghi/Mihajlovic: voci che hanno fatto in parte uscire allo scoperto i bianconeri (più o meno, che il sospirato incontro avverrà mercoledì lo ha detto solo Allegri) e ha avuto come unico risultato concreto che Conte e l’Inter si siano decisi ad accettarsi a vicenda. Uno scenario, quello di una Juve mediaticamente non troppo reattiva nei momenti della separazione, non proprio inedito. Ricorrevano ieri i sette anni dall’addio di Del Piero: una ferita tuttora aperta, su cui non torneremo. Alex aveva messo spalle al muro la società con quel contratto in bianco di un anno prima. Un po’ come ha fatto, un paio di anni dopo, Antonio Conte: arrivederci e grazie, a precampionato già iniziato. Da lì è nata l’era Allegri, con una chiamata frettolosa di un allenatore preso di mira dal lancio di uova di una tifoseria che inspiegabilmente continua a non apprezzarne i numeri. E poi in questa stagione è arrivato Marotta, che all'improvviso ha annunciato praticamente da solo il suo addio. La Juve non è bravissima nel salutare i suoi protagonisti, ne abbiamo già scritto in passato. 

Sarà separazione ancora? In attesa dell’incontro di mercoledì, l’unica cosa certa è che la vera sfida sarà trovare qualcuno che faccia meglio di Allegri. Oggettivamente, è quasi impossibile. C’è soltanto la Champions da poter vincere: non è poco ma, se vincere è straordinario, diventare campioni d’Europa va anche oltre e nessun allenatore al mondo dà garanzie di riuscita. Anche il migliore, persino Guardiola, avrebbe tutto da dimostrare. Anzitutto dovrebbe vincere lo scudetto, cosa sempre riuscita a Max, e neanche quello è scontato. Il grande guaio del ciclo d’oro bianconero, pecca Champions a parte, è l’aver fatto pensare che vincere in Italia fosse qualcosa di normale. Chi dice che questa Juve è troppo più forte della concorrenza non pensa a quella di Conte, che il ciclo lo ha iniziato. Il Milan era nettamente più forte e blasonato: aveva Ibrahimovic, Thiago Silva e Cassano, per dirne tre. Eppure vinsero Matri, Giaccherini e Quagliarella. Perdere è molto più facile di vincere: riesce benissimo a tanti, da otto anni in Italia quasi a tutti. Quanto alla Champions, lo stesso Pep, su cui torneremo ancora, non la vince da otto stagioni. Eppure nel frattempo non ha allenato Pizzighettone e Poggibonsi, ed è stato fermo soltanto per un anno. Statisticamente parlando è probabile, molto più probabile, che il prossimo allenatore farà peggio di Allegri.

Poi c’è la delusione Champions, l’elemento che fa definire fallimentare l’annata appena conclusa. È fallimentare davvero? Lo è nella misura in cui in estate è arrivato Cristiano Ronaldo, e questo è anche uno dei motivi per cui ottimi allenatori come Simone Inzaghi, per fare un nome che pure in bianconero è stimato, sarebbero un passo indietro. Sarebbe come prendere la racchetta di Federer e metterla in mano a Zverev: il ragazzo si farà, ma è ancora presto. È fallimentare nella percezione che ne abbiamo: possiamo guardare la classifica e pensare a quanto sia straordinario lo scudetto. Oppure possiamo guardare la realtà e dire che a questo punto della stagione qualsiasi tifoso della Juve pensava di programmare la finale Champions. Non è una colpa il non esservi arrivati: succede solo a due club ogni stagione, è una cosa rarissima. Ma non si può neppure fare una colpa al pubblico juventino se sognava di esserci e invece non ci è andato neanche vicino.

La Juve, riprendendo il filo del discorso, dal post-Ajax in poi ha gestito, se così si può dire, in maniera confusionaria la separazione da Allegri. È un dato di fatto. Se separazione sarà, perché arriviamo alla cronaca: in società c’è chi è convinto che il tecnico sia da salutare e chi invece che in giro non vi sia molto di meglio. Questo è un dato non secondario e il nome di Guardiola è quello che potrebbe mettere d’accordo tutti. Un po’ meno le casse societarie, ma forse sono dettagli. L’unica ragione plausibile per non aver già preso una decisione in maniera chiara (a livello mediatico presa subito dopo l’Ajax, poi i continui riferimenti a un futuro incontro hanno certificato che vi fossero ancora valutazioni da fare) è che la Juve abbia già deciso di aspettare Pep, vincitore domenica col suo City. O un altro allenatore della Premier League, dove c'è il meglio del meglio: Sarri, Klopp, Pochettino. Se così non fosse, da quel "ripartiremo con Allegri" al "chi vivrà vedrà" e successiva separazione, sarebbe passato tanto tempo sprecato. L'addio, al momento, è lo scenario più probabile anche per questo: non solo per qualche rapporto complicato con la squadra, ma anche perché altrimenti non si capirebbe questa grande attesa. La conferma poteva arrivare ed essere ribadita già prima; viceversa, non è necessario che arrivino gli stracci. Un arrivederci e grazie più chiaro avrebbe consentito di vivere in maniera comunque più serena questo finale. Anche il prossimo 19 maggio in cui si celebrerà una festa di cui al momento, è triste a dirsi, a nessuno importa davvero.