Buffon e il Paese strano: un bel tacere non fu mai scritto. In arrivo il punto più basso del calcio italiano. Allegri primo della classe: il suo futuro è ancora da scrivere

Nasce a Bari il 23.02.1988 e di lì in poi vaga. Laurea in giurisprudenza, titolo di avvocato e dottorato di ricerca: tutto nel cassetto, per scrivere di calcio. Su TuttoMercatoWeb.com
27.03.2018 00:00 di Ivan Cardia Twitter:    vedi letture
Buffon e il Paese strano: un bel tacere non fu mai scritto. In arrivo il punto più basso del calcio italiano. Allegri primo della classe: il suo futuro è ancora da scrivere
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Siamo un Paese strano, hai ragione Gigi. Un Paese, calciofilo, che prima e dopo un’amichevole di lusso (quella contro l’Argentina) si interroga soprattutto sul ruolo del proprio capitano e portiere. Di Buffon, che per molti dovrebbe ritirarsi e invece è ancora lì a vestire l’azzurro. Sgombriamo ogni equivoco: anche io penso che la sua presenza, in un gruppo di cui non farà parte ai prossimi Europei, si potesse evitare (discorso molto diverso per la Juventus). Con una Federazione commissariata, un mondiale che non giocheremo, un ct ancora tutto da scegliere, mi pare però che sia l’ultimo dei problemi. 

Su Buffon e l’Italia un bel tacer mai fu scritto, verrebbe da dire. Per due ragioni: si è guadagnato sul campo, coi trofei, anche solo con il 2006, il diritto di rimanervi finché vuole. E resta il miglior portiere italiano in circolazione: come per tutti gli altri ruoli, anche tra i pali il nostro calcio ha saltato una generazione. Quella degli Amelia, Mirante, Marchetti e via dicendo: bravi, ma nessuno all’altezza. Ora ci sono Perin e Donnarumma, che all’altezza potrebbero anche diventarlo ma per ora hanno zero presenze in Europa il primo e undici in Europa League il secondo: non credo che metterli in porta di una Nazionale allo sbando sia una priorità. 

Da Buffon, come portiere o con qualsiasi altra veste voglia indossare, si può anche ripartire. Dal resto è molto più difficile. A Wembley, salvo clamorose sorprese, siamo pronti a celebrare il momento più basso del calcio italiano, ovviamente dopo la mancata qualificazione a Russia 2018. Con una sconfitta, l’Italia finirà infatti fuori dalle prime 20 del ranking FIFA. Dietro Tunisia, Islanda, Galles, Svezia. Frutto del crollo generale del nostro movimento, ma anche di una gestione francamente incomprensibile delle amichevoli. L’ho già scritto in passato, è una delle tante, tantissime, cose da migliorare. 

Per migliorare, invece, Massimiliano Allegri ha solo una cosa da vincere: lo sa benissimo, lo so io e lo sapete voi, non la nominiamo nemmeno, per scaramanzia. Però quella Champions League è davvero l’unico trofeo che manca al miglior allenatore italiano del momento. Certificato dai suoi colleghi: la Panchina d’Oro vale quanto il due di bastoni quando la briscola è di coppe, ma certifica un dato. Che si può essere belli quanto si vuole, ma poi ha ragione chi vince tutto. E che il bel gioco può essere un mezzo, ma non un fine.

Il futuro del tecnico è, come in ogni stagione a marzo, ancora tutto da scrivere. La separazione a fine annata è uno spettro che di tanto in tanto aleggia su VInovo, la vittoria della Champions League un fattore che ha una sua incidenza tutta relativa. Le sirene dall’estero ci sono: il PSG dovrebbe puntare su Conte, il Chelsea su Sarri, il Manchester United chi lo sa. Però ad Allegri fanno l’occhiolino un po’ tutti. Sarà importante che anche la Juve faccia le sue mosse per tenerselo stretto: l’alternativa forse esiste già e si potrebbe chiamare Simone Inzaghi, ma la successione al trono va scelta e non subita. Che mosse? Sarà difficile tenere alcuni big, oggetto del desiderio di mezza Europa: Alex Sandro, Pjanic, Dybala. Almeno uno dei tre partirà, l’importante sarà che lo faccia al giusto prezzo. Sarà importante muoversi in entrata, per non dover sempre affrontare il Real Madrid guardando verso l’alto: Milinkovic-Savic, per esempio, costa davvero troppo?