Gli eroi in bianconero: Riccardo CARAPELLESE

Pionieri, capitani coraggiosi, protagonisti, meteore, delusioni; tutti i calciatori che hanno indossato la nostra gloriosa maglia
02.07.2021 10:23 di Stefano Bedeschi   vedi letture
Gli eroi in bianconero: Riccardo CARAPELLESE
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Gli bastavano, quando era in vena, il suggerimento di un mediano, il lancio di un terzino, una qualsiasi situazione tattica favorevole, per farlo diventare un cavallo grigio della squadra, cioè un destriero di pelo insolito che gli scommettitori avveduti degli ippodromi non trascurano mai, pena le conseguenze amare della sorpresa. Sorprendente e inatteso era il modo con il quale Carappa era solito impostare la sua azione, prettamente individuale.
Uncinava il cuoio con uno stop sicuro ed efficace; in un baleno valutava la situazione, misurava la distanza e contava gli avversari. La sua manovra non obbediva mai a regole fisse, a schemi didattici; nasceva, viveva e si concludeva al puro stato di invenzione e proprio per questo risultava irripetibile e imprevedibile.
Se qualcuno avesse avuto modo di seguire e marcare con il gesso sull’erba il percorso dell’azione di Carapellese, si sarebbe trovato una varietà di disegni, di tracciati e di ghirigori. Il tiro finale, per lo più irresistibile, anche se talora viziato dall’errore di mira, era la risultante di una miscela di serpentine e di guizzi, di andate e di ritorni, di rettilinei e di svolte, di imbrogli e di burle.
La partita, per tutto il tempo della durata dell’azione di Carapellese, si arrestava e si bloccava, quasi estasiata a osservarla e diventava esclusivamente sua; il potere di suggestione che Riccardo sapeva esercitare sui compagni e sulla folla era tale che il goal, quando arrivava, esplodeva in un grandissimo abbraccio e acclamazione.
Nella Juventus 1952-53 (l’unica in bianconero) Carapellese ebbe compagni illustri: Boniperti, Parola, Muccinelli, Mari, Corradi, Viola, John Hansen e Præst. Giocò all’ala sinistra e sulla fascia destra, ora al posto di Præst, ora con la maglia di Muccinelli; lo sperimentarono anche come centrattacco, sostituendo Vivolo. Si trovò tra i campioni in senso assoluto, ma non sfigurò mai; anzi, la presenza di tanti fuoriclasse lo esaltò al punto di risultare sempre tra i migliori in campo.
Terminata la carriera diventò allenatore dei ragazzi; lasciò a loro il ricordo di un uomo che amava stare insieme ai giovani, a insegnare come vivere questo sport, fuori e dentro il campo. Un maestro di vita, che amava dare senza chiedere.

VLADIMIRO CAMINITI
Formatosi nel Torino, inseguito dal bisogno e dalle brame di apparire, lasciava quella fortissima combriccola segnata dal destino a caccia di immediato successo, e lo trovava. Il suo stile manieroso ma efficace, il suo dribbling con quel le gambe a ics che lo trasferiva nel cuore delle difese, snidandole e sbaragliandole, ne faceva un’ala di alto affidamento, ma sul posto c’erano Præst, nonché Vivolo, e per il dottor Sárosi la scelta diventava obbligata. Fu un campionato di sofferenze assortite per il sensibile Riccardo, che si sfogò a ripetizione con i giornalisti dell’epoca, con lo squisito Piero Molino ad esempio, giusto erede di un Renato Tosatti con la sua ironia.
Nelle sue diciassette presenze, Carappa accontentò gli esteti e saziò le statistiche; fu un campionato sfortunato per la Juve, piegata in un finish rabbioso, dalla più pragmatica Inter di Alfredo Foni e di Benitaccio Lorenzi. Carappa arricchì il suo repertorio, ma salutò tutti a fine campionato. Non poteva rinunziare alla sua gloria domestica, il giocatore che alla morte del Torino ne rivesti la maglia con esiti luminosi, una delle ali sinistre di un passato di calcio romantico, meno cinico e tanto più avventuroso, nel senso più autentico della parola, di quello dei giorni della moviola e della TV commerciale.