Gli eroi in bianconero: Marco MARCHIONNI

Pionieri, capitani coraggiosi, protagonisti, meteore, delusioni; tutti i calciatori che hanno indossato la nostra gloriosa maglia
20.07.2017 10:42 di Stefano Bedeschi   vedi letture
Gli eroi in bianconero: Marco MARCHIONNI
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© foto di Federico De Luca


Cresciuto a Cretone, in provincia di Roma, inizia già da piccolo a praticare calcetto: «Ci torno appena ho un po’ di tempo libero, a trovare la famiglia e gli amici più cari. Mi piace l’atmosfera di pace che si respira lì. È una frazione piccola ma accogliente: hai la tranquillità della campagna, con Roma a portata di mano. È lì che ho conosciuto mia moglie Claudia. Siamo stati fidanzati sette anni, prima di sposarci». A quindici anni entra a far parte della prima squadra del Monterotondo, società che milita nel campionato Dilettanti. Si distingue subito per la sua velocità e per la sua tecnica che, in pochissimo tempo, gli permettono di conquistarsi una maglia da titolare e di realizzare ben quattro reti in ventinove presenze: «La mia prima squadra di calcio fu il Castelchiodato, dal momento che il mio paese non aveva una rappresentativa giovanile. Avevo otto anni e ricordo che giocavo già a centrocampo, ma a sinistra. A quindici anni sono passato nel Monterotondo, e lì ho fatto tutte le giovanili fino alla categoria dilettanti».
Notato da un osservatore dell’Empoli, si trasferisce in Toscana nella stagione 1998-99; il 31 gennaio 1999, esordisce in Serie A all’Olimpico di Roma, contro la squadra giallorossa. La stagione non è fortunata e Marco, appena approdato in A dalla Serie D, non può evitare la retrocessione dell’Empoli in Serie B. Le due stagioni successive trascorse nel campionato cadetto si rilevano preziose in quanto, sotto la guida di Silvio Baldini e all’interno di un solido gruppo, affina le sue qualità e diventa uno dei perni inamovibili della squadra empolese: «Improvvisamente mi sono ritrovato dal campionato Dilettanti alla Serie A, con la maglia dell’Empoli. Era un balzo di categoria notevole per un giovane, ma devo ammettere di non aver perso la testa. La società toscana mi ha lasciato maturare piano piano, alternando la prima squadra con la formazione Primavera. Ero arrivato come attaccante, poi Baldini mi ha trasformato in esterno di centrocampo ed è stata una scelta azzeccata. Per le mie caratteristiche fisiche in fascia rendo molto meglio che davanti».
Nell’estate del 2001 è acquistato dal Parma che lo considera, insieme al suo grande amico Matteo Ferrari, uno dei tasselli su cui fondare il progetto giovani, tanto desiderato dal patron Tanzi. La prima stagione al Parma, tuttavia, è abbastanza deludente anche per colpa di un grave infortunio nella gara della Nazionale Under 21 a Reggio Calabria. Nel finale, dopo aver recuperato fisicamente, riesce a vincere la Coppa Italia con la compagine emiliana. Nel gennaio del 2003, dopo un inizio non facile, è ceduto in prestito al Piacenza dove, in un campionato di luci e ombre, non riesce nel difficile compito di salvare dalla retrocessione in serie B la squadra biancorossa. Torna a Parma alla fine del campionato e, nonostante il fallimento della Parmalat e il progressivo indebolimento della rosa della squadra gialloblu che ha grossi problemi economici, in un gruppo formato da giovani promettenti riesce a conquistarsi un posto da titolare. La brillante stagione si conclude con cinque reti in trentadue partite, riuscendo a fornire prestazioni superlative sia come uomo assist sia come rifinitore. Nel novembre del 2003, arriva anche la prima convocazione nella Nazionale, il 12 novembre 2003 nella gara persa contro la Polonia 3-1, sotto la guida di Giovanni Trapattoni: «La convocazione azzurra è stata un sogno che si avvera. Sono sceso in campo in due occasioni, nel 2003, con Trapattoni in panchina. Poi per colpa dell’infortunio sono uscito dal giro».
La stagione 2004-05 si apre, quindi, sotto i migliori auspici; l’allenatore emiliano è Silvio Baldini, lo stesso che lo aveva valorizzato ai tempi dell’Empoli e di cui nutre una grande stima. Purtroppo, il Parma si ritrova a lottare nelle zone basse della classifica e, ben presto, Baldini è esonerato. Un grave infortunio, patito in una partita decisiva di campionato, contro l’Atalanta, lo ferma per ben sei mesi: «È stato il momento più brutto della mia carriera. Durante il match con l’Atalanta mi sono lesionato il menisco del ginocchio destro. Ero parecchio preoccupato e devo ringraziare in particolar modo il fisioterapista Fabio Paganelli, che mi ha fatto ritornare la fiducia e mi ha seguito nella lunga fase di riabilitazione. Al primo infortunio grave della carriera ci si fascia sempre la testa più del dovuto.

Sono stato costretto a saltare il ritiro, ma impegnandomi con costanza e senza forzare i tempi sono riuscito a recuperare completamente, ritornando in campo a ottobre, sette mesi dopo quell’Atalanta-Parma. All’inizio non e stato facile, ma col passare del tempo sono ritornato ai livelli di prima ed ho disputato un buon campionato». La salvezza della squadra emiliana miracolosa e, nel campionato 2005-06, realizza una delle sue migliori stagioni in Serie A e contribuisce alla salvezza matematica del Parma con quattro giornate d’anticipo.
Nell’estate 2006 il Parma non gli rinnova il contratto e passa a parametro zero alla Juventus accettando di giocare in Serie B: «È una grandissima soddisfazione vestire la maglia bianconera. Faccio parte di una società dalla storia gloriosa, che fin dal primo istante mi ha colpito per quanto è ben organizzata. Da piccolo non ci avrei nemmeno creduto, invece ora eccomi qua. Nella stessa squadra in cui giocava il mio idolo quand’ero ragazzino: Roberto Baggio. È veramente un’emozione. Conosco Cannavaro dai tempi del Parma ed ho parlato con Del Piero durante il ritiro azzurro. Mi hanno detto tutti che in questa squadra mi troverò benissimo. La mia famiglia è stata ed è fondamentale. Sono il più piccolo di quattro fratelli che mi hanno sempre seguito, cosi come mia madre. Purtroppo mio padre è mancato nel 1989, perciò mia mamma ha dovuto vestire i panni di entrambi i genitori. Non è stato facile. A volte mi soffermo a pensare ai tanti sacrifici che ha fatto quando ero bambino pur di farmi giocare a pallone, la mia passione. È sempre stata mia tifosa, cosi come sono sicuro che sarebbe stato anche mio papà. Se sono diventato un calciatore, lo devo soprattutto a lei e per questo non posso far altro che ringraziarla. Anche i miei fratelli mi sono sempre stati vicini. Hanno fatto spesso più di 400 chilometri per venirmi a vedere a Parma, e ci sentiamo ogni giorno. Ora che sono a Torino siamo ancora più distanti, ma sono certo che riusciranno a venire ogni tanto. Ed io, come sempre, appena avrò qualche giorno libero andrò a trovarli».
La sua prima rete in bianconero arriva il 14 aprile 2007 durante la partita Lecce-Juventus, finita 3-1 per la formazione di Didier Deschamps. La Vecchia Signora ritorna in serie A e Marco si merita la conferma per il campionato successivo che, purtroppo, lo vedrà ancora falcidiato dagli infortuni: il 2 agosto, durante la tournèe inglese, si procura una distorsione dell’avampiede sinistro che causa una frattura incompleta del quinto osso metatarsiale. Lo stop è di tre mesi; il 25 novembre 2007, nella gara contro il Palermo vinta dai bianconeri per 5-0, entra in campo a metà ripresa e, dopo pochi minuti, segna il goal del provvisorio 4-0, il suo primo con la maglia della Juventus in Serie A. Un ulteriore infortunio, patito il 24 gennaio in Coppa Italia contro l’Inter, fa temere una nuova frattura allo stesso piede che, fortunatamente, si rivela essere solo una distorsione al piede con una prognosi di 25-30 giorni.
Nella stagione successiva, ritorna in campo il 14 settembre nella partita con l’Udinese e, in seguito all’infortunio di Camoranesi, diventa ben presto titolare, alternando ottime prestazioni (come quella contro la Roma all’Olimpico di Torino, nella quale realizza il goal del raddoppio juventino) a prove meno brillanti. Rimane nella mente dei tifosi bianconeri, il goal mancato contro l’Inter all’Olimpico quando, presentatosi solo di fronte all’estremo difensore neroazzurro, si fa respingere il tiro a causa dell’errato controllo di palla, uno dei suoi principali difetti, come ammette egli stesso: «Vorrei migliorare la mia capacità di gioco col piede sinistro, in modo da poter giocare bene anche sulla fascia sinistra. Ho disputato qualche partita da quella parte, ma mi trovo meglio a destra, dove posso crossare col mio piede. E poi vorrei imparare a essere un po’ più freddo quando mi trovo davanti al portiere».
Il sodalizio con la compagine juventina si interrompe nell’estate del 2009 quando, nell’ambito dell’operazione che porta il brasiliano Felipe Melo a vestire la maglia bianconera, è ceduto alla Fiorentina. In totale Marco scende in campo settantotto volte e realizza sette reti.