Gli eroi in bianconero: Luis DEL SOL

Pionieri, capitani coraggiosi, protagonisti, meteore, delusioni; tutti i calciatori che hanno indossato la nostra gloriosa maglia
06.04.2022 10:21 di Stefano Bedeschi   vedi letture
Gli eroi in bianconero: Luis DEL SOL
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«Giocherò fino a che mi sento fresco, scattante, nel pieno della forma fisica e morale. Smetterò, tuttavia, non appena mi accorgerò di non essere più questo Del Sol, il vero. Sarò io il primo a capire quando arriva l’uomo del martello, quello che mi costringerà ad attaccare gli scarpini al chiodo».

VLADIMIRO CAMINITI
“Il pianeta Del Sol”, titolò un giornale, forse per la meraviglia di questo podista sempre impegnato a sgobbare, che il dottor Mauro Sgarbi, medico sociale della Juventus, registrò con queste speciose parole: «A che cosa attribuire la sua eccezionale resistenza fisica e la sua lucidità di mente anche in condizioni di lavoro gravoso? Indubbiamente, l’armonico sviluppo di ogni apparato, la perfetta funzione degli organi del circolo e del respiro e la loro facilità di adattamento alle situazioni più critiche determinate da sforzi notevoli, l’elevata soglia del lavoro aerobico e la facilità di recupero nei brevi momenti di riposo sono fattori della massima importanza nel conseguimento di prestazioni atletiche di altissimo livello».
Ci si chiedeva in quei giorni come avesse potuto il Real Madrid rinunciare a un giocatore del valore di Del Sol. In tribuna stampa, diverse erano le correnti di pensiero. Luis Del Sol di Siviglia, rappresentava nel calcio l’altra faccia della medaglia. Da una parte i fuoriclasse patentati: Di Stéfano e Kopa in testa; dall’altra, quelli che si esprimono faticando: in testa Del Sol; la fatica di chi è meno dotato di genio, di fantasia, di piede e supplisce con il resto. Una tesi di comodo per chi il calcio andava a guardarlo per capire il contributo alla partita, reale e non fittizio, di ciascun giocatore. La tesi di chi eternamente ha confuso stile con classe. In certi momenti della sua recitazione, Del Sol poteva rassomigliare a un botolo ringhioso; ma guardatelo quando va a “matare” il suo nemico Suarez in uno struggente pomeriggio di dicembre al Comunale stipatissimo.
22 dicembre 1963, il capolavoro di Del Sol in maglia bianconera, forse, è questo. Juventus-Inter 4-1. Si sta parlando dell’Inter primatista di tutto. Non dimenticherò mai la sua partita disegnata attraverso corse e rincorse belluine, con un dribbling di possesso reiterato, con finte, contro finte, tocchi e lanci misurati; un piede svelto e protervo; una dedizione assoluta; un estro, una fantasia ribaldi. Ricordo che, nella mia prosa su “Tuttosport”, vedevo piccoli coltelli sivigliani mulinare nella corsa sbalorditiva del podista spagnolo. Luisito Suarez fu affettato per bene. Quella vittoria della Juventus fu il capolavoro di Del Sol. Riassumerne lo stile è facile e al contempo difficile.
Lo scudetto, che la Juventus si meritò sul petto nel campionato 1966-67, fu suo merito nella misura del suo prodigarsi, che era immenso. L’allenatore, convocato da quei dirigenti, per iniziare il dopo Sivori, era un messere stravagante e persecutorio, il paraguaiano Heriberto e si sa come Del Sol ci ebbe qualche volta da ridire. Vicende forse ingrandite dalla fantasia popolare, ma è pur certo che Heriberto arrivava perfino a lamentarsi di un “professional” così puntiglioso e garantito al mille per mille. Che poi anche Luis amasse il grissino o la sigaretta ogni tanto, è pacifico.
Anzolin; Gori e Leoncini; Bercellino, Castano e Salvadore; Favalli, Del Sol, Zigoni, Cinesinho e Menichelli. Fu una Juventus tempestata di rincorse prodigiose, perché l’inseguimento all’Inter, tanto più dotata di tecnica e di favori divini, potesse andare a buon fine.
Infallibilmente, con gli anni, Del Sol dovette arretrare la linea di demarcazione del suo gioco; per dirigere da dietro la pattuglia; e spariva all’inizio dell’era Boniperti, dopo aver giocato 292 volte con appena ventinove goal, molti di più, in conclusione, di quelli che, nella sua carriera di cursore perfino più proficuo, avrebbe segnato poi il suo allievo migliore, che arrivò in tempo ad ammirarlo negli allenamenti.
E mai ne avrebbe scordato l’insegnamento, Furino. Il sivigliano silenzioso e un po’ torvo, la fronte, come gli occhi, sempre bassa, sul pallone da domare, aveva portato nella Juventus il senso del dovere sul piano tattico e della disciplina comportamentale; che diventa alla domenica basilare nel contributo alla fatica di tutti. E naturalmente per chi non confonde stile con classe, Del Sol aveva anche classe; non portava la valigia a Di Stéfano; era stato preminente per fabbricare la grandezza del Real.

GIUSEPPE FURINO
«Professionista impegnato, un compagno nel senso completo della parola, un motore che divora chilometri senza pause, pronto ad aiutarti in caso di necessità. Quando arriva alla Juventus, io sto giocando nelle giovanili. Lo vedo e imparo. È un esempio, un punto di riferimento. Oltre alla gran voglia di correre ha voglia di vivere con intensità i giorni che ha davanti. Gli piace mangiare, fumare e divertirsi. In campo non risente di queste concessioni, peraltro legittime».

ERNESTO CASTANO
«Del Sol è il più grande professionista che abbia conosciuto, fisicamente era un fenomeno. Eppure nel mangiare non si tratteneva per niente, mangiava pesce fritto, salame, paella. Fumava. Ma in campo dal martedì alla domenica correva più di tutti noi. Aveva grinta, non aveva paura di nessuno, avrebbe potuto sfidare a pugni Charles, era un pezzo di marmo. Terribile nell’ira e generosissimo con gli amici. Una volta, a Sofia, contro il Plovdiv, Stacchini era incappato in un terzino che non finiva di menarlo. Finché Gino si ribellò: quello voleva dargli il resto tanto che Stacchini, spaventato, si mise a gridare al soccorso. Chiamò Del Sol che andò dall’avversario e lo sfidò a venire a Torino per la partita del ritorno. Venne, ma al primo intervento, lo prendemmo in mezzo, io e Luis. Uscì azzoppato. Con Del Sol ho giocato otto anni e partite splendide. Eravamo una forte squadra».