Gli eroi in bianconero: Giovanni VECCHINA
La notizia della scomparsa di Nane Vecchina – scrive Alberto Fasano su “Hurrà Juventus” del maggio 1973 – ha colto gli amici bianconeri tra un’edizione e l’altra del nostro giornale. Ma il personaggio ci è troppo caro per non tributargli, sia pure in ritardo, un doveroso omaggio. Lo sapevamo da tempo malato, ma speravamo che la sua fibra eccezionale gli facesse superare le crisi sempre più frequenti e violente. Lo scorso anno eravamo andati a trovarlo in clinica e avevamo provato un senso di inenarrabile tristezza. Chi lo aveva visto nei periodi del suo formidabile fulgore atletico, non lo avrebbe quasi riconosciuto.
Giovanni Vecchina era nato a Venezia il 19 agosto 1902. Apparteneva anche lui, dunque, alle schiere del calcio veneto che ha sempre esercitato sensibile influsso nel gioco in Italia, in virtù della robustezza e della sanità della razza.
Da ragazzo aveva militato nelle squadre minori del Venezia, distinguendosi non solo per le spiccate attitudini di realizzatore, ma anche per una visione corale del gioco. Nel 1924 passò al Padova, la squadra veneta che in quel periodo si trovava all’apice del suo rendimento. Tra i biancorossi militavano atleti di straordinarie doti tecniche e fisiche, dal portiere Paglianti, ai terzini Danieli e Barzan; dalla famosa mediana Girani-Fagioli-Fayenz, alla strepitosa linea attaccante composta dai due Busini (il Duca e Toni), i due Monti (Bisa e Cice, rispettivamente contrassegnati con i numeri ordinali II e III), e poi lui, Nane Vecchina, nel ruolo di centrattacco. Questa formazione aveva concluso il campionato in seconda posizione alle spalle del Genoa; poi nei 1925 (Lega Nord, Girone B) il Padova si era classificato al quarto posto, dietro a Bologna, Pro Vercelli e Juventus.
Il gioco dei patavini era veloce, duro, spigoloso, all’inglese; e infatti trainer dei biancoscudati era proprio un inglese, l’indimenticabile Burgess il quale aveva di Vecchina una grande stima; stima meritata, perché Nane fu un grande centrattacco in un’epoca di grandi stoccatori, anni in cui giocavano Peppino Meazza, Angelo Schiavio e Giulio Libonatti. Nel campionato 1924-25 il Padova vinse le sue due partite con la Juventus: 2-1 a Padova e 2-0 a Torino; Vecchina fu sempre tra i migliori e una delle reti incassate da Combi a Torino portava la sua firma, un goal di strepitosa potenza.
Nella stagione successiva Vecchina realizzò ancora un goal alla Juve nella gara giocata a Padova e continuò praticamente a dare dispiaceri a Combi ogni qual volta i biancoscudati si trovavano di fronte ai bianconeri. L’ultima prodezza del centrattacco patavino porta la data del 26 gennaio 1930, giorno in cui il Padova sconfisse la Juventus e Nane mise a segno la stoccata del successo.
Un simile centrattacco era molto meglio averlo in squadra come compagno che come avversario: fu così che il giocatore venne acquistato dalla Juve (per la grossa cifra di 100.000 lire) e iniziò a giocare nella stagione 1930-31. La partita inaugurale del campionato era Juventus-Pro Patria: i bianconeri vinsero per 4-1, con tre reti di Vecchina e una di Cesarini. Altri tre goal (in quello stesso campionato) il centrattacco mise a segno contro la Pro Vercelli (risultato 5-1) e contro il Genoa (risultato 4-1). In quella sua prima stagione bianconera Vecchina realizzò sedici goal (senza mai tirare un calcio di rigore) e cucì sulla maglia il primo dei suoi tre scudetti.
Nella stagione 1931-32 le reti realizzate furono quindici (sempre senza l’aiuto dei rigori), mentre nel 1932-33 poté giocare solo nove partite a causa di un infortunio al ginocchio destro: mise a segno due reti. La Juventus, fortunatamente aveva già in squadra un altro sensazionale centrattacco, Felice Borel II, giocatore di luminosa classe, senz’altro superiore per doti tecniche a Vecchina. Anche Borel, tuttavia, alcuni anni più tardi ebbe la sua carriera stroncata da una grave lesione al ginocchio destro.
La carriera di Giovanni Vecchina può considerarsi conclusa alla fine del 1933. Giocò ancora con alterna fortuna un paio di stagioni nelle file del Torino, poi emigrò in Svizzera e disputò due campionati nel Servette; quindi decise di appendere le scarpe al chiodo.
In tempi in cui, come abbiamo ricordato, giostravano in Italia grandi condottieri d’attacco come Meazza, Schiavio e Libonatti, Vecchina venne convocato una decina di volte in Nazionale. In maglia azzurra disputò due partite in A e una in B. L’esordio avvenne a San Siro contro l’Olanda: giocò nel ruolo di mezzala sinistra, facendo coppia con Baloncieri e avendo a fianco il piccolo guizzante Libonatti. Come allenatore non ebbe mai fortuna: la sua migliore stagione rimane quella del 1946-47, alla guida del Lanerossi Vicenza. Proprio a Vicenza ai primi di aprile Giovanni Vecchina ha chiuso la sua carriera terrena.
Era stato un ottimo calciatore, ma tutti lo avevano sempre stimato per le sue straordinarie doti umane. Con lui se ne è andato un indimenticabile amico.
VLADIMIRO CAMINITI
Vecchina, un veneziano tosto dalle ginocchia un po’ delicate, arriva alla Juventus anche lui in età atletica avanzata, ventotto anni, la Juventus lo iscrive ai ruoli, e il falso conte Mazzonis non se ne pentirà mai. Va bene che all’apparire dell’astro Borel, Vecchina invecchierà precocemente, e verrà rifilato al cugino di casa, il Torino, con il quale i rapporti, nonostante tante chiacchiere, sono sempre stati storicamente più che buoni.
Su tre campionati nella Juventus, il veneziano ha fatto valere la discreta classe e vinto i primi tre scudetti dell’inobliabile serie.
Il campionato a diciotto 1930-31 è forse il migliore che Vecchina disputa dei tre. Carlo Carcano è un allenatore psicologo e un buon preparatore atletico (se ne avvantaggerà anche Vittorio Pozzo in Nazionale). Vecchina è all’apice del rendimento e il suo apporto è sempre positivo. In un campionato lungo e massacrante, la Juventus traversa periodi difficili, ma risale ogni volta con la classe delle sue individualità superiori; non è ancora squadra completa in difesa, Carcano deve spesso cambiare, ma il registro tattico è superbo dalla metà campo in poi con Ferrari regista, nonché goleador implacabile: segna sedici goal, quanti il nostro veneziano. L’asso pigliatutto è Mumo Orsi, venti goal che ne fanno brillare tutto il talento. Talento che possiede anche Vecchina, le cui giocate sono meno appariscenti, ma il cui senso del goal è provvidenziale in parecchie partite.
La classifica finale vedrà i bianconeri primi con cinquantacinque punti, a quattro lunghezze la Roma che il 15 marzo 1931, al Testaccio, infliggerà ai bianconeri un umiliante 0-5. In effetti, Vecchina fu tra i pochi a salvarsi; la difesa uscì umiliata, a partire dal trio Combi, Rosetta, Caligaris. Varglien I, schierato centromediano, lottò inutilmente come un leone. Fulvio Bernardini gran regista segnò due goal, Volk centrattacco di autentica classe, Lombardo e Fasanelli completarono l’opera disgregatrice. La Juventus uscì a testa bassa, e tra i fischi dei romanisti estasiati da quello stadio in legno.
Saprà subito rifarsi a Torino, nel campo in cemento di Corso Marsiglia sette giorni dopo, rifilando quattro reti al Genova 1893 e proprio Giovanni Vecchina sarà l’uomo della riscossa: irresistibilmente trascinerà l’attacco, segnando tre bellissimi goal.