Gli eroi in bianconero: Gilberto NOLETTI
Chissà quanti si ricorderanno di questo difensore – scrive Gianni Giacone su “Hurrà Juventus” – che Amaral converte sin dall’inizio al suo 4-2-4 di tutto stile brasiliano? Al profano il modulo richiama prima di tutto confusione di numeri e di ruoli, a qualche tecnico pure, ma la Juventus formato sudamericano per un bel po’ è accattivata dalle trovate esotiche del suo trainer e la concorrenza guarda con curiosità, ma anche con una certa dose di rispetto, questa squadra che ci ha i centromediani interscambiabili e il terzino sinistro con il numero sei, Noletti il più delle volte.
Manco a farlo apposta, l’ex milanista interpreta il ruolo come il suo allenatore desidera, vale a dire con grinta ma anche con fantasia, e sa pure adattarsi al rivoluzionario marcamento a zona, che per i teorici del catenaccio a oltranza rappresenta una specie di pugno nello stomaco. Quattordici presenze totalizzerà alla fine di quel torneo atipico come le trovate di Amaral, e alcune sono davvero da ricordare.
L’esordio in bianconero è dei più felici; la squadra va a gonfie vele dopo un brutto inizio, Inter e Bologna dividono con la Juventus il primato in classifica. Il 25 novembre ‘62, al Cibali di Catania, i rossoazzurri etnei sono travolti dalla Juve, che pure ha Del Sol in giornata negativa: finisce 5-1 e Noletti ha avuto parte considerevole nel successo, giocando con disciplina e senso tattico encomiabile.
La conferma arriva quindici giorni più tardi, sempre in Sicilia, dove non si vince solo perché l’arbitro concede ai rosanero un gol che Borjesson ha segnato in macroscopico fuorigioco. Stavolta, a fianco di Noletti, gioca un altro ragazzo di belle speranze, Sacco Giovannino si chiama e ne risentiremo parlare, anche se non sempre bene. La brutta giornata di San Siro (0-1 con i nerazzurri, primo passo falso di rilievo nella lotta per il titolo) dice e non dice, ma Noletti se la cava bene con Jair, giocatore inafferrabile dal dribbling assurdamente sghembo. Così, infatti, lo giudica un giornale dell’epoca: «Può vantarsi di aver reso dura la vita a Jair, che costituisce una vera e propria impresa».
Segna anche un bel gol, nella vittoria casalinga contro il Genoa (2-0, il 20 gennaio ‘63), lasciandosi andare a un piccolo sfogo: «Forse era proprio necessario che segnassi – esclama nel dopo partita – perché qualcuno si accorgesse che c’ero anch’io, e perché smettessero di farmi piovere addosso tante critiche. Sono particolarmente contento anche per questo motivo».
Gli nuoce, forse, il fatto di essere alla Juventus soltanto a titolo di prestito (per un anno, alla pari, l’ala bianconera Rossano al Milan e Noletti alla Juve), sicché, quando si approssima la fine della stagione e lo scudetto è ormai all’Inter, gli capita di dover cedere il posto a qualche giovane del «vivaio» da provare in vista di eventuali lanci. Comunque, il commiato dai tifosi della zebra è pari al debutto, e cioè coronato da una prestazione più che buona nella vittoriosa partita casalinga contro il Vicenza (2-0).