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CR7, il suo primo presidente: "Era piagnucolone, ora è un modello di vita. Juve? Non è il Messia, non sfrutta il suo potenziale e non lo protegge. Sul futuro..." (FOTO)

14.04.2021 13:30 di Mirko Di Natale Twitter:    vedi letture
ESCLUSIVA TJ - CR7, il suo primo presidente: "Era piagnucolone, ora è un modello di vita. Juve? Non è il Messia, non sfrutta il suo potenziale e non lo protegge. Sul futuro..." (FOTO)
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"In tutte le squadre esiste un bambino di sette anni che possiede più qualità degli altri. La differenza, però, l'ha fatta la sua continuità e la consapevolezza che ha acquisito nel corso degli anni. E' un percorso iniziato nell'infanzia e che ancor oggi non si è ancora concluso". Ci risponde estremamente orgoglioso Duarte Santos, il presidente del primo club in cui Cristiano ha indossato per la prima volta gli scarpini da calcio. La nostra redazione lo ha contattato, telefonicamente, per parlare della sua avventura al Clube Futebol Andorinha e non solo:

Avrebbe mai immaginato di vedere il piccolo Cristiano diventare uno dei più grandi calciatori della storia?

"Onestamente? No, non lo immaginavo. Cristiano è stato qui per due anni, era un bambino che amava follemente giocare a calcio e spesso non dimostrava una grande rigidità tattica. Quando ha lasciato Andorinha per il Nacional e poi per lo Sporting, i Leões non si sono resi conto del diamante che possedevano. Altrimenti non l'avrebbero mai venduto così a buon mercato".

Però lo diceva anche lei, era difficile prevedere che Cristiano potesse avere una carriera così gloriosa.

"E' vero, ma forse sarebbe andata diversamente senza il 'grande salto'. Al Manchester United ha conosciuto due persone che lo hanno cresciuto, plasmato e aspettato senza troppe pressioni. Solo così ha raggiunto la maturità calcistica, poi le sue doti eccezionali lo hanno portato ad essere un titolare indiscusso. Cristiano ha iniziato a credere sempre più in se stesso, nelle sue capacità e nelle sue potenzialità. L'idea di poter essere il migliore al mondo è nata lì, oggi per me lo è senza ombra di dubbio. Il passaggio al Real Madrid e la 'rivalità' con Messi gli hanno fatto desiderare di essere un perfezionista, un calciatore che attimo dopo attimo ha saputo scrivere il proprio nome e cognome nella storia del calcio".

Come viene ricordato Cristiano ad Andorinha? Ne parla ancora con i ragazzi di oggi?

"Cristiano viene ricordato ogni giorno ad Andorinha, soprattutto perché tutte le maglie della Escola de Futebol o 1º Golo hanno la sua foto di quando giocava nel club (aveva sette o otto anni). Sui muri ci sono i suoi poster in cui mostra il supporto alla squadra, questo è il riferimento per la maggior parte dei bambini che scelgono di iniziare qui. Gli allenatori, durante l'allenamento, lo nominano sempre".

Perché Cristiano, che è molto individualista, può essere considerato un modello da seguire per i piccoli calciatori?

"Per me non lo è, forse lo era al Manchester ma dal Real Madrid in poi abbiamo sempre ammirato un giocatore che ama giocare per la squadra. I suoi gol e i suoi assist sono sotto gli occhi di tutti. Si potrebbe dire che non sia altruista, ma nella stragrande maggioranza delle volte è il più vicino dei compagni a far gol. In realtà dovrebbe essere un po' più individualista, poiché spesso aspetta la giocata dei compagni che poi non si rivela quella giusta. Cristiano gioca di squadra, lavora per i compagni, crea situazioni di rottura, passaggi di linea, rompe le difese e gli altri segnano".

Quindi, a suo parere, è un modello da cui prendere esempio.

"Sì. lo ritengo un modello per i più piccoli, perché non bisogna dimenticare da dove viene e quel che ha realizzato nella sua vita. E' un esempio di efficacia, coordinamento e orientamento ai risultati, di come si possono realizzare i sogni attraverso il duro lavoro, la dedizione e la perseveranza. Indipendentemente dalle nostre origini. Certo, come essere umano, ha anche dei difetti, è necessario adorarlo e non va divinizzato. Cristiano, sinceramente, è favoloso, proviene da una famiglia di combattenti che mai si è arresa nella vita. Non mi limito solo al calcio, tutti possono riuscire a fare ciò che vogliono nella vita. È la prova che possiamo ottenere ciò che vogliamo nelle più svariate forme o professioni".

Ci sono ricordi o aneddoti che può condividere su Cristiano?

"Il club, ai tempi di Cristiano, non aveva strutture proprie, quindi il più delle volte non vedevamo i suoi allenamenti. Alcune partite le ho viste in compagnia di suo padre, ricordo che anche mio nipote giocava con lui. Era il figlio di mio fratello, che allora era il presidente. I compagni lo definivano un piagnucolone perché piangeva per ogni minima cosa, ma la verità è che anche allora non voleva mai perdere. A lui interessava solo vincere".

Più l'età avanza, più il talento di Cristiano non sfiorisce. Come lo sta valutando nella sua esperienza alla Juventus?

"L'età, entro limiti ragionevoli, non sarà mai un problema per Cristiano. Oltre a doti calcistiche straordinarie e uniche, ha sviluppato grande intelligenza e perspicacia. Ha imparato a conservare le sue energie per i momenti giusti all'interno di una partita. E' un diamante unico che non smetterà mai di brillare, le sue qualità e il suo talento saranno presenti per sempre. La Juventus era il club giusto per lui, ma deve costruire una squadra che sfrutti al massimo le sue potenzialità. Non l'ha fatto e, in questo momento, non ci sta riuscendo. È frustrante vedere tutta la sua dedizione e la squadra che non riesce ad avere la giusta alchimia. Si chiama Cristiano Ronaldo, non è il Messia e né tantomeno il salvatore della patria. Non può essere sempre il risolutore di ogni partita. Alla Juve manca il collettivo, è questa la verità".

Dunque non è felice alla Juventus?

"No, al contrario, lui è felice di esser qui. Lo vedo sorridente quando segna, quando si applica e mostra la più totale dedizione. Quando non vince è uguale al bambino che è stato, solo che ora almeno in campo non piange più. Credo che spesso torni a casa e possa esser triste per un lungo periodo. La domanda da fare è: la Juventus è contenta di lui? Spesso non lo lasci andare, sarebbe un grande errore".

Gli consiglierebbe, dunque, di rimanere ancora in bianconero?

"Sì, il consiglio è quello di restare ma deve cambiare l'atteggiamento della Juventus. Devono proteggerlo, amarlo, sostenerlo e farlo sentire a casa. La squadra deve essere ambiziosa, così come lo è lui. Dicevo che è un diamante unico, bisogna custodirlo ed evitare che vengano i malintenzionati a rubarlo. Non conosco nessuna gioielleria che non abbia al sicuro la propria gemma più preziosa e costosa. Cristiano lascerà la Juve solo se la Juve lo vorrà".

Quanti anni giocherà ancora Cristiano?

"Cristiano giocherà finché sarà amato, adorato, ammirato. fintanto che avrà o fisserà degli obiettivi da raggiungere. I giocatori spesso smettono di giocare, tranne che per infortuni, per mancanza di motivazione, supporto e affetto. A Cristiano non mancano obiettivi, traguardi, sogni. Ha estrema cura di se stesso in modo esemplare, ma la Juventus non fa abbastanza con lui".

In che senso?

"Non lo protegge o non vuole proteggerlo, facendo sì che tutte le notizie lo influenzino".

Si ringrazia Duarte Santos per la cortesia e la disponibilità dimostrata in occasione di questa intervista.