UNICO CREDO

01.05.2018 09:37 di  Caterina Baffoni   vedi letture
UNICO CREDO
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© foto di DANIELE MASCOLO/PHOTOVIEWS

Unita, compatta, concentrata, mai doma, ma soprattutto fedele. Sì, fedele a se stessa, perchè Madama si è celebrata come fa un prete sull'altare davanti ad un unico credo. Questo è stato lo spirito di rivalsa e di orgoglio che ha invaso gli undici di Max Allegri nel rush finale di una partita che sembrava indirizzata a senso unico. Eppure, la Juventus ha saputo fare del proprio motto il suo unico e vero credo: "fino alla fine" , marchio di coesione che ha saputo riflettere la tendenza di un gruppo a rimanere unito negli intenti e concentrato sino all'ultimo per raggiungere l'obiettivo stabilito, cosa che era mancata proprio negli ultimi incontri di Crotone e Napoli. Ma si sa, la testa e il cuore possono qualsiasi impresa, anche quando le gambe non vanno come dovrebbero o tutto gira nel verso contrario, perchè così si stava mettendo per i bianconeri in quel di San Siro. Perchè per descrivere il match di Milano bisogna partire da due situazioni straordinarie che hanno accomunato entrambe le formazioni: l'orgoglio dell'Inter, che in inferiorità numerica è riuscita a mettere sotto la Juventus e rimontarla fino all'86esimo; per poi passare ad un'altra storia, quella della tenacia della Vecchia Signora, che nulla ha a che vedere con le macabre illazioni e quanto mai noiose e classiche polemiche del giorno dopo, tipiche di uno stile prettamente italiano. E' stata una serata ricca di emozioni che inevitabilmente hanno amplificato il trionfo di una squadra che è risorta nel proprio orgoglio. Una squadra, quella di Allegri, che nonostante la superiorità numerica si stava spegnendo lentamente con il passare dei minuti, svuotata e praticamente in ginocchio fino alla rabbiosa reazione che profuma di scudetto e che arde di una lezione magistrale: mai dare per morta una squadra composta da "persone", prima che da calciatori, ma soprattutto prima del triplice fischio di una stagione. A Napoli un'intera città ha festeggiato, ha sognato e giustamente sogna tutt'ora lo scettro del tricolore, ma la regina d'Italia non ha mai avuto alcuna intenzione di abdicare a tempo non dovuto. L’ideale assoluto della mentalità vincente, è stato raggiunto nel momento in cui l’allenatore non aveva più nulla da dire ai suoi, perché i giocatori sapevano già tutto quello che c’era da sapere. Tutti devono conoscere, oltre alla tecnica e la tattica, quello che batte sotto la stessa maglia. Concetti che possono e rischiano di scivolare nel facile moralismo, vero, ma nessuno ha saputo mai negare quanto di vero ci sia in questo concetto. L'unico "spogliatoio" in subbuglio di cui si può davvero parlare e scrivere, semmai e diversamente da quanto letto, è quello di chi si arroga il diritto di divulgare notizie infondate o di chi cerca costantemente (addirittura ricoprendo ruoli istituzionali importanti) di infiammare d'odio e rabbia gli animi della gente in un mondo, soprattutto quello sportivo, che è nato, vive e si nutre dell'esatto contrario. Non parlerò di chi è andato fuori le righe, di chi da anni non fa altro che ripetere il solito ritornello complottista e disfattista di un copione ormai vecchio, usurato, usurpato e adattato a piacimento a seconda dell'occasione più accomodante, perchè tutto ciò nulla a che vedere con il rettangolo di gioco. La formazione bianconera non solo si è ritrovata nervosa e sfilacciata in questo finale di stagione, ma è arrivata semplicemente scarica nelle gambe, avendo tenuto battaglia su tutti i fronti di competizione. Max Allegri e i suoi ragazzi dovevano trovare una soluzione in fretta, prima .che l'euforia partenopea potesse definitivamente prendere il sopravvento. E tuttavia, sappiamo quale direzione abbia preso questo weekend emozionante. La sterzata contro l'Inter, dopo la debacle di Crotone e Napoli delle ultime apparizioni, ha testimoniato ancora una volta la capacità della Juve di riprendersi in mano tutto ciò che vi è in palio con la stessa semplicità e la stessa complicità di chi sembrava aver perso ogni stimolo. Padrona e schiava, prima forza e primo ostacolo di se stessa. Croce e delizia di emozioni sconfinate che distano sei lunghezze.

Ora testa al Bologna, al fianco di una squadra che per la settima volta consecutiva vuol fare del proprio "credo" il sogno di ripetersi Juve, ancora Juve, fortissimamente Juve.