Corsport - Prandelli: "Mi voleva la Juve, ma dissi no a Bettega. Heysel? Ci fecero giocare, Boniperti non voleva. Nessuno sente davvero sua quella coppa"
Cesare Prandelli ha rilasciato una lunga intervista al Corriere dello Sport. Ecco alcuni passaggi:
Sul suo "no" alla panchina della Juventus: "Un giorno, dopo cinque anni e quattro qualificazioni Champions, lascio la Fiorentina? Chiariamo: non lascio la Fiorentina, sono lasciato. Avevo ancora un anno di contratto. Mi dissero che avrebbero ridimensionato e che io, allenatore ambizioso, potevo andare dove volessi. Due giorni dopo leggo un’intervista di Diego Della Valle che mi dà del traditore perché volevo andare alla Juve. Era vero? Era vero che la Juve mi voleva, ma io amavo la Fiorentina, volevo portare un titolo in bacheca. Chiamai Bettega e gli dissi che non se ne faceva più niente. Traditore? Quello tradito ero io. Forse ero diventato troppo popolare, davo fastidio. Una storia che non meritava di finire così? Loro avevano necessità di tesserare Mihajlovic in tempi brevi, sono andato in società e ho rinunciato al mio anno di contratto per rispetto della città".
Su Cassano, Balotelli e gruppo Juve in Nazionale: "Cassano e Balotelli. Come si gestiscono? In Nazionale è più facile, hanno pochi giorni per fare danni. Mi sono sempre piaciuti quelli fuori dagli schemi. Cassano è il più divertente in assoluto. L’unico calciatore con cui andrei a cena tutta la vita. Mai banale. Certo, la gestione quotidiana è complicata. Non ha il senso del limite». Tu riuscivi a darglielo? «Ha i suoi codici d’onore. Se ti stringe la mano è fatta, non ti tradisce. Sono i codici della strada da cui proviene. I compagni di Nazionale non la pensavano come me? C’era il gruppo della Juve con le sue regole, molto selettivo nei comportamenti. Ma era anche la macchina vincente, il traino di tutto. La sincerità di Cassano è sempre stata lampante. Le cose le diceva nello spogliatoio, non aveva bisogno dell’intervista pubblica".
Sulla vittoria pre-sosta contro la Juventus: "Un piacere speciale battere la Juve? Te lo giuro, l’unico piacere erano i tre punti di cui avevamo un gran bisogno".
Sui trasferimenti sfumati: "Juve e Roma restano i miei due appuntamenti mancati? Il rammarico è più per la Roma. Sarebbe stata una sfida importante".
Sull'Heysel: "Io in campo? Otto minuti. Ricordo uomini, donne, bambini che correvano terrorizzati in campo. Li facemmo passare da dentro il nostro spogliatoio. Scappavano passando davanti ai loro idoli, Platini, Boniek, senza nemmeno guardarli. E noi giocatori? Non avevamo visto niente, solo la folla che ondeggiava. Poi, arriva Boniperti e dice: “Ci sono due morti là fuori, non permetterò alla mia squadra di giocare questa partita”. Invece abbiamo giocato e qualcuno ha pure esultato? Fu il delegato Uefa a imporcelo per motivi di sicurezza. Pensavamo che la partita sarebbe stata interrotta a fine primo tempo. Ci dissero invece che doveva finire e che non ce ne sarebbe stata un’altra. Io non ho esultato per la vittoria e posso garantirti che nessuno di quella Juve vuole quella Coppa. I premi partita li abbiamo devoluti alle famiglie".