Biasin: "La corte a Marotta e il futuro di Allegri"

17.04.2018 07:30 di Redazione TuttoJuve Twitter:    vedi letture
Biasin: "La corte a Marotta e il futuro di Allegri"
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© foto di Federico De Luca

Fabrizio Biasin, firma di Libero, ha parlato - tra le altre cose - del futuro di Marotta e Allegri sulle colonne di Tuttomercatoweb. Ecco il suo editoriale:

"A Milano è iniziata la Settimana del Mobile. Alla Settimana del Mobile è difficilissimo trovare dei mobili e la cosa, converrete, è molto curiosa. Molto più facile trovare gente di merda. Di quella sono piene le vie. Sembra che tutti vadano nelle feste esclusive, fanno a gara a dirtelo, tutti tranne te. La verità è che le feste esclusive sono delle specie di sagre dove ti offrono il bicchiere di spumantino (se ti va bene) e poi ti rompi le balle perché tutti sgomitano e dicono “una volta le feste erano più esclusive”. La festa più esclusiva in definitiva è a casa tua, se poi non fai entrare nessuno è esclusivissima. La settimana del Mobile è molto simile a quella della Moda e al Carnevale, dovrebbe distinguersi per la presenza di mobili ma, come vi dicevamo, in giro non se ne vedono.

Siamo come sempre nel campo degli inutili preamboli, ma ci sono dei motivi: il primo è che l’arrivo della primavera fiacca molto le “intenzioni di scrittura” e infonde in tutti noi un lassismo devastante. La seconda è che a distanza di sette giorni uno farebbe a meno di parlare del caso-Buffon, ma se non ne parli la gente ti dice “ah, non ne parli eh? Sei un bastardo!”; allora ne parlo, ma in fondo all’editoriale (in ogni caso ti dicono “sei un bastardo” anche se ne parli, ma fa niente).

Per non farsi dire “sei un bastardo” bisognerebbe avere la lucidità di Gattuso, che probabilmente non sente la primavera e l’altro giorno ha detto: “Buffon? A me la vena si è chiusa spesso, ho dato una capocciata a Jordan, sono andato in balaustra a offendere il mio ex allenatore Leonardo, figuriamoci se do giudizi io". Gattuso pur essendo l’ultimo arrivato tra i mister, ha utilizzato uno schema biblico fin troppo sottovalutato, quello del “chi è senza peccato scagli la prima pietra” che poi fa pendant con il famoso detto “fatti i cazzi tuoi che campi cent’anni”. Difficilmente troverete Gattuso alle feste del Salone del Mobile: fatevi delle domande.

Ma ora è giusto essere seri. Per una volta vi riportiamo segretissime confidenze come a dire: anche a noi, a volte, riusciamo a non essere scemi. La Juventus intesa come “società” non avrebbe apprezzato le dichiarazioni post-partita di Allegri, ritenute non in linea con quelle degli altri tesserati. Nulla di clamoroso, ma la sensazione è che l’addio a fine stagione, questa volta, sia parecchio probabile. Altre voci parlano di un Marotta corteggiatissimo da club stranieri e assai prestigiosi che si sarebbero fatti avanti per ottenere i suoi servigi: il Real, per dire. Difficile in questo caso che il direttorone bianconero decida di cambiare aria. Tanto vi dovevamo.

Il dato di fatto è che mentre noi ci interroghiamo su puttanate come “ma la Juve è forte davvero?” l’ultimo turno di campionato ha spiegato benissimo l’andamento delle ultime sette stagioni in serie A: le prime dieci squadre della classifica hanno segnato zero gol. Tutte tranne i bianconeri che hanno preso tre punti. Credo sia sufficiente per spiegare l’andamento del calcio in Italia.

Ma torniamo a Gattuso. Anzi, alla parata di Donnarumma: la parata di Donnarumma ci ha fatto gridare giustamente al miracolo (“Minchia, che parata!”). Effettivamente non si vede molto spesso una roba del genere. Il fatto che Donnarumma sia forte, però, lascia il tempo che trova e anche in questo caso preferiamo raccontarvi quel che abbiamo scoperto a proposito del “Diavolo che verrà”. Il Diavolo che verrà farà a meno di Donnarumma: Reina ha già firmato, con il benestare proprio di Gattuso. Il motivo è semplice e “doppio”: il club ha voluto tutelarsi in vista di un nuovo e probabilissimo braccio di ferro con Raiola, l’allenatore vuole a tutti i costi riempire lo spogliatoio di gente “esperta”, definiamola “come lui”, in grado di sommare alla qualità dei giovani quella “degli anni”. Con l’Uefa che incombe è difficile immaginare “chi” e “quanti”, ma ragionare su un innesto “di peso” per reparto non è utopia.

Detto che è passato il primo anno cinese e il Milan esiste ancora (incredibile!), vi raccontiamo una cosa che farà dire a molti “cazzo dici?” e, però, fa niente: all’epoca dell’avvicendamento Montella-Gattuso, la proprietà disse a Mirabelli “hai carta bianca, prendi il tecnico che credi”. Pur se impegnato in Cina, Capello avrebbe accettato di buon grado ma il ds rossonero decise di puntare su Gattuso. Se state pensando “e con cosa lo avrebbero pagato don Fabio, con i chicchi di riso?” significa che siete ancora convinti che nessuno dei giocatori del Milan percepisca il suo stipendio e siano tutti dei missionari: questo, scusateci ma è un problema solo vostro.

L’ultima cosa della quale vorremmo parlare prima di levarci dalle balle riguarda l’incredibile tendenza al masochismo di certi tifosi. Non è una cosa “solo interista”, ma in questo caso riguarda proprio una parte della tifoseria nerazzurra, costantemente concentrata sul gioco che definiremo “troviamo un colpevole”. Questa settimana i vincitori sono Borja Valero e Spalletti, “colpevoli” del pareggio di Bergamo. Ora, l’Inter a Bergamo ha giocato certamente una partita sottotono, in particolare nel corso del primo tempo ha messo in risalto i limiti di una rosa che in assenza di un paio di pedine non riesce a gestire le partite come crede. Questa cosa ha letteralmente scatenato molti al grido di: “Che squadra di merda” e “è tutto finito”. Il problema del “è tutto finito” è decisamente ricorrente quest’anno: è arrivato dopo i primi inciampi natalizi, è continuato a febbraio, è tornato ora, ovvero a sei giornate dal termine e con i nerazzurri ancora in corsa per il loro obiettivo stagionale.

Guardiamoci in faccia: che senso ha incazzarsi come iene a un passo dal traguardo? Non è meglio conservare i “vaffanculo” per il finale di stagione dove tutti potranno sfogarsi moltissimo e quanto vogliono? Se il problema invece è “se poi l’Inter arriva quarta con chi me la prendo?”, abbiamo subito una soluzione: arriveranno i lunghi mesi del mercato e sarà meraviglioso moltiplicare veleni e odio reciproco. Portiamo pazienza.

È infine giunto il momento di parlare della Juve e di Buffon, non prima di aver sommato i nostri complimenti giallorossi a quelli delle masse (bravissimo Di Francesco, un altro salito e sceso sull’altalena dei vaffanculo gridati dalle masse e pure dai giornalisti) e ricordato a De Laurentiis che il Napoli, scudetto o non-scudetto, non finisce quest’anno: ragionare su una squadra che deve rimanere competitiva, come ha sottolineato Sarri parlando del suo futuro per non sprecare quanto fatto.

(Da Esquire):

Ci sono tre piani possibili di commento rispetto a Real-Juventus, partita epica. Oddio, ce ne sarebbero anche 32332432 e forse pure di più, ma ci limitiamo all’essenziale.

Esiste un piano sportivo, quello di una squadra – la Juventus – che al Bernabeu ha fatto qualcosa di grandioso e praticamente inedito: ha annichilito il glorioso Real Madrid, la squadra storicamente più forte del mondo. Lo ha sorpreso, lo ha colpito giocando all’italiana nella tattica e negli attributi. Ha fatto venire la tremarella a Ronaldo, giocatore superiore, e questo non era davvero pronosticabile. Non ci credeva quasi nessuno, ma ci hanno creduto Allegri e i suoi figliocci, capaci di rimettere a posto i conti con la partita di andata, capaci (con la straordinaria collaborazione della Roma) di dare una lezione a quelli che “il calcio italiano è finito”. Bravi, bravissimi, a prescindere dal risultato finale.

Esiste un piano legato alla comunicazione, all’emotività. Esiste un rigore assegnato al minuto 93’ di un quarto di finale che ti fa perdere la testa, ed è normale che sia così: sarebbe capitato a me e pure a te (pensaci bene prima di dire “no, io avrei accettato serenamente il fischio dell’arbitro Oliver”). Esiste la reazione istintiva che fa parte dello sport e ti porta ad andare “oltre”: se riesci per un secondo a metterti nella testa dei giocatori della Juve che vedono svanire il loro sogno proprio quando d’improvviso era tornato “possibile”, allora riuscirai a comprendere tutto, anche l’esagerazione.

Poi però esiste il Buffon, l’uomo e il capitano. Nell’anno orribile dell’Italia che salta i Mondiali gli è toccata quest’altra mazzata: lo ripetiamo, al suo posto probabilmente avremmo detto e fatto di peggio e, però, ne avremmo pagato le conseguenze. Il capitano della Juve ha tutto il diritto di non essere d’accordo, di contestare, di non accettare la sconfitta per come è arrivata, ma anche nell’incazzatura c’è modo e modo di dire certe cose e di motivarle. Il discorso della “sensibilità arbitrale” è – con tutto il rispetto – una stronzata, che può scappare quando si parla tra amici o colleghi, non se ci si rivolge a un arbitro, scelto appositamente per prendere decisioni in nome di una reale o presunta “giustizia superiore”.

Non ci sarà mai accordo tra chi dice “quello di Benatia era fallo” e chi risponde “no, ha toccato il pallone”, ma l’unica certezza è che non si può dire a un giudice di gara che ha deciso per il rigore “anche se per te c’è, non lo devi assegnare perché è il minuto 93 e rovini la partita”. Sarebbe come chiedere all’ausiliario che ti becca in divieto di sosta “la prego, chiuda un occhio, ho avuto una giornataccia”. Quello non lo fa mai, ti fa incazzare e gli dai giustamente dello stronzo, ma in fondo sai che è colpa tua.

Parliamoci chiaro: la spocchia spagnola e in particolare quella madrilena sta sulle balle anche a tutti noi, ma questo non significa che rivolgendosi a un arbitro si possa parlare di “immondizia al posto del cuore”, anche e soprattutto perché oh, è vero, “vincere è l’unica cosa che conta” ma anche accettare la sconfitta è parecchio importante.

Esiste infine un piano parallelo, quello dei tifosi italiani che 24 ore prima festeggiano tutti assieme per l’impresa della Roma e quello dopo si sputano addosso di tutto in nome della marcata divisione tra juventini e non-juventini (chiamiamola pure “tipica invidia per chi vince spesso e volentieri”). Succede in particolare nel mondo virtuale, dove tutto viene interpretato secondo la propria visione delle cose, dove non si accetta un ragionamento che vada oltre il proprio “credo”, dove i più si insultano e non capiscono che no, la divisione non è mai tra tifosi di una squadra e quelli dell’altra, ma tra persone senzienti e uomini delle caverne.

Brava Juve, hai sfiorato un’impresa e reso fieri i tuoi tifosi: dovrebbe essere un buon appiglio per evitare di farti fregare dalla rabbia e dall’istinto, e guardare avanti.

Ps. Se siete arrivati fino a questo punto fate parte del 5% della popolazione italiana che riesce ad andare oltre i 280 caratteri di un tweet e capisce che il giornalismo non si esaurisce in uno o più cinguettii (o non dovrebbe). E non c’entra nulla con Real-Juve, ma anche solo per questo io vi ringrazio".