L'IMBOSCATA - Agnelli come Bansky, è riuscito a distruggere il suo "capolavoro". Sarà nuovo anno zero, ma con Allegri si farà fatica. Lo "stile" Arrivabene: caduti in basso. Speranza Elkann. Valeri e gli arbitri "dolci" con l'Inter

Andrea Bosco ha lavorato al “Guerin Sportivo“, alla “Gazzetta dello Sport“, al “Corriere d'Informazione”, ai Periodici Rizzoli, al “Giornale“, alla Rai e al Corriere della Sera.
13.05.2022 00:16 di Andrea Bosco   vedi letture
L'IMBOSCATA -  Agnelli come Bansky, è riuscito a distruggere il suo "capolavoro". Sarà nuovo anno zero, ma con Allegri si farà fatica. Lo "stile" Arrivabene: caduti in basso. Speranza Elkann. Valeri e gli arbitri "dolci" con l'Inter
© foto di Andrea Bosco

Come fece Bansky, il  misterioso artista che nel corso di un'asta distrusse grazie ad un auto-triturante “La  ragazza con il palloncino“ tela  del valore di  un milione di sterline, anche  Andrea Agnelli è riuscito a distruggere il suo “capolavoro“: la Juventus. Bansky lo fece in meno di un minuto, Andrea Agnelli ci ha messo  di più. Ma il risultato è stato il medesimo: dall'eccellenza al nulla. Un desiderio di autodistruzione. Equivocando, evidentemente,  sul vero significato di quel “cupio dissolvi“  attribuito a Paolo di Tarso nella “Lettera ai Filippesi“ ( 1-23 -24 ). Che  nel desiderio di essere “dissolto“ vedeva la strada per raggiungere il Cristo: la perfezione.

A Roma la Juventus ha concluso un ciclo: un decennio costellato di successi nazionali e di altrettante delusioni a livello europeo. Agnelli ha fatto molto per la Juventus. L'ha modernizzata, fino a inventare un nuovo logo che piacesse ai mercati orientali. L'ha dotata di uno  stadio di proprietà e di  un centro sportivo. Ha portato a Torino campioni fenomenali, come Cristiano Ronaldo , il cui arrivo avrebbe dovuto facilitare la conquista della Champion's. E  che – paradossalmente - è  viceversa coinciso con il declino della Juventus. Maurizio Crosetti, un collega che stimo, ha scritto che la Juventus, senza “tituli“ dopo un decennio: “ha perso un anno“. Dissento: ne ha persi tre. Tre stagioni e tre diversi allenatori. Tre progetti. Anche se a dire il vero l'ultimo anno è stato contraddistinto dal “nulla“. Dal calcio che sa di muffa di Allegri. Dalla sua gestione asmatica fin dal precampionato. Da Sarri a Pirlo a Max Allegri. Sempre peggiorando. Sarà il  prossimo,  l'anno zero per la Juventus. Nessuna  si attenda prodigi. Allegri non ne farà. E' un grande gestore di campioni. Ma con i giovani fatica. A tal punto da escludere dalla finale di Coppa Italia il migliore dei suoi centrocampisti. Quel Miretti che ha per Allegri una pecca : la carta d'identità . E' una Juve che ha cambiato profondamente faccia. A cominciare dalla dirigenza.

Una decadenza evidenziata persino dall'abbigliamento. Quel Maurizio Arrivabene che all'età di 65 anni si presenta davanti alle telecamere  come un playboy da “rotonda sul mar“ con la camicia sbottonata e la gommina in testa. Pensi ai Cavalli d'Olivola, ai Cerruti, ai Catella, ai Giordanetti, ai Boniperti, al mio amico Morgan Francesco Morini, inappuntabilmente “old england“ in ogni occasione e ti dici: siamo caduti  in basso. . C'era una volta la Juventus. Quella di Gianni e Umberto Agnelli. L'Avvocato insolentiva l'Inter chiedendosi “arriveremo prima noi a 30 o loro a ...20 ?“. Parlava di scudetti. Oggi il presidente della Juventus Andrea Agnelli  spiega di “voler bene all'Inter“.

Perché Andrea Agnelli ha distrutto la sua creatura? Qualcuno sostiene per “presunzione“. Ma più probabilmente per inseguire un'idea di “crescita“ costruita al computer. Dimenticando che per crescere non bastano gli investimenti e i ricavi. Per crescere servono le riforme. E per fare le riforme devi avere nel Palazzo  tuoi uomini. Altrimenti soccombi. Andrea Agnelli ha reputato di poter congedare - senza pagarne il prezzo – Beppe Marotta: l'uomo che conosceva a menadito le dinamiche del Sinedrio. Con Marotta non si sarebbe arrivati alla “farsa“  Ronaldo. Non si sarebbe perso a parametro, zero Dybala. Privo dell'ombrello Marotta, in un delirio di onnipotenza, Agnelli è riuscito a mettersi contro tutto il calcio che conta: Figc, Fifa, Uefa, Si è sentito talmente superiore, da evitare qualsiasi intervento nei confronti del mondo arbitrale. E quel mondo ha preso la sua passività  per “debolezza“. Oggi l'Inter - che a mio parere ha vinto con merito, in quanto tecnicamente superiore, la Coppa Italia - può congratularsi con l'arbitro Valeri, 47 anni mal portati, goffo nella corsa, sempre in ritardo rispetto all'azione, decisionista col tipico decisionismo degli indecisi. Mi spiace che uno che sa di calcio come Paolo Casarin non ne abbia fatto menzione nel suo commento sul “Corriere della Sera“:  Valeri ha “interpretato“ un regolamento che andrebbe solo “applicato“. Brozovic andava espulso per doppia ammonizione. Non per un doppio fallo ma per una plateale protesta che Valeri ha “interpretato“. Ma Valeri non è uno psicologo. Non poteva sapere se la protesta di Brozovic fosse verso se stesso, verso i compagni, verso il destino cinico e baro o verso l'arbitro. Valeri doveva applicare il regolamento, facendo restare in dieci l'Inter.  E non concordo con Casarin neppure sul primo rigore: Lautaro simula. Non mi dilungo sul “calcio“ rifilato da un giocatore dell'Inter ad Allegri: si è intuito chi sia stato.  L'Inter ha fatto bene a rallegrarsi con Valeri. Ne ha motivo. Dovrebbe rallegrarsi anche con Massa e Irrati. Gli arbitri  sono stati con l'Inter più dolci di una sacher viennese .

Cosa sarà della Juventus? Nessuno oggi può dirlo. Allegri ha ancora tre anni di contratto. Se non si dimette non  è licenziabile. La sua stagione è stata un fallimento. Il quarto posto raggiunto con tre giornate di anticipo un pannicello che non può nascondere il nulla della sua gestione. La Juventus in un anno non ha costruito. Il  palmares del livornese  è fatto di scudetti, coppe nazionali e due finali di Champion's. Ma un uomo cinico e pragmatico, che spero abbia letto “Il ritratto di Dorian Grey“ di Wilde, dovrebbe saperlo: “Il solo fascino del passato è che sia passato“. Arrivabene ha spiegato che non ci saranno colpi di teatro”. E si può comprendere, considerati i conti in rosso della Juventus. Ma senza immaginare il palcoscenico del Globe di Londra, neppure la Juve può ridursi a recitare sulla bisarca di monsieur Binet, tra i guitti di  “Scaramouche“. La verità è che a Torino non sanno cosa potrà accadere.  Un possibile rinvio a giudizio, per qualcuno, nella vicenda dell'ipotizzato “falso in bilancio“? Sanzioni da parte della procura per la vicenda dell'esame farlocco di Suarez? Sviluppi per la storia delle  plusvalenze, visto che il procuratore ho opposto appello alla derubricazione? Le  sanzioni che potrebbe infliggere Ceferin (sostenuto nel caso, certamente dalla mosca cocchiera Gravina) per la vicenda Superlega? “Grezza“ questa, nella gestione Agnelli. Se vuoi fare la rivoluzione accertati almeno che qualcuno  ti segua verso la Bastiglia. Agnelli continua a immaginare grandi scenari, con l'amico Zhang: dalla riforma della governance del calcio, alla creazione di una public company che gestisca i diritti televisivi. Evidentemente non gli sono bastati i guai procurati agli utenti  per aver spinto a manetta nel far consegnare il calcio a Dazn.

In cosa sperare? In John Elkann. Nella volontà dell'azionista di maggioranza di dare un nuovo volto alla Juventus. In fondo basterà all'ingegnere, dare uno sguardo alla squadra femminile. Si chiama Juventus, come quella maschile. Ma francamente sembrano due società diverse 

Allegri ha chiesto di conservare “la rabbia“  per la prossima stagione. C'è poco da “conservare“. Senza “attributi“ non c'è rabbia che tenga. Gli attributi non  si trovano sul bancone del calciomercato. E purtroppo per la Juventus, uno al quale non sono mai mancati, Giorgio Chiellini, bandiera  nel segno della più fulgida tradizione, è al passo d'addio. Forse con destinazione Usa. Forse direttamente ad una scrivania a Torino. Sarà difficile trovare un suo sostituto. Più difficile che trovare  quello di Dybala.