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TJ - AGNELLI: "E' la Juve più forte degli ultimi 6 anni. Pogba? Chiedete a Marotta. Ottimo rapporto con Allegri e John. Con Conte? Buono. Acquistare squadra estera? Stiamo valutando. Montero il mio preferito"

31.05.2016 18:30 di  Redazione TuttoJuve  Twitter:    vedi letture
LIVE TJ - AGNELLI: "E' la Juve più forte degli ultimi 6 anni. Pogba? Chiedete a Marotta. Ottimo rapporto con Allegri e John. Con Conte? Buono. Acquistare squadra estera? Stiamo valutando. Montero il mio preferito"
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© foto di Andrea Ninni/Image Sport

Oggi pomeriggio alle 18:30 su Sky Sport va in onda lo speciale “90 minuti con...#AgnelliRisponde”. Andrea Agnelli , ospite negli studi milanesi dell'emittente satellitare, risponde alle domande di dieci intervistatori, divisi tra volti Sky e alcuni noti rappresentanti del mondo dell’informazione, in una sorta di uno contro tutti, con precise “regole di ingaggio”: due tempi, 90 minuti in tutto, non più di novanta secondi a risposta. Tuttojuve.com segue in diretta l'evento e riporta le dichiarazioni del tecnico bianconero.

Le sue sensazioni?
"E' un piacere essere qui. Spesso vengo criticato perchè non parlo abbastanza e ci tengo a ringraziarvi perchè essere qui e avere la possibilità di dialogare su quello che è il calcio in Italia, in Europa, con questa platea sicuramente sarà un piacere".

Che cosa è rimasto di saldo e di forte tra la sua Famiglia e la città? Si augura una continuità amministrativa?
"Che cosa lega la mia Famiglia a Torino, direi tantissime cose. In prima battuta la residenza mia e di mio cugino a Torino, viviamo lì. Se pensiamo ai grandi investimenti che sono stati fatti negli ultimi anni a Torino, dobbiamo pensare alla Juventus con il nuovo stadio e alla fabbrica della Maserati a Grugliasco, quindi grandi investimenti sono stati fatti sul territorio. Se poi vogliamo andare a valutare che la sede civile di FCA non sia più a Torino ma sia oggi in Olanda, ed essere Torino uno dei quattro centri direzionali, vuol dire essere un attimino miopi. Il centro direzionale per l'Europa e l'Africa rimane Torino, quindi Torino rimane assolutamente centrale. Al di là di quegli investimenti, rimane il grandissimo affetto per la città. Per quanto riguarda i prossimi appuntamenti amministrativi, io sono spettatore privilegiato, perchè sono residente a Fiano Torinese, quindi voterò per altri candidati, quindi da questo punto di vista sono spettatore privilegiati. I rapporti miei personali, della Juventus e di FCA, saranno con le istituzioni e i rapporti saranno ottimi".

Che idea si è fatto della candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2024?
"E' sicuramente una candidatura ambiziosa, come è giusto che si ponga grandi ambizioni una città come Roma, la Città Eterna. Grandi eventi sportivi portano una grandissimo indotto. Ci sono esempi sia positivi che negativi. Grandissimi esempi positivi penso a Barcellona, e ci sono città che hanno avuto meno bisogno di investimenti come Londra. Su Roma, per ammodernare le strutture, penso possa essere un'opportunità sicuramente da non perdere. Da parte mia, se ci sarà bisogno del mio contributo, sarà pieno e totale, perchè l'orgoglio non è solo essere torinesi come lo siamo noi, ma anche essere italiani".

E' vero che state pensando di acquistare una squadra straniera?
"Questi sono esempi. Altri imprenditori italiani ne avevano tre, ne hanno ceduta una. Sono delle possibilità che esistono, sono possibilità che possono essere utili e strumentali per avere un'armonizzazione con altre realtà competitive. Questo deve essere uno dei pilastri del calcio europeo nei prossimi anni. Il fatto di avere extracomunitari in rosa, in alcuni Paesi  c'è libertà totale, in altri è contingentato, così come finestre di mercato aperte più a lungo o meno a lungo in altri Paesi. Sono delle possibilità che stiamo valutando, ma al momento non è all'ordine del giorno".

Come si concilia questa passione da tifoso con il ruolo di manager?
"Da due ore prima della partita nessuno mi rivolge la parola, guardo la partita, in base al risultato c'è ancora una o due ore, dopodichè non torna a pensare la testa del tifoso, ma quella del dirigente che ha la responsabilità dello sviluppo e della crescita della società". 

Ha mai telefonato all'allenatore per consigliare di far giocare un giocatore?
"Io personalmente no. Ho un rapporto ottimo con Max, ma anche prima con Conte e Delneri.  Sono cresciuto negli spogliatoi e so quanto il tecnico debba essere supportato dall'attività quotidiano. Paratici e Nedved sono quotidianamente con l'allenatore, poi ci sono ruoli delicati come il mio e di Marotta ma io delego le decisioni di campo a gente più competente di me ed il tecnico ha piena autonomia".

Siete sicuri che vi convenga vincere in Italia?  Il livello del campionato si abbassa se vince sempre la stessa...
"Uno guarda le principali leghe europee, abbiamo quattro anni consecutivi il Bayern Monaco, quattro anni il Psg, poi in Spagna c'è un duopolio dove si inserisce l'Atletico Madrid. E' normale che chi gestisce una società ha l'ambizione di vincere e noi dobbiamo averla. Nel mio primo discorso ho usato la parola vincere cinque volte, in un discorso di tre minuto. Chi sta alla Juventus deve solo pensare a vincere. Le considerazioni sul campionato, valido o non valido sono altre, che noi lasciamo a voi opinionisti". 

Mi sembra che questa sia la prima volta che un Agnelli fa veramente il manager. Quanto risulta importante?
"Gestire la Juventus nel 2016 e nell'ultimo decennio è diverso rispetto a gestire una squadra di calcio prima dell'introduzione dei diritti tv. Prima c'erano 6, 7, 8 persone. Quando guardiamo oggi la Juventus, siamo una grande società, con un fatturato da 350 milioni di euro, 700 dipendenti, una dimensione non più ludica. Siamo un'azienda in uno dei pochi settori in crescita. Avere un uomo di fiducia della famiglia è importante rispetto ad un manager puro, anche se abbiamo avuto grandi dirigenti che hanno fatto benissimo in Juventus o in altre società".

Qual è il momento che ricorda con più piacere e quello che ricorda con meno piacere di questa stagione?
"La cosa migliore è stata come è iniziata l'annata e come è finita l'annata. Poi abbiamo dato la Supercoppa alla stagione precedente, ma è di questa stagione. Noi abbiamo iniziato in Cina con un trofeo e abbiamo finito a Roma con un trofeo, ed è quello a cui noi dobbiamo ambire. Partecipiamo a tutte le competizioni con l'ambizione di vincere. Abbiamo iniziato bene e finito bene. La parte più brutta non è la parte più brutta ma la parte più difficile, quindi la gestione da fine settembre e inizio novembre, che poi ha dato il via alle 25 vittorie consecutive. Quello è stato un periodo difficile, sfidante, ma che ci ha dato la dimostrazione che la compattezza e l'unità di intenti fanno la differenza soprattutto nei momenti di difficoltà".

Lei più affezionato ai giocatori di classe o a quelli tosti?
"Io sono un difensore, quindi pochi fronzoli. Giocoforza io sono più affezionato alla ruvidità, all'essere tosto".

Il suo stile dirigenziale rispecchia questa sua preferenza?
"Il mio stile è quello di dare una direzione e cercare di raggiungere gli obiettivi prefissati. La delega deve essere ampia ai rispettivi ruoli".

L'azionista di controllo della Juve è la Exor, ma il capo riconosciuto di Exor è Marchionne. Tutte le squadre chiedono soldi agli azionisti, la Juventus no. Ma i conti sono sulla linea di galleggiamento. Marchionne ha detto che le dà i soldi se c'è bisogno di crescere o no?
"Marchionne non è azionista. L'amministratore delegato di Exor non è Marchionne ma mio cugino John. John è presidente e amministratore delegato. Non è neanche vicepresidente. E' una persona con cui dialogo volentieri: è una persona competente, di grande cultura. Ho il privilegio di poter dialogare mensilmente con lui, esperienza che mi arricchisce. Non è cosa dice l'azionista che decide. Se fai aumenti di capitale ogni 2-3 anni vuol dire che gestisci società non sano o non appropriato alla società che gestisci. Il rapporto con John non è buone, di più, questo non diverte più la platea di giornalisti. La nostra ambizione è quella di avere autofinanziamento e che ambisca a vincere. Siamo passati da una perdita di 95 ad un risultato dimezzato. Se dovessimo riclassificare senza Irap, troveremmo 40 milioni in più. Dal mio punto di vista la società è ben impostata per reggere le sfide dei prossimi 2-3 anni. Poi è da capire cosa succede nel calcio italiano ed in quello Europeo dove lo scenario può essere diverso".

E' difficile essere virtuosi e vincenti nell'Italia di oggi?
"Uno deve sempre operare nel contesto. Ci sono normative: la nostra sede è a Torino, giochiamo in Italia. Noi operiamo in questo mercato ponendoci obiettivi raggiungibili. Abbiamo sempre rispettato i piani triennali. Se siamo arrivati a fatturare 350 milioni raggiungendo equilibrio finanziario vuol dire che si può fare. L'importante è capire come non perdere terreno dalle altre realtà europee".

Lo strapotere sportivo delle spagnole, si fonda su un modello di business più avanzato? 
"Dobbiamo andare a pensare dove erano i club italiani ad inizio degli anni 2000 e quelli spagnoli, tedeschi ed inglesi. Dobbiamo vedere la loro e la nostra evoluzione da allora. Nel 2006 abbiamo avuto un momento di fortissima discontinuità, da allora il calcio italiano ha perso di competitività perdendo molti treni fondamentali. Quelle di Barcellona, Real e Bayern hanno peculiarità del singolo mercato. Noi dobbiamo capire qual è il nostro modello, il percorso che vogliamo intraprendere, la mission che vogliamo dare alle principali società della Serie A, da lì delineare un piano nei prossimi 3-5 anni per rimanere competitivi a livello internazionale. Pensare di emulare quello che accade in Inghilterra, Germania e Spagna, solo perchè lì hanno avuto una serie di leggi che hanno favorito i club - penso a quella che ha favorito il rientro dei cervelli in Spagna, dando una fiscalità di grandissimo vantaggio.... sicuramente hanno dato grandissimo vantaggio. Ma non sono queste operazioni straordinarie che possono riportare in alto i club italiani. Nell'ultimo consiglio, abbiamo introdotto il boxing day in un'ora o due per deliberare che ci sarà una data sola tra due anni. Mi sono sentito dire 'sei abituato ad innovare, noi dobbiamo proteggere'. Serve capire cosa vogliamo essere, facciamo fatica a guardare al modello inglese. Viene spontaneo guardare alla Spagna, dove con la colletivizzazione dei diritti tv, sono state protette le realtà locali".

Dobbiamo pensare ad una Juventus che gioca la Superlega e ad una Juventus 2 che gioca il campionato italiano?
"Il mio auspicio è avere una Serie A che sia un nuovo punto di riferimento. Il calcio negli anni 80' si faceva qui... In Europa è da capire se quel che accade lì è quello che piace. Avere un group stage con risultati scontati (in Champions, ndr) piace? Oppure si vuole modificare il format? Ci sono 2 miliardi di tifosi nel mondo, 1 è del calcio ma con la NFL c'è un gap di 3 miliardi appannaggio loro".

Milan e Inter in mani estere. Rischiate di essere l'unica proprietà italiana. 
"Il fatto che stranieri credano nell'Italia è qualcosa di positivo, i capitali devono essere più che benvenuti a questo punto. Per quel che ci riguarda io mi trovo in linea con gli azionisti - penso a Saputo del Bologna o Pallotta della Roma - noi continueremo a lavorare su brand e obiettivi, maggiore è competenza e maggiore è stimolo".

Se un giorno dovesse arrivare qualcuno a comprare la Juventus?
"Se non c'è la volontà non si può fare. Abbiamo il 63% della Juventus e così è, non può venire nessuno".

Avete avuto richieste per Pogba?
"Questa è una domanda di mercato? Non ho Marotta qui con me oggi, quindi non posso parlare di mercato".

Era allo stadio anche lei a cantare non si vende Pogba...
"Quello è il tifoso".

E aziendalmente?
"Bisogna chiedere a Marotta, soprattutto aziendalmente".



Ha mai pensato ad una Juventus senza un'ossatura di italiani?
"No, anche quando ne discutiamo internamente, è fondamentale, noi crediamo, di mantenere quella base di 7-8-9 giocatori italiani, perchè al di là dell'identità sono quei giocatori che percepiscono la reazione della gente. Quelli che non riescono facilmente ad andare dal panettiere e dal macellaio senza sentirsi dire quello che realmente pensa il tifoso e che veramente capiscono cosa significa vincere, pareggiare o perdere. Sturaro, Rugani, Zaza, sono tre che sono arrivati e che si aggiungono a Chiellini, Bonucci , Barzagli, Buffon, Marchisio eccetera. E' fondamentale questo, così si percepisce il termometro della socialità e vogliamo continuare così".

Senza italiani la squadra non avrebbe capito quanto fosse grave la posizione in classifica in quel momento?
"Esatto. Magari l'avrebbe anche capito, ma non gli importava niente, comunque andava in discoteca".

Allegri quando è arrivato aveva chiesto il trequartista e poi invece sono arrivati altri giocatori. Voi l'allenatore lo ascoltate?
"Mi manca Marotta per avere una risposta compiuta. Quello che noi abbiamo è un metodo che è sicuramente molto sano, il processo di decisione della creazione della rosa, che è un processo che non si chiude mai perchè è sempre calciomercato. E' il momento di confronto tra l'allenatore, Marotta, Paratici e Nedved, al cui io partecipo per passione e per capire le dinamiche, ma le scelte sono di quel gruppo che è la compenente tecnica e sportiva, alla quale io do degli obiettivi come società. Loro sanno quali sono gli obiettivi, gli investimenti in termini economici che possono realizzare, loro sanno il limite della retribuzione del personale tesserato e dello staff  tecnico, all'interno di questa capacità di fuoco possono muoversi. Poi che la scelta sia un'ala sinistra o un terzino destro, spetta all'area sportiva. C'è anche l'allenatore. Poi come tutti i mercati, alla domanda ci vuole anche l'offerta".

Quanta fiducia aveva, dopo il difficile avvio di stagione, di poter rivincere lo Scudetto?
"Quando io guardo la completezza di questa rosa, tra le rose degli ultimi sei anni, senza scomodare quelle del passato, è probabilmente la Juventus più forte e completa che abbiamo avuto. E anche la più europea. Sapevamo che ci sarebbe stato un momento di rodaggio. Come ha detto bene Allegri l’altro giorno, non pensavamo ci volesse così tanto. Così come è stato sbagliato quell’inizio, pensare a 25 “vittorie” consecutive è altrettanto irreale".

Qual è stato il momento più difficile da risolvere durante la sua Presidenza?
"
Giocare sei mesi senza allenatore. Vorrei vedere qualsiasi altra società e squadra giocare sei mesi senza allenatore in panchina. Abbiamo avuto l’allenatore (Conte, ndr) squalificato per sei mesi, abbiamo giocato senza allenatore per sei mesi".

Com’è il suo rapporto con Conte?
"Buono".

E il suo giudizio sulla vicenda Conte?
"Io Conte l’ho difeso sin dal primo momento. Quando parlai con Antonio, mi resi conto di quella che era la situazione e quindi lo difesi dal primissimo minuto, al netto delle pressioni che ricevevo dal mondo dei media. Oggi, visti i cinque anni di grandi successi, la gente si è completamente scordata che noi abbiamo fatto sei mesi senza allenatore in panchina. Sono tanti sei mesi".

Perché il rifiuto a cedere Bonucci alla Nazionale, benché fosse squalificato per la finale di Coppa Italia?
"Una squadra che prepara una partita si allena. Un conto è allenarsi con Bonucci, che è un grandissimo difensore, un altro contro è allenarsi con un ragazzo della Primavera. Non è mica andato in vacanza Bonucci. Bonucci è rimasto con i compagni e si è allenato. Mandzukic e Dybala giocavano contro Bonucci in allenamento, non contro un ragazzino della Primavera. Ha un valore. Non si può pensare che la settimana non conti nulla e conti solo la domenica. La domenica è figlia di quello che si fa durante la settimana. Mi riferisco al beneficio marginale della Juventus nell’avere Bonucci che si allena per tre giorni con la squadra, oltre al fatto che Leonardo è un grandissimo uomo spogliatoio, perché ha un carisma e un carattere particolare, quindi anche se non scende in campo è importante da avere vicino. Per andare poi a fare cosa? Tre giorni di test fisici, con tutto il rispetto. Personalmente, io queste cose non le capisco".

Sugli addii di Conte e Del Piero. La Juventus non può accettare che qualcuno si senta più importante della Juventus stessa. E’ questo il principio?
"Ogni situazione è figlia dei suoi momenti. E’ un principio che vale per qualsiasi azienda, non solo per la Juventus. Steve Jobs non è più alla Apple, ma la Apple è diventata la società con la maggiore capitalizzazione al mondo successivamente. E non c’è più Steve Jobs. Qualsiasi azienda deve essere superiore ai propri uomini".

Nel calcio non è un discorso diverso?
"Non sono d’accordo. E’ anche una questione di cultura che uno trasmette. Se chiunque si sente più importante dell’istituzione per la quale opera, abbiamo un problema, da qualche parte. E lo dissi nel discorso di apertura dello stadio. Passano i Presidenti, passano i giocatori, la Juve resta. Se no non avremmo 120 anni di storia, 120 anni di successi".

Esiste lo stile Juventus e cosa significa per lei?
"Se devo essere sincero, non lo so. Me lo sono chiesto anche internamente. Lo stile Juventus è qualcosa che gli altri hanno detto di noi, ma non ho mai capito esattamente cosa sia lo stile Juventus. Lo stile Juventus è vincere. E quindi sì, esiste ancora da quel punto di vista".

 

Come può competere la Juventus con Real Madrid e Barcellona?
"Per noi, per le società italiane, competere a livello internazionale è più difficile, non solo esclusivamente per un principio di fatturato, ma è proprio sui modelli che abbiamo e, quindi, sulla visione che abbiamo di poter programmare nel medio-lungo periodo, anno su anno. Quando io penso al Barcellona, nella sua storia ha avuto alti e bassi, ma la vera squadra di Spagna è il Real Madrid, in Inghilterra il Manchester United. E prendiamo il Chelsea che, invece, con Abramovich negli ultimi anni diventa un fenomeno globale al pari del Barcellona. Hanno sfruttato magnificamente gli ultimi 10-15 anni, che sono quelli che con un semplice clic ti permettono di essere in tutte le case mondo. Questo non fa altro che aumentare le possibilità di andare a monetizzare su una pluralità di attività che passano dal merchandising agli abbonamenti digitali e non sono solo ed esclusivamente il famoso botteghino o la pay per view, quindi, l’abbonamento a casa delle televisioni".

Che giudizio dà del primo scorcio di presidenza Tavecchio?
"Se guardo oggi i 3 interventi fatti sono stati il financial fair-play finanziario che mi dà perplessità. L'indice di solvibilità non fa altro che far crescere gli interessi passivi. Ha introdotto un sistema senza considerare delle complessità delle eccellenze. Noi non abbiamo seconde squadre da cui attingere talenti, invece sono state introdotte regole che non hanno ancora permesso di risolvere. Noi abbiamo 450 prestiti, in Inghilterra 150, negli altri paesi ci sono tra i 30 ed i 50 giocatori che crescono in campionati competitivi. La Primavera non è competitiva. Di positivo c'è l'introduzione dei centri tecnici federali, ma chi istruisce gli istruttori? Serve gente capace".

Alla Juventus non conviene mantenere questo status quo, visto che continua a vincere?
"Personalmente sono per innovare e per crescere. In questo momento, vedo enormi margini di miglioramento, sia a livello di gestione della Lega che a livello delle Federazione, ma anche a livello europeo. Quindi, questi interventi, se uno riesce a portarli avanti, io lo farò sempre con grande piacere, perché sono nell’interesse del sistema, ma anche della Juventus. Cioè, più cresce il calcio, più cresce la Juventus".

Molta gente è convinta che la Juventus sia in qualche modo abituata ad avere il vantaggio della sudditanza di arbitri e delle istituzioni. Quanto le pesa e quanto le sembra corretto?
"I cliché uno non li cambierà più. Se poi uno parla con i miei della parte sportiva, è tutto stravolto. Fa parte della tradizione. Non mi scoccia e non mi da fastidio. Fa parte di quelli che sono i nickname o i soprannomi".

Non pensa che sia anche un po’ inevitabile una sudditanza?
"Chi vince. Lo stesso valeva per il Milan dove ha giocato Costacurta. Si diceva la stessa cosa. Se sento quello che diciamo nel nostro spogliatoio, sembra che sia sempre tutto contro di noi".

Quindi i forti non hanno vantaggi?
"Se uno passa il 90% del tempo nell’area avversaria, probabilmente prende più rigori di chi ci sta il 10%".

E' meglio resistere a un'offerta gigantesca per Pogba o accettare la proposta e rifare la squadra?
"Siamo sulla teoria e non c'è dialogo. Parliamo di situazioni non reali. Cosa è Pogba, lo dimostra come lo usa l'Adidas, anteponendolo ad una ridda di giocatori in modo continuativo. Dybala era Pogba 2-3 anni fa, ora i bambini guardano lui. Anche Adidas crede nelle sue capacità, vuole diventare un personaggio superiore anche a Messi e Cristiano Ronaldo. Noi lavoriamo con chi c'è per l'immagine, c'è stata una perdita come Tevez e Pirlo che è stata sostanziale. Nei mercati più lontani, hai bisogno del supereroe per essere vicino al marchio. Nessuno conosceva Dybala, dovevi creare il supereroe. Pogba è l'unico che abbiamo oggi. Poi entrano dinamiche di mercato che possono essere legate alla valutazione che consideri in base al tuo conto. Poi c'è la volontà dei giocatori, al di là dei contratti. Se vuoi andare, vuoi andare. Riparto da Vieri: all'epoca non lo si voleva cedere, l'Avvocato chiamò Moggi dicendo 'non lo cediamo'. Il mattino dopo, venduto... L'Atletico Madrid gli offrì il quinto, alla Juventus arrivò una somma consona e l'affare si fece. Una trattativa non dura tre mesi. C'è un'opportunità, la cogli o non la cogli. Sono finestre di sette, otto ore. Parte un giocatore, cerchi un campione...".

Il suo giocatore preferito?
"Montero. Numero uno Montero".

Nella sua prima intervista rilasciata a Sky sei anni fa, aveva detto che la Juventus per lei era amore e passione. Oggi, sei anni dopo?
"Amore e passione".

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