Roberto Bettega: "Juve, amore gioia e continuità. Cristiano Ronaldo grande rammarico. Il 7/05/2006 ero immensamente felice

Osservandolo scendere dall’auto, intento a raggiungere la sede dello Juventus Club Doc Alcamo “Carlo Messina”, ti colpisce l’innata eleganza e l’umiltà con la quale, si presenta stringendo la mano e dichiarando il suo nome e cognome (come se c’è ne fosse di bisogno). E’ in quel momento che il tanto famoso stile Juve, prende forma. Una volta entrato inizia a guardare i tanti poster che raccontano la storia della Juve, in particolare si sofferma su quello che celebra la vittoria della Intercontinentale del ’96. Con lo sguardo compiaciuto esclama “che gran vittoria quella!” Non appena s’inizia a parlare di Juve i suoi occhi brillano, dispensa aneddoti ai tanti presenti, dal trionfo di Bilbao, fino al suo ultimo scudetto. Perfino il ricordo risalente alla finale di Coppa Campioni del ‘73 persa contro l’Ajax e a quella coppa che una volta vinta, gli olandesi facevano trasportare al loro inserviente nel cesto della biancheria sporca “e noi sul pullman che non riuscivamo a credere ai nostri occhi …”. Poi appena inevitabilmente spunta il ricordo di Atene, la sua è l’espressione di chi sembra aver finito di giocare quella partita poche ore fa…
Lei è uno dei simboli viventi della storia juventina. Riesce a emozionare diverse generazioni di tifosi che hanno imparato ad apprezzarla nella doppia veste di giocatore e dirigente. Quali sono i primi ricordi che le giungono in mente della sua doppia esperienza?
“Quanto tempo abbiamo, fino alle 22,30 (ride,ndr)? Vede tutta una storia, trentasette anni di Juve nascono un sabato pomeriggio al Combi in prova a 9 anni e 9 mesi. Senza quel giorno non ci sarebbero stati gli altri trentasei anni. Allora cosa devo dire? Che il più bello è quello. In effetti, è l’inizio di tutto. Spesso ripensandoci mi chiedo come abbiano fatto a scegliermi in mezzo ad altri 300 bambini in prova. E’ chiaro che quello è il momento più importante, perché ha innescato un meccanismo che come tale ha avuto i suoi intoppi, come gli infortuni e le malattie. Però senza quel giorno non ci sarebbe stato nient’altro. L’altro pensiero è che uno anche dopo trentasette anni, non deve mai dirsi soddisfatto, dire ho vinto tanti scudetti, tante coppe… No, quello che è lo spirito, l’adrenalina, ti resta. Una volta acquisito, si porta avanti e si mantiene nel tempo”.
E se ci sono, quali sono in rimpianti?
“Sicuramente uno, l’ho sempre detto. C’è solo una partita nella mia vita che rifarei: Atene. Perché era la mia ultima partita con la Juve, tre giorni dopo sarei ripartito per il nord America e chiudere con la prima Coppa dei Campioni della Juve…sarebbe stato il massimo. Il rammarico è ancora più grande perché in quella partita non siamo stati Juve, compreso il sottoscritto. Perché perdere contro qualcuno più bravo che ha giocato meglio, ci sta e mi è capitato. Ma quella serata no, non mi è andata giù, neanche adesso”.
C’è un giocatore con il quale, indipendentemente dalla generazione di appartenenza, le sarebbe piaciuto giocare?
“Quando era un ragazzino io facevo il raccattapalle e avevo un idolo che era Omar Sivori. Ed è stata un’emozione immensa quando da dirigente lui è diventato il nostro osservatore per il sud America ed io andavo a vedere il mondiale under 20 in Argentina oppure in Brasile e lui veniva con me. Ritrovarmi come amico, come compagno di lavoro, quello che era il mio idolo, al quale quando avevo dieci anni portavo la palla per la rimessa laterale; è stato qualcosa di straordinario”.
La sua Juve da dirigente è stata quella vincente della Triade, guidata dal mitico Lippi. Quali sono stati i segreti di quella meravigliosa epopea?
Eravamo una squadra, si dice molte volte che il segreto in qualsiasi sport è essere, fare squadra. Ha citato giustamente Marcello, però non escluderei i Ventrone, i Pezzotti, i Bordon e tutto quello che c’era sotto anche come società, da Romi Gai e via via di questo passo. Ormai la società di calcio è un’azienda a tutti gli effetti, noi in quel periodo eravamo davvero una gran squadra sotto ogni punto di vista.
Durante quel periodo, c’è stato un colpo di mercato mancato del quale si rammarica?
Il più famoso, penso sia una cosa risaputa, è Cristiano Ronaldo. Perché nella trattativa con Salas avevamo inserito il portoghese, solo che Salas rifiutò il trasferimento e saltò l’affare.
7 Maggio 2006, le sue lacrime durante Juve-Palermo, fanno breccia in tutti i cuori degli juventini frastornati in quelle settimane, da quella che noi continuiamo a chiamare farsopoli. Erano lacrime di rabbia, delusione o cos’altro?
“Ma le lacrime erano di gioia, era il mio quattordicesimo scudetto, sette da giocatore e sette da dirigente. Mi raggiungevo, e quindi ero immensamente felice”.
Mi dice tre parole con le quali descrivere la Juve?
“E’ complicato…una può essere amore, l’altra gioia e infine continuità, non mia ma della società. E non voglio interpretare solo il mio di pensiero, ma quello del perché la Juve è Juve. Perché quando dico amore, penso che se lei facesse la stessa domanda, a uno dei tanti tifosi presenti, risponderebbe nella stessa maniera. La continuità appunto è una cosa che non vale solo per me, ma penso per tutti, e credo di aver interpretato il pensiero di uno juventino. Serate come queste d’altronde, fatte di aggregazione, di club e di passione bianconera, credo ne siano la conferma”.
Il tempo stringe e i tifosi chiamano, e lui dopo aver ringraziato e dedicato un saluto ai lettori di Tuttojuve.com, si lascia trasportare dal mare di calore e gioia dei tifosi bianconeri.
@leolab81