Buffon a tutto tondo: "La miglior parata della mia vita è stata contro la depressione. Sulla Juve, il Parma e il futuro..."

09.02.2016 10:45 di  Alessandra Stefanelli   vedi letture
Buffon a tutto tondo: "La miglior parata della mia vita è stata contro la depressione. Sulla Juve, il Parma e il futuro..."
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Lunga intervista concessa da Gianluigi Buffon ai microfoni della testata spagnola ABC. L’estremo difensore parla a tutto tondo, cominciando dalla scelta di diventare un calciatore: “Non avevo molte opzioni - ha esordito sorridendo. Mia madre è stata lanciatrice del disco, mio padre lanciatore del peso e le mie sorelle sono giocatrici di pallavolo. Anche mio zio è stato giocatore di basket e uno dei miei nonni è stato portiere del Milan e della Nazionale italiana. Perché il calcio? In Italia è lo sport più popolare, quello che tutti praticano da bambini. Mio padre è sempre stato un amante del calcio e mi ha inculcato questa passione dal primo giorno. A scuola, quando non eravamo in classe, eravamo a tirare calci a un pallone”.

Sul suo periodo a scuola: “Quando sei bambino, non sai dare molto valore a quello che la scuola apporta al resto della tua vita. Ti insulta valori unici e una educazione impagabile. Solo crescendo capisci quanto realmente sia importante quella fase della tua vita. Io ho solo buoni ricordi del mio periodo a scuola”.

Agli esordi Buffon non giocava da portiere: “Vero, giocavo da libero o da centrocampista. Mi divertivo tantissimo, ma soprattutto mi è stato molto utile. In quelle posizioni impari molto, impari a leggere le partite e ad anticipare il pensiero degli avversari, con tutto ciò che di buono ne consegue quando sei un portiere. All’inizio del 1990 mi dissero che avevo buone qualità da centrocampista, ma io non ero soddisfatto. Mi appassionava di più il ruolo del portiere. È stato mio padre a dirmi di provare e sono sempre grato a quel consiglio perché io forse non avrei mai avuto il coraggio di prendere quella decisione così drastica. Io sono venuto al mondo per essere un portiere. Era il mio destino”.

Sul suo idolo: “In quegli anni ho scoperto Thomas N’Kono. C’era il Mondiale in Italia, dove il Camerun fu la sorpresa del torneo. Ricordo la collezione delle figurine di quel mondiale e quell’anno io, mio padre e tutta la mia famiglia siamo diventati un po’ tifosi del Camerun. Mi disse che li chiamavano “leoni indomabili” e quel soprannome mi incantava. Chiaramente io giocavo portiere da un mese e ammiravo tanto N’Kono. Lo ammiro talmente tanto che uno dei miei figli porta il suo nome”.

Nell’estate del 1990, poi, il passaggio al Parma: “Sono stati undici anni indimenticabili, sei dei quali in prima squadra. Ho debuttato il 17 novembre del 1995 contro il Milan e ricordo che non ho preso gol. Abbiamo vinto tanti trofei, il Parma era una delle tre migliori squadre d’Europa, ma eravamo comunque un club umile e di provincia, non avevamo pressioni e ci divertivamo tanto. Sono quello che sono grazie al Parma, mi ha intristito enormemente la sua sparizione”.

Nel 2001 il passaggio alla Juventus, che a soli 23 anni lo pagò 54 milioni di euro: “Il prezzo del mio cartellino non ha disturbato. Al contrario, mi ha reso orgoglioso e felice. Nel calcio quello che si paga per un calciatore è il prezzo giusto. Se hanno pagato tanto per me è perché valevo quella cifra”.

Per la Juve è andato anche in Serie B: “Non mi sono mai pentito.Il mio cuore è diviso i quattro spazi: per la mia famiglia, per il Parma, per la Nazionale e per la Juventus. In questi 15 anni ho ricevuto tante offerte, ma non ne ho mai presa in considerazione nessuna. Certe cose nella vita non hanno prezzo e non mi sono mai pentito di essere rimasto alla Juve anche in Serie B. Sicuramente quella decisione mi ha allontanato per tre anni dall’élite del calcio, dalla possibilità di lottare per i titoli, ma io guardo altre cose. Sono sicuro che in pochi avrebbero preso la decisione che ho preso io, ma restare alla Juve in uno dei momenti più delicati della sua storia era il modo migliore per dimostrare il mio amore. Mi sento parte della storia di questo club”.

Il suo miglior momento: “il primo Scudetto vinto dopo il ritorno in Serie A, nel 2011/12 con Antonio Conte. È stata una ricompensa per la mia fedeltà alla Juventus. Il peggiore? La finale di Champions contro il Milan nel 2003. Nedved era stato sanzionato con un giallo assurdo in semifinale e non l’avevamo avuto a disposizione. Abbiamo giocato abbastanza male e nonostante abbia parato due rigori, ne abbiamo falliti tre. È stata una nottata nera”.

Discorso diverso per la finale persa l’anno scorso: “Tutti noi ci sentivamo orgogliosi. Giocavamo contro la migliore squadra del mondo e volevamo batterla, ma siamo comunque andati via da Berlino a testa alta. Lasciare il calcio senza aver mai vinto la Champions? Il calcio non è questione di giustizia o ingiustizia, si tratta di vincere o perdere. Ho ancora qualche possibilità di provarci, ma se mi ritiro senza averla vinta non succede nulla. Sarei felice ugualmente”.

Buffon torna poi sul periodo delicato passato tra il 2003 e il 2004: “In quel periodo ho combattuto una dura lotta contro me stesso. Senza l’auto dei medici e dei medicinali non ce l’avrei fatta. Non ero felice e ho dovuto imparare a esserlo di nuovo. Non ho potuto pensare solo al calcio. Da quella esperienza traumatica è venuta fuori una persona più forte e più matura. Vincere la depressione è stata la miglior parata della mia vita. Il tennis mi ha aiutato. Mi piace come sport. Sono ammiratore e amico di Federer, ci ho parlato spesso e mi piace molto la sua forza mentale. Psicologicamente il tennis è lo sport più duro. Se vinci il merito è tuo, ma se perdi non hai nessuno a cui dare la colpa. È un concetto che si adatta alla vita e allo sport”.

Sul suo essere leader alla Juve: “Un leader deve empatizzare e creare un clima di fiducia con tutti i compagni. Deve essere generoso, anteporre gli interessi comuni i propri, ma al tempo stesso non deve usare del suo potere. Deve intervenire solo se è necessario, perché basta poco per perdere la propria credibilità. Tre questa è la miglior Juventus del secolo? È complicato da dire. Per alcuni la squadra più forte fu quella di Capello, per altri quella di Lippi. Sicuramente quella di Allegri è quella che ha più carattere e personalità”.

Sulla sfida contro il Bayern Monaco: “Sono sincero, sono molto tranquillo. Dobbiamo essere realisti, loro partono chiaramente avanti a noi. Abbiamo una probabilità del 20-25% di eliminarli, ma dobbiamo sfruttarla e lavorare per far sì che si trasformi in un 40-45% e provare ad accedere ai quarti di finale. Dobbiamo pensare al Real Madrid l’anno scorso e non avere paura del Bayern”.

Sul possibile interesse del Real Madrid dal 2000 a oggi: “Non so quando è venuto fuori questo rumour, ma non è vero. Non so se Florentino abbia mai avuto interesse per me, ma io so che se il Real vuole un giocatore va e lo compra. Non mi hanno mai contattato perché con Iker Casillas avevano la porta ben coperta e non hanno mai avuto bisogno di me. Sarebbe troppo da parte mia dire di essere il miglior portiere della storia. Non è un giudizio che corrisponde alla mia persona. Credo di essere una persona che ha lavorato molto per arrivare dove è arrivato. Quando smetterò? Spero di giocare questa stagione e altre due con la maglia della Juventus e di ritirarmi dopo aver giocato il Mondiale 2018”.