Baciato dalla Dea, eppure tentenna

Si fa fatica a comprendere le scelte di Cesare Prandelli. Il pregio del commissario tecnico deriva dalla volontà di voler dare una mentalità offensiva all’Italia, una squadra che deve provare a fare sempre la partita. L’equilibrio, però, è tutt’altra cosa e questa Nazionale non ce l’ha. E’ bello parlare di un calcio moderno in cui si creano 6-7 occasioni a match concedendone 4-5 agli avversari, una massima che funziona quando si incontra formazioni al tuo livello, mentre se si gioca con il Giappone, buona squadra ma non eccelsa, non si può ballare la rumba.
Dopo 3 anni, non si è ancora capito quale sia il modulo su cui Prandelli intenda costruire l’Italia. Ok i principi di gioco, meno ok il codice etico, ma poi si fa calcio e, oltre alle qualità tecniche, ci sono quelle tattiche e il sistema di gioco costruisce lo scheletro della formazione. Prandelli è stato molto fortunato: la squadra che ha vinto gli ultimi due campionati ha un’ossatura prettamente italiana e una identità ben chiara, precisa. Si è parlato per mesi di Ital Juve, poi al momento del dunque si è scelto una strada che non è quella seguita da Conte a Torino. Ci vuole poco, basta adottare la difesa a 3 con Barzagli - Bonucci - Chiellini (i sostituti ci sono), un centrocampo con Pirlo - Marchisio - De Rossi, De Sciglio e Maggio sugli esterni, Balotelli in attacco, E qua c’è un piccolo problema: perché in attacco siamo carenti, bisogna sperare che il calo di El Shaarawy sia momentaneo o che il campionato esalti qualcuno, come fatto con Candreva.
Non è un caso che la miglior partita giocata sia stata quella con la Spagna, l’unica in cui si è schierato il 3-5-2. I cambi, poi, sono stati sbagliati: finire con un centrocampo Pirlo-Montolivo-Aquilani significa rinunciare agli inserimenti e alla protezione difensiva. Insomma, Prandelli ha una grande fortuna, quella di poter contare su un blocco dalla precisa identità e da altri ottimi giocatori. Non la butti via.