Asamoah a Sportweek: "Il mio nome significa...Ecco cosa faccio dopo l'allenamento"

18.08.2012 12:00 di Massimo Pavan   vedi letture
Asamoah a Sportweek: "Il mio nome significa...Ecco cosa faccio dopo l'allenamento"
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© foto di Giuseppe Celeste/Image Sport
E' stato uno dei migliori a Pechino, ha segnato un bellissimo gol, sembra avere le doti da leader, oggi il ghanese Asamoah e' stato intervistato dal settimanale Sportweek, ecco alcuni tratti salienti. Sul suo nome Kwadwo e le origini «Significa lunedì. In Ghana si dà al bambino il nome del giorno della settimana in cui è nato. Così, i miei tre fratelli sono Yaw, giovedì, Kwaku, mercoledì, e ancora Yaw. E mia sorella è Afia, venerdì. Molti hanno anche un nome inglese. Mio figlio, per esempio, si chiama Jason Kwami, perché è nato di sabato. Ha 2 mesi. Mia moglie si chiama  Berta  e' ghanese. Ci siamo conosciuti nel nostro Paese, stiamo insieme da 4-5 anni. Mi è piaciuta appena l'ho vista. Mi piace anche perché è come me, non esce tanto. O andava a scuola, o stava in casa con la mamma. Un giocatore serio deve avere accanto la donna giusta. Dopo l'allenamento non può tornare a casa e trovare una persona con la quale ha problemi. Berta ha studiato Economia, è venuta a stare con me dopo la laurea. Io ho studiato Arti figurative. Mi piace disegnare. Se mi metti davanti quella bottiglia, in 5 minuti te la faccio uguale. Mio padre si occupava di elettronica. Adesso ha smesso perché è anziano. Una settimana fa ha compiuto 69 anni. Appena andrò a trovarlo, ho pronta una sorpresa per lui: una casa tutta nuova». Asamoah ricorda anche le immagini di Gesù nella sua stanza insieme ai poster di Pirlo e Ronaldinho.  Del suo adattamento parla in termini positivi grazie ai consigli di Appiah, Muntari e degli altri ghanesi. Importante per conoscere Asamoah il racconto della sua vita quotidiana:  «Dopo l'allenamento io non sono quello che dice: andiamo a bere qualcosa. Se vuoi fermarti a parlare, bene, se no torno a casa mia. Sono una persona molto calma. Chi mi conosce mi dice: Asa, sei una brava persona. Lo dicono perché si accorgono che io sono diverso da altri africani che conoscono. A Udine ci sono tanti ghanesi, e tanti della mia razza in generale. Molti di loro vanno in discoteca, fanno casino e si arrabbiano subito se qualcuno dice qualcosa che a loro non piace. Se a me invece uno dice "negro" oppure un'altra cosa stupida sulle mie origini o il colore della mia pelle, mi metto a ridere. Non mi arrabbio come gli altri: tu parli, io ascolto e poi me ne vado. A Udine mi hanno sempre riconosciuto una mentalità diversa da quella dei miei connazionali, e per me è importante non essere giudicato solo un bravo calciatore». Infine una riflessione sul suo paese: «Il Ghana è un Paese politicamente stabile, con una bassa criminalità, ricco di risorse naturali. Eppure il tasso di mortalità infantile è di 57 bambini su mille, l'aspettativa di vita è di 56 anni per l'uomo e di 59 per le donne, quasi il 30% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, problema è comune a tutta l'Africa: pochi, tra quelli che governano, hanno a cuore l'interesse di tutti. Democrazie ancora giovani, governi militari, corrotti, o instabili: su 100, 10 soltanto pensano al popolo e non soltanto a se stessi, ad arricchirsi sempre di più. Quando sono là, riempio la macchina di cose da mangiare, vestiti, giochi per i bimbi, e distribuisco ai poveri del mio quartiere. Ma non mi piace parlarne. Io so cosa devo fare, ma non vado in giro a dirlo».