Sotto la lente - Juve, il difficile viene adesso!

12.12.2014 02:05 di Carmen Vanetti Twitter:    vedi letture
Sotto la lente -  Juve, il difficile viene adesso!
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Il primo grosso ostacolo di stagione è superato. Dopo i balbettii di Madrid e Atene, con due vittorie a spese dei greci a Torino e degli svedesi a Malmoe i bianconeri avevano recuperato il terreno perso e nella gara 'decisiva' è bastato un pari a reti inviolate, contro un Atletico tranquillo perché già qualificato, per blindare quel passaggio agli ottavi che lo scorso anno era svanito nel pantano di Istanbul.
Un bel risultato per Allegri che, pian piano, sta rimodellando il gioco della Juve a sua immagine e somiglianza, visto che la sua idea di gioco è tatticamente diversa da quella di Conte; per non parlare di quanto i due siano diversi caratterialmente; e dunque il lavoro del nuovo mister ha necessariamente avuto anche un importante risvolto psicologico.
Anche con la tifoseria, inizialmente poco fiduciosa nel tecnico livornese, non tanto e non solo per l'affetto e la stima che la legava a Conte, ma per l'innovazione introdotta dai nuovi schemi, tanto distanti da quelli che avevano portato tre anni di successi, almeno in Italia; e anche per le beccate di Allegri nei confronti della Juve ai tempi della sua militanza in rossonero.
Massimiliano Allegri ha risposto con un atteggiamento molto professionale e misurato, lasciando che fossero i risultati a parlare per lui; e per ora i fatti  gli stanno dando ragione, anche se il difficile viene adesso.
E qui voglio aprire una parentesi: trovo estremamente deleterio e sciocco che si continui a parlare della dicotomia Conte-Allegri; anche perché la Juve non è solo il suo allenatore e le sue fortune dipendono da chi scende in campo e quindi, in ultima analisi, dalle scelte fatte dalla proprietà  e dalla dirigenza in materia di investimenti per l'organico e di competenza nel mare magnum e spesso infido del calciomercato.
Antonio Conte ha guidato la Juve per tre stagioni indimenticabili: era l'uomo giusto, anche caratterialmente, per trascinare la squadra fuori dalla palude in cui l'aveva cacciata Calciopoli; adesso il suo destino è altrove, e lo stesso Conte dovrà essere il primo a entrare appieno nel suo ruolo. Anche qui da mettere al bando al più presto dispettucci e ripicche tra club ed ex allenatore, in merito agli incroci pericolosi tra ct e Juve. Le strade si sono separate e ognuno ha adesso il suo ruolo, cui tener fede nel modo più professionale e spassionato possibile. La Società bianconera, senza nessun malanimo o ostracismo nei confronti del suo ex dipendente, non può né deve mutare  la sua posizione nei confronti della Nazionale in tema di stages; e Conte dovrà prendere atto di qualcosa che già sapeva quando ha firmato il contratto con la Figc: non sarebbe stato l'allenatore degli azzurri, ma solo il selezionatore; se il campo e il lavoro quotidiano gli mancano tanto (e c'è anche da credere che sia così, visto il personaggio), faccia un passo indietro e torni all'antica professione, mettendosi in attesa di una panchina libera; per la verità è un qualcosa che si ventila in questi giorni sui media, che parlano di un Conte irritato perché può avere a disposizione i giocatori solo nell'imminenza delle partite; ma è regolare che sia così, perché i calciatori li pagano i club e le rappresentative nazionali di tutto il mondo si avvalgono delle finestre regolamentate dalla Fifa.
Chiusa la parentesi Conte, rimane quello che ci aspetta d'ora in avanti: "Possiamo ancora migliorare, ce ne sarà bisogno dagli ottavi in avanti", ha detto Pavel Nedved. Eh sì, se la Juve vuole entrare stabilmente nelle otto big d'Europa, come disse Agnelli, occorrerà migliorare; e potrebbe non bastare se il sorteggio non sarà clemente e ci metterà di fronte alle vere corazzate, ancora lontane anni luce.

Occorrerà migliorare qualitativamente l'organico, anche se nel mercato di riparazione è impresa assai ardua; ma qualcosa bisognerà fare perché quest'estate qualcosa è sfuggito: Evra e Romulo, per motivazioni diverse, non danno le necessarie garanzie, Pereyra è un buon elemento con margini di crescita ma non uno che fa la differenza. E, tenendo conto del fatto che Barzagli è ancora lontano dal recupero e che anche Asamoah mancherà a lungo, la coperta si è ulteriormente accorciata.
C'è da lavorare, sul mercato (ponendo già le basi per un mercato estivo più orientato sulle scelte tecnico-tattiche del nuovo tecnico), ma anche  sui campi di Vinovo, per completare il lavoro di assimilazione dei nuovi schemi, affinché diventino quasi automatici come lo erano quelli contiani: meno grinta più ragionamento e convinzione, "ha portato più sicurezza e consapevolezza nell'affrontare queste partite", così Nedved promuove Massimiliano Allegri. Ma il mister, così come Nedved, sa che il difficile viene adesso: perché il livornese è chiamato a confrontarsi non con il fantasma di Conte, ma con la storia della Juve.
Perché è cambiato il tecnico, ma quella che non deve cambiare è la filosofia della Juve: fatti tanti, parole poche, quelle giuste.
In contrapposizione ai rivali giallorossi: da parte loro parole tante, fatti pochi. A loro Nedved ha già avuto modo di rispondere, all'epoca delle polemiche dopo Juve-Roma, dopo le sgangherate dichiarazioni del capitano romanista. E Pavel l'altroieri ha ribadito: "Ai romani di risposte ne abbiamo già date tante, parliamo meno di loro ma lavoriamo di più e i risultati si vedono".
E allora al lavoro, nella speranza che l'anima mai doma della Furia ceca riesca a prevalere nei destini della Juve, ricacciando il più possibile nelle retrovie il pallido e arido interesse della proprietà.