Sotto la lente - Il testamento di Abete

25.07.2014 01:00 di  Carmen Vanetti  Twitter:    vedi letture
Sotto la lente - Il testamento di Abete
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© foto di Giacomo Morini

In cauda venenum.

E così il dimissionario (parziale, perché lascia una carica su tre, con un bel calcio in faccia alla coerenza) Abete riprende, nel suo ideale testamento, il tema Calciopoli, annunciando in Consiglio Federale di voler affrontare, prima di lasciare lo scranno, qualche delicata questione pendente, "che non voglio lasciare a chi verrà dopo", ha precisato: intende cioè riesumare, pro domo sua, Calciopoli, attivando  gli uffici legali della Federcalcio perché si dia l'avvio ad un'azione di risarcimento danni in sede civile nei confronti di tutti i condannati di quella storiaccia, inclusi quanti, in Appello, hanno fruito della prescrizione.

Che Calciopoli sia una storia infinita ormai è chiaro, scontato.

L'errore commesso, la vergogna perpetrata e lo scandalo sportivo e giudiziario sono stati talmente gravi da segnare forse per sempre, in ragione delle loro conseguenze, sportive, economiche ed etiche (sì, proprio quell'etica presa a calci dalla Figc di Abete), il calcio e la giustizia del Paese.

Ma che a risuscitarla, in questi termini, sia Giancarlo Abete fa davvero specie. Infatti, come gli ha prontamente ricordato il 'guardiano del faro' Luciano Moggi dalle colonne di 'Libero', la parte della mammoletta poco si addice al presidente federale uscente: un paio di intercettazioni con l'esuberante Innocenzo Mazzini lo 'ritraggono' infatti assai interessato alle sorti della Fiorentina, in quell'anno coinvolta nella lotta per la retrocessione  e il cui salvataggio sarebbe poi stato misteriosamente ascritto a colpa di Moggi e Giraudo.

Vero che poi nell'estate 2006 Abete pensò bene di andare i lavare i suoi panni nella Sprea, il fiume di Berlino, ritornandone con una maschera illibata, aggrappato ad un trofeo conquistato con calciatori in buona parte provenienti da quella squadra che la giustizia domestica aveva appena retrocesso per aver vinto un campionato mai sotto inchiesta preceduto da un altro che le sentenze sanciscono come regolare.

Tornato presto in sella, alla testa della Figc è passato imperturbabile attraverso radiazioni scomparse, incompetenze dichiarate, Premiopoli, Scommessopoli e la morte di quell'etica che aveva assicurato non sarebbe mai andata in prescrizione: già... se fosse stata ancora viva, ma, ahimè, non era sopravvissuta  al colpo di grazia del documento di Palazzi che scoperchiava, con colpevole ritardo, gli illeciti che tanto si era brigato per tener nascosti.

Adesso si muove per la richiesta danni: anche se, in ogni caso, si dovrà attendere l'esito del terzo grado di giudizio, la Cassazione, cui gli imputati hanno fatto ricorso; e se badiamo alle sentenze di primo e secondo grado, con le loro motivazioni che sono, per  esempio nel caso di Moggi, un soggettivissimo giudizio sulla persona  anziché una disamina di prove concrete, un ribaltamento dell'esito dovrebbe essere nella logica delle cose. Se una logica spunterà mai in una Farsa che di logico e congruente non ha mai avuto alcunché. E comunque, stante il fatto che entrambe le sentenze dichiarano che il campionato sotto inchiesta fu in realtà assolutamente regolare ("non è emersa la concreta alterazione dei dati del campionato di serie A 2004/2005"), "il danno - precisano le motivazioni del secondo grado - va quantificato in relazione alla lesione di beni (lesione di immagine o morale ad esempio)".

Ergo, nel momento in cui dovesse emergere che Calciopoli è stata davvero quel "grande Imbroglio", quel "travisamento della realtà fatto passare per verità" raccontato dall'avvocato Maurilio Prioreschi nel suo '30 sul campo', a chiedere i danni, di immagine e non solo, dovrebbero essere quanti sono rimasti vittima di quello tsunami e ne hanno avuto le esistenze devastate.

Tanto per restare sui danni, ci sono i danni chiesti dalla Juventus, i circa 444 milioni di euro su cui dovrà pronunciarsi il Tar (prossima udienza 3 marzo 2015),  che, sempre nel suo testamento, lo stesso Abete ha brandito come arma di pressione nei confronti di Andrea Agnelli, reo di essersi trovato in rampa di lancio per essere eletto consigliere federale in rappresentanza della Lega di serie A; in conflitto con l'art. 29 comma 1 dello Statuto che pone condizione quella di non avere controversie in corso con il Coni o la Federazione.

Ma il problema alla fine non si porrà perché di fronte al Ta-vecchio che, guidato dai gattopardi, avanza  minaccioso  e a passi spediti verso il trono Agnelli ha deciso di non candidarsi per il Consiglio Federale: una lotta, una corsa alla poltrona, anche questa, che dimostra, per l'ennesima volta, come i dinosauri del pre-2006 sono riusciti a sopravvivere  all'asteroide di Calciopoli e alla successiva glaciazione.

In ogni caso chi si illudeva di aver messo la pietra tombale su Calciopoli è servito: c'è un passato che, per dirla sempre con le parole di Prioreschi, "torna a galla come i cadaveri in certi film horror, in laghetti in cui pensavi di averli fatti affondare con un peso al collo".