Sotto la lente - Benzina sul fuoco
Gli strascichi di Juve-Roma sembrano non finire mai.
E questo non fa che avvalorare l'ipotesi che fossero preordinati, nel caso di un risultato non favorevole ai giallorossi.
Perché altrimenti non c'è nulla di logico nel giudicare la "madre di tutte le partite" una gara della sesta giornata di andata.
La scintilla è stata accesa nell'immediato dopopartita da colui che pochi giorni prima aveva ricevuto dai media l'investitura a leggenda vivente del calcio italiano (evidentemente diventato uno sport per lama), quel Francesco Totti totem e bandiera romanista, che aveva scagliato dichiarazioni di una gravità inaudita, tenendo conto della rilevanza mediatica del personaggio e del clima già violento che purtroppo avvelena il nostro calcio: "Ho sempre detto che loro dovrebbero fare un campionato a parte, perché tanto vincono sempre, o con le buone o con le cattive. Purtroppo sono le immagini che parlano chiaro. Non sono solo io ma tutta Italia potrebbe dire le stesse cose che dico io".
Affermazioni amplificate e avallate da sguaiati opinionisti, che ne avevano fatto il loro cavallo di battaglia, da autentici perdenti all'insegna del mantra "chi vince (e la Juve lo fa spesso, sempre più spesso, troppo spesso, ndr) è favorito dagli arbitri".
Di fronte alle repliche fermissime ma misurate da parte bianconera, con Marotta, Nedved, Buffon e Allegri, miranti a sottolineare quanto sia difficile giocare o lavorare per una Juve sempre nel mirino perché vincente (e l'invidia ha già partorito Calciopoli), e di fronte anche al saggio invito ad abbassare i toni da parte del presidente giallorosso Pallotta, la trucida canea è però continuata.
E ha trascinato con sé più di un intervento inteso a resuscitare (magari a replicare) Calciopoli da parte sia di pseudobianconeri in modalità Smile (tipici esemplari Travaglio, Zeman, Boniek e Di Pietro) sia da parte di romanisti (in stile coatto) sia da parte di quotidiani sportivi avvezzi istigare il sentimento popolare titillando i peggiori istinti delle masse.
Ed ecco il Corriere dello Sport sventolare un minaccioso "di Juve-Roma parleremo sino alla fine della stagione". E, vedendo il pregresso del goal di Turone, il sospetto che se ne abbia a parlare addirittura per anni è più che fondato; mentre il 'goal di Peluso' o il fallaccio di Totti su Pirlo sono caduti nel dimenticatoio alla velocità della luce.
Ed ecco la Gazzetta ospitare una lunga quanto astiosa, venefica e aggressiva intervista di Morgan De Sanctis, il portiere giallorosso già balzato lo scorso anno sugli altari dell'anti-juventinità quando con Totti aveva strillato al 'sistema' che avvantaggiava la Juventus ai danni della Roma.
Poi nel pomeriggio il direttore della rosea, viste le reazioni esacerbate del popolo juventino attivissimo sul web a deplorare la pubblicazione di tale intervista, aveva spiegato come ritenesse dovere del suo quotidiano (ricordiamo che nel 2006 la gazzetta si era data come mission quella di orientare l'opinione pubblica) pubblicare interviste con i protagonisti dello sport, senza per ciò stesso sentirsi responsabile di quanto dicono né tenuto a censurarli.
In una situazione di normalità ci potrebbe stare, se non fosse che, in una situazione come quella attuale, in cui il tifo pseudocalcistico è divenuto ricettacolo di odio al punto da causare morti e feriti, sarebbe quanto meno doveroso evitare di ospitare interventi che già si può tranquillamente prevedere forieri di sentimenti negativi; le dichiarazioni pregresse del portiere giallorosso non erano certamente ignote in gazzetta e le domande che mantenevano costantemente il focus dell'intervista sulle polemiche conseguenti a Juve-Roma non potevano che fare il resto.
La Gazzetta afferma che le tesi di De Sanctis sono discordi dalla linea del quotidiano (invano proteso a riacquistare lettori bianconeri, per fermare l'emorragia di vendite; ma dopo il 2006 è un'impresa disperata); ma resta il fatto che non si è fatto nulla per prenderne le distanze, seppur riportandole nella loro interezza, come lo stesso De Sanctis aveva esplicitamente richiesto: "Senta, domani sul giornale voglio leggere tutto quello che le dirò. Non tolga nulla": una specie di dichiarazione di guerra in piena regola.
E il fatto che Morgan De Sanctis sia il rappresentante degli atleti nel consiglio direttivo della FIGC, anziché dare autorevolezza alle sue parole, ne toglie al consiglio direttivo stesso, se uno dei suoi membri, che si vocifera destinato a far carriera, una volta appesi gli scarpini al chiodo, proprio in quegli ambiti, si permette, senza senso della misura, di rilasciare dichiarazioni con questi toni belligeranti.
Sarebbe semmai il caso di riflettere se sia personaggio adeguato a ricoprire ruoli tanto delicati e che richiedono moltissimo equilibrio, estrema ragionevolezza e capacità di mettere da parte le passioni, i risentimenti e le invidie personali in vista del bene dell'intero movimento.
Se questo è il clima che si vuole intorno al calcio, non si andrà molto lontano.
Qualcuno prima o poi fermerà questa follia collettiva che ha portato morte, ferimenti, guerriglia, devastazioni, assalti ai bus (il pullman della Juve è stato ripetutamente bersagliato con lanci di sassi in più occasioni, a Bologna, a Firenze, a Roma, a Napoli), oltraggi a vittime innocenti e tutte le brutture di cui siamo costantemente testimoni.
Ma non sarà colpa solo di Genny la Carogna o dei suoi epigoni, una grave responsabilità la porteranno sulla coscienza quanti continuamente gettano benzina sul fuoco, trasformando una sana rivalità sportiva, con tutti gli sfottò che sono sempre esistiti, in una guerra senza quartiere, dove a farla da padrone sono i peggiori sentimenti.
E' bene che tutto ciò sia ben chiaro perché chi cerca di vendere una copia in più titolando a caratteri cubitali "De Sanctis a valanga sulla Juve", poi, una volta che il disastro si è materializzato, non si presenti con la faccia pulita stilando 'radiografie del tifo', scrivendo 'Questo calcio non lo riconosco più', 'calcio infetto', e facendosi latore di 'proposte dure' per riportare anche i bambini allo stadio (che poi guai se indossano la maglietta sbagliata).
E' giunto il momento in cui ognuno si deve assumere le proprie responsabilità: vale per chi governa il mondo del calcio e tollera tante e nefandezze in parole, opere e omissioni, vale per chi deve/dovrebbe dimostrare la propria abilità sul prato verde, quello che dice sempre la verità, e non davanti a microfoni e telecamere compiacenti, vale per i media che devono badare a fare informazione corretta, onesta e coscienziosa e non a orientare, fomentare, per poi gridare allo scandalo quando la frittata è fatta. Vale naturalmente anche per il semplice tifoso che deve imparare a distinguere tra chi ha a cuore i veri valori del calcio e dello sport e chi invece lo manovra e strumentalizza come una marionetta, per fini propri.
Altrimenti la sorte del gioco più bello del mondo è purtroppo segnata.