Marotta conferma Allegri. A questa Juve manca solo un tassello. I perché del voto a Tavecchio: buon lavoro, Carlo Magno

Nasce a Bari il 23.02.1988 e di lì in poi vaga. Laurea in giurisprudenza, titolo di avvocato e dottorato di ricerca: tutto nel cassetto, per scrivere di calcio. Su TuttoMercatoWeb.com
07.03.2017 00:30 di Ivan Cardia Twitter:    vedi letture
Marotta conferma Allegri. A questa Juve manca solo un tassello. I perché del voto a Tavecchio: buon lavoro, Carlo Magno

"Allegri non si muove". Ci ha pensato Giuseppe Marotta a chiarire lo stato dell'arte relativo alla panchina della Juventus. Parole abbastanza chiare, a fugare i venti di un addio che per alcuni è certo e per altri molto meno. Una settimana fa, scrivevo che la Juve dovrebbe continuare con Massimiliano Allegri. Almeno a parole, Marotta sembra dello stesso avviso. Se siano dichiarazioni da prendere come oro colato o coi piedi di piombo, è ancora da capire. In estate, è già tutto apparecchiato per il gran ballo degli allenatori. Di sicuro cambierà la Fiorentina, quasi certamente anche il Napoli e pure l'Inter se riuscirà a piazzare il colpo da novanta, con buona pace di Pioli che non si capisce cosa dovrebbe fare di più. Juventus e Roma sono però quelle che dovrebbero dare il via alle danze: tanto, quasi tutto, dipenderà proprio da Allegri. Vista dal suo punto di vista, l'Arsenal può anche essere l'occasione per provare l'ebbrezza della Premier, ma in tutta franchezza sarebbe un bel passo indietro a livello sportivo. Discorso diverso se ci provasse il Barcellona, che però al momento pensa a qualcosa di meno rivoluzionario che un allenatore italiano. 

Nel frattempo, c'è il campo che parla e c'è il primo pareggio della Juve in questo campionato. Non è un campanello d'allarme, ma la testimonianza dell'ultimo tassello che manca a questa squadra. Abituata a dominare, può faticare se si tratta di cambiare passo e Pjaca non risolverà tutto in ogni situazione. Morale della favola: le cinque stelle vanno bene, ma sarebbe utile tenerne un'altra di riserva nel caso non brillino sin dall'inizio. È la scommessa di Allegri, è il suo azzardo e fin qui lo sta vincendo, però non sarebbe male aumentare le carte a propria disposizione. A costo di essere ripetitivo. 

Uno sguardo al contesto: le parole di Marotta arrivano a margine della rielezione di Carlo Tavecchio, un evento difficile da giudicare. A partire dal voto della Juve: sembrava dalla parte di Abodi, sostenuto contro Beretta già in occasione della campagna elettorale per la Lega di A, infine ha votato per il presidente rieletto. Che è nato come emanazione di Lotito ma ha dimostrato di poter essere qualcosa di diverso. La sua vittoria era più o meno scritta. Un po' perché Abodi si è candidato tardi e con un programma molto enfatico ma poco concreto. Un po' perché in fin dei conti Tavecchio non ha combinato i disastri che ci si aspettava. Come Lotito, a volte ha delle uscite difficili da mandare giù. In alcuni casi, anche peggio: la frase su Opti Oba, per esempio, in quasi ogni altro Paese europeo sarebbe stata da dimissioni immediate. Però siamo in Italia e sappiamo sorvolare come nessun altro Paese. Un po' grazie all'ottimo lavoro di Uva, vero deus ex machina della FIGC e pure del convincimento bianconero (dettato anche da Andrea Agnelli, che forse non è così prossimo a lasciare come si scrive in giro), un po' perché alcune delle cose che dice Lotito le pensiamo tutti ma non abbiamo il coraggio di dirle, Tavecchio ha tenuto botta. Promettere 30 milioni alla B per evitare che i voti vadano ad Abodi, per esempio, non è il massimo del politically correct, ma è una mossa da vecchia volpe della politica. Ora Tavecchio ha il compito di fare quello che non ha fatto sinora: cambiare il calcio. Le seconde squadre, molto care alla Juve, sono uno degli strumenti; la riduzione delle società professionistiche, a partire però dalla A e non dalla Lega Pro, un obiettivo quasi inevitabile e non da mandare in soffitta. Dovesse fallire, in Lega Pro c'è Gravina, che sta lavorando bene e ha tutte le carte per diventare il prossimo numero uno della FIGC. Ha tanto lavoro da fare Carlo Magno: la Juve ha voluto avere fiducia, speriamo che abbia avuto anche ragione.