La partita più importante della stagione. Senza Higuain, con Kean: non chiamatelo nuovo Balotelli

Nasce a Bari il 23.02.1988 e di lì in poi vaga. Titolo di avvocato e dottorato di ricerca nel cassetto per scrivere di calcio, su TuttoMercatoWeb.com
22.11.2016 00:30 di  Ivan Cardia  Twitter:    vedi letture
La partita più importante della stagione. Senza Higuain, con Kean: non chiamatelo nuovo Balotelli

A volte trovare temi da analizzare è complicato. Per esempio quando c'è la sosta per le nazionali, che da queste parti non è troppo amata, si sarà capito. Si snocciolano numeri e statistiche con sedicente competenza, in attesa di avere qualcosa di concreto di cui parlare. Poi irrompe il campo e si prende tutta la scena, perché in una serata ci si gioca una stagione. Di fatto, per la Juventus è così. Ha ragione Massimiliano Allegri, quando dice che per il Siviglia la sfida diretta varrà qualcosa in più. Perché gli andalusi poi avranno il Lione mentre i bianconeri la Dinamo Zagabria, non proprio irresistibile all'andata. Però, al netto del comprensibile tentativo di scaricare sull'avversario tutta la pressione, anche per la Juve i novanta minuti del Sánchez-Pizjuán saranno determinanti. Dell'ipotesi secondo posto si è già discusso: non può essere considerato soddisfacente. Il mercato ha avuto una chiara impostazione, la costruzione della squadra è stata improntata in maniera decisa a un obiettivo. E per arrivarsi si passa dal primo posto nel girone. Poco male se poi rischi di incontrare il Real Madrid. Ci arrivi da primo, hai fatto il tuo dovere. È la gara più importante della stagione, almeno finora.

Senza Gonzalo Higuain. Gli infortuni stanno giocando un ruolo chiave in questo avvio di stagione a tinte bianconere. La speranza è che la Juve parta in difficoltà e chiuda in crescendo. A dirla tutta, per ora l'impatto delle assenze sui risultati è alquanto marginale nel complesso. Però arrivare a una partita così decisiva senza Higuain e Dybala è un problema, inutile girarci attorno. La fortuna può essere o no una componente di queste defezioni, la preparazione qualche colpa l'avrà pure. Fatto sta che, comunque, la Juventus al momento ha le alternative per sopperire a qualche problemi. O almeno, ha la qualità per farlo. Mario Mandzukic è trattato a volte come fosse l'ultimo arrivato, invece è un grande centravanti a livello internazionale. Ha l'occasione per ribadirlo, anche approfittando dei problemi degli altri. Con che modulo? L'idea di avere uno schema tattico rigido è da mandare nel dimenticatoio. Guardiola ha ripreso Chapman, lo ha modificato in salsa moderna, ha annullato qualsiasi convinzione sulla non modificabilità dei ruoli. Allegri non è Guardiola ma sa che fra 3-5-2 e 4-3-3 il confine è più labile di quanto non sembri. 

Con Moise Kean. Il primo ragazzo del 2000 a esordire in Serie A è una notizia, è la notizia di questi giorni. Ha tolto le prime pagine ai suoi colleghi più esperti. Gestire una simile pressione a 16 anni non è semplice. Per questo, va aiutato. In due giorni abbiamo scoperto tutto di questo ragazzo nato a Vercelli. Che ha come idolo Mario Balotelli, per esempio. Non benissimo, viene da dire. Però di per sé non vuole dire nulla. Qualunque giovane musicista ha come idolo Kurt Cobain o Jim Morrison, ma di solito riesce a superare i 27 anni. Se poi Balotelli va usato come termine di paragone, andiamoci cauti. Un po' perché potrebbe non essere una buona idea: SuperMario è per distacco il calciatore italiano più talentuoso da Cassano in poi. Però non ha raccolto il frutto di cotanto talento, conto in banca a parte. Almeno finora. Il paragone, poi, è anche un po' ipocrita. Perché finora di Kean abbiamo visto spezzoni di partitelle con la Primavera e sei minuti in Serie A. È ipocrita perché siamo ancora il Paese che non pensa a un calciatore di colore come a un italiano. Non si può dire ma lo diciamo lo stesso. A parte qualche affinità, più tattica che tecnica, il confronto nasce da lì, da questa ipocrisia di fondo. E allora, tanto vale dirlo: Kean non sia il nuovo Balotelli. A parte qualche affinità, più tattica che tecnica, il raffronto nasce tutto fuori dal campo. E lì dovrebbe restare. La Juve ha il dovere di tutelare un suo patrimonio. Raiola anche, perché tra Donnarumma e Kean ha in mano due gioielli ma non può puntare solo al guadagno. Il resto d'Italia, organi di stampa compresi, ha lo stesso dovere. Di proteggere un ragazzino di 16 anni ai primi passi tra i grandi. Di non andare in cerca di aneddoti sulla maglietta "Why always me" esposta in una partita giovanile. Di non caricare troppo peso sulle spalle di un giovanissimo. A 16 anni non si può guidare, non si può fumare e non si può bere. Figuriamoci se un sedicenne può essere il salvatore della patria in casa Juventus. Che perciò va a Siviglia con Kean, ma non ne deve cambiare e infatti non ne cambierà la gestione. Perché l'etichetta di nuovo Balotelli o di predestinato è troppo pesante da portare, meglio togliergliela di dosso. 

Da un giovane all'altro, piccolo passaggio su Rodrigo Bentancur. Nei giorni scorsi è circolato un documento relativo all'accordo tra Juventus e Boca Juniors. A parte che tutto sommato bastava guardarsi il comunicato bianconero sulla cessione di Tevez. Il 50% sulla futura rivendita di Bentancur da girarsi al Boca Juniors fa discutere. Juve succursale di altre e mai grande, verrebbe da dire. Una castroneria, perché di fatto vendendo Tevez la società bianconera ha gestito in maniera impeccabile un addio spinoso e ha messo le mani su alcuni ottimi talenti del vivaio Xeneize. A basso prezzo, qualcosina dovrà pur dare.     Il caso Morata è molto diverso, per esempio. In Sud America, che piaccia o non piaccia a chi fa le regole e poi chiude entrambi gli occhi, dominano i fondi. Che parlano di 20% o 70%, di percentuali e non valori tecnici. La Juve non è stata seconda al Boca nelle trattative. Ma si è dovuta inserire in un mercato complicato. E acquistare a 9,5 per poi rivendere a 40 (numeri a caso, ma neanche troppo) ricavando 20 non sarebbe un fallimento. Sarebbe un'operazione che porta a raddoppiare un investimento. Andate a chiedere a un qualsiasi broker se ritiene un'operazione del genere un errore. 

Chiusura sul campionato, che è sempre la prima passione ma è anche alquanto noioso. Lo spunto arriva dall'Uefa, che ha indicato 40 nomi per la top undici europea del 2016. Solo tre giocatori arrivano dalla Serie A: Buffon, Bonucci e Higuain, tutti e tre della Juventus. È la fotografia più nitida e impietosa dello stato dell'arte del nostro calcio. La Vecchia Signora domina ed è l'unica squadra di respiro internazionale del Bel Paese. Per merito di Marotta, Paratici e compagnia cantante. Ma anche e soprattutto perché le altre sono ferme al palo. Napoli e Roma sono, al momento, incompiute: hanno avuto tre-quattro anni in cui le milanesi hanno dormito e non sono riuscite ad approfittarne. Milan e Inter, in attesa dei più o meno promessi capitali cinesi, sono pronte a tornare al ruolo che compete loro. Per colmare il gap, però, servirà tantissimo tempo, forse troppo rispetto alla velocità cui evolve il pallone. Un campionato unico europeo è alle porte, Juve a parte le altre grandi della Serie A faticherebbero a salvarsi.