Barcellona sempre uguale e sempre diverso, Juve a un passo dal diventare grande. Allegri e una formazione da insegnare a memoria

Nasce a Bari il 23.02.1988 e di lì in poi vaga. Laurea in giurisprudenza, titolo di avvocato e dottorato di ricerca: tutto nel cassetto, per scrivere di calcio. Su TuttoMercatoWeb.com
11.04.2017 01:00 di Ivan Cardia Twitter:    vedi letture
Barcellona sempre uguale e sempre diverso, Juve a un passo dal diventare grande. Allegri e una formazione da insegnare a memoria


Se giochi ad armi pari ne prendi sei. Se ti difendi perdi con onore. È ancora questo il Barcellona? Parto dall'avversario, che è da qualche anno il parametro di riferimento per qualsiasi squadra europea si voglia definire grande. Così forte da essere quasi imbattibile, così veloce da essere quasi imprendibile. Gli scricchiolii, però, ci sono. Luis Enrique non è Pep Guardiola, nel bene e nel male. Non è così visionario né così totalizzante. Avvolge l'avversario, ma lo stritola in velocità, non con la calma che caratterizza le squadre del maestro e amico. Non vive di solo tiqui taca, ma di tanto contropiede. Inciampa, più di Pep: la débâcle dell'andata contro il PSG non è stata una fatalità, ma il passo falso di una corazzata che però qualche crepa ce l'ha. Sull'altro piatto della bilancia, il 6-1, sempre ai francesi: una dimostrazione di forza che quasi trascende il calcio. Més que un club, appunto. Altissimi e bassi: l'ultimo tonfo, in campionato contro il Malaga. Vuol dire poco, in ottica Champions: l'Inter del triplete perdeva quasi sempre prima delle gare continentali. Ma il Barcellona non perdeva mai. E invece ora qualche volta perde. Il Barcellona era una filosofia. E invece ora Messi ostracizza parte dello spogliatoio.
Il punto, per arrivare alle vicende di casa Juve, è che si può prescindere dallo scoprire che squadra sia il Barcellona. Ce ne si può, perdonate il francesismo, fregare. Anche perché vi è da capire in primo luogo che squadra sia questa Vecchia Signora. Il circo, ha ragione Allegri, lo lascia agli altri: decine di passaggi per fare un gol sono pure poesia (e pura poesia), ma nel calcio convince chi vince, chi si limita a divertire al massimo si fa quattro risate.

Che i bianconeri giochino male, però, è un altro equivoco: il calcio è opinione. Si può essere stupendi coprendo 100 metri di campo con quattro passaggi, oppure bruttissimi con 100 passaggi nella propria trequarti. La Juve non gioca male, in assoluto. Non gioca neanche nel migliore dei modi possibili. Non gioca, questo ciò che è mancato finora, al massimo del proprio potenziale. Se vai in campo con quattro tenori devi cantarla dall'inizio alla fine. Se a centrocampo metti Pjanic devi coprire il campo come fossi una fisarmonica per offrirgli spazi ove mandare la palla.
È un'identità chiara, quello che manca a questa squadra. È cacciatrice oppure preda? È votata al dominio o al contropiede? Può persino essere entrambe, ma deve capire a fondo le proprie potenzialità. E poi può andare lontanissimo, alla ricerca della propria dimensione. Che è quella lì, delle grandi o meglio delle quasi-grandi. Col Barcellona si parte con un 30-40% possibilità di passaggio del turno: non è tanto, ma due/tre anni fa non vi era una possibilità su dieci. È qualcosa da ricordare a chi sottovaluta questa squadra, ma anche a chi la sopravvaluta. Di tattica non ho detto quasi nulla, perché di come andranno le squadre in campo c'è poco da scrivere. Anche qui, la Juve è a un passo dal diventare grande: ha una formazione tipo, seppure con qualche possibile variazione sul tema. In fin dei conti, è quella la grandezza di una squadra: la formazione della Grande Inter la ricordiamo tutti a memoria. Lo stesso dicasi per il Milan di Sacchi, per la Juve di Lippi. Il Barcellona è uguale a se stesso da qualche anno a questa parte. Ecco, ad Allegri si potrebbe chiedere questo: vincere è un dettaglio, un rimbalzo fortunato. Però può insegnarci a memoria la formazione di questa Juve. A partire da stasera.