Allegri e il gran ballo dei sottovalutati. La Juve e la Champions, per la prima volta da favorita. Marotta, tieni Dybala e prendi Schick

Nasce a Bari il 23.02.1988 e di lì in poi vaga. Laurea in giurisprudenza, titolo di avvocato e dottorato di ricerca: tutto nel cassetto, per scrivere di calcio. Su TuttoMercatoWeb.com
25.04.2017 00:00 di Ivan Cardia Twitter:    vedi letture
Allegri e il gran ballo dei sottovalutati. La Juve e la Champions, per la prima volta da favorita. Marotta, tieni Dybala e prendi Schick


Il Barcellona non era poi così finito. L'abbiamo riscoperto domenica sera, al termine di un Clàsico che ha riportato alla ribalta la squadra più forte del terzo millennio, seppure in fase calante. Il gioco delle parti, spesso, porta a mal valutare meriti e demeriti. Gli zero gol in 180 minuti subiti dalla Juventus nel doppio confronto coi ragazzi di Luis Enrique avevano fatto pensare che dietro quel risultato vi fossero più colpe blaugrana che meriti bianconeri. Le cose non stanno proprio così, la serata del Bernabeu l'ha dimostrato a chi ne avesse ancora bisogno. Meriti della Juve, meriti di Massimiliano Allegri. A Torino il tecnico continua a non raccogliere l'entusiasmo della gente: bravo, si dice, però non emoziona. Sarà. In due anni ha vinto due scudetti e due volte la Coppa Italia, più una finale di Champions con una squadra molto meno competitiva di quella odierna. E quest'anno è ancora in corsa su tutti i fronti, anzi per il terzo scudetto siamo al 95% del lavoro. Cosa gli si poteva chiedere di più? La verità è che Allegri resta, per motivi del tutto incomprensibili, un sottovalutato. Ha preso il lavoro di Conte e ne ha migliorato i risultati. Ha risolto qualsiasi dilemma tattico un paio di campagne acquisti non proprio coincidenti alle richieste gli abbiano prospettato. In generale, per fortuna, gli vengono riconosciuti i giusti meriti. Però sembra sempre che debba fare qualcosa in più e non si capisce mai cosa. 


Si inserisce, da questo punto di vista, alla perfezione nel lotto delle semifinaliste di Champions. Il Monaco, per esempio, è stato accolto con favore. E siamo pure d'accordo, perché delle quattro i monegaschi sono quelli con i limiti più evidenti, difesa su tutto. Però attenzione a sottovalutarne la voglia e gli interpreti: non solo Mbappè, che è un fenomeno, ma i vari Falcao, Bakayoko, Fabinho saranno tutti clienti difficili da gestire. Sottovalutati come l'Atletico Madrid di Simeone, che da anni fa le nozze con i fichi acerbi. Mette in campo la squadra più continua d'Europa e tutti guardano Griezmann. Ogni anno tutti sperano di incontrare i Colchoneros e poi rimangono scottati. Delle quattro, per capirsi, l'Atletico era la squadra che avrei voluto evitare. Troppo simile alla Juve nella cattiveria agonistica, non lascia spazi e quando riparte è micidiale. I bianconeri, difatti, stanno imparando a condurre il gioco anche quando devono guidare le danze, ma quello resta ancora il punto da migliorare della squadra. Il Real Madrid, poi, meriterebbe un capitolo a parte. Sottovalutare le merengues è impossibile per la loro storia, però ci si riesce. Di Zinedine Zidane, per esempio, ci ricordiamo le gesta in campo, ma un po' tutti lo consideriamo un raccomandato della panchina. Sarà anche in parte vero, perché non tutti iniziano dalla vetta del calcio mondiale, però il francese ha colpi da fuoriclasse anche fuori dal rettangolo verde. Magari non a livello tattico (e qualcuno però dovrebbe vedere cosa fa Casemiro), ma gestire uno spogliatoio del genere non è roba per tutti. Lui ha imparato dai migliori, Ancelotti e Lippi su tutti, chissà che un giorno non lo si veda dalle parti di Vinovo. 


Semifinali per sottovalutati, quindi. Via Barça e Bayern, ma attenzione a tutti. E la Juventus, per la prima volta da Calciopoli, arriva da favorita. Non al singolo confronto col Monaco, dove il ruolo non è una novità. Ma alla vittoria finale. I bianconeri hanno mostrato il calcio più solido della competizione, di fatto hanno già vinto il campionato, arrivano in finale senza un attimo di esitazione. È un cammino immacolato che impressiona e che dà responsabilità. Dovrà essere bravo Allegri, ancora una volta, a gestire questo nuovo ruolo. Tenere alta la tensione senza scivolare in un sentimento d'onnipotenza. Perché la Juve, anche se sta scalando le gerarchie, resta espressione del calcio italiano, in crisi a livello continentale. Ha tutto da dimostrare, ha pure una mezza maledizione da sconfiggere. 


Di mezzo c'è il campionato, con uno scontro con l'Atalanta difficile ma sul quale si può anche soprassedere. Poi ci sarà il mercato, sul quale chiudiamo. Partendo da Paulo Dybala: l'argentino è l'uomo copertina della Champions, si è preso e meritato il ruolo di nuovo Messi, per la prima volta da dieci anni a oggi ha offerto un rivale serio al binomio Lionel-CR7 per la vittoria del Pallone d'Oro. Tutto bellissimo, però ad agosto sentiremo sirene da ogni parte. Non solo il Barcellona, che al momento non saprebbe dove metterlo. Ci sarà il Real Madrid, ci sarà il Manchester United e forse anche il City. Ci sarà il gotha del calcio mondiale, sulle sue tracce. Detto che il rinnovo dà già segnali in un certo senso, la Juve, quest'estate o magari la prossima, si troverà davanti a un bivio. I 100 e rotti milioni per Pogba erano pressoché irrinunciabili, su Dybala si potrà fare un ragionamento diverso. Cederlo a un prezzo superiore (130, forse 150) darebbe un'ulteriore accelerata al fatturato bianconero. Tenerlo, però, vorrebbe dire che la Juventus è diventata davvero grande. Che può permettersi di scegliere di tenere uno dei primi cinque giocatori al mondo, rispondendo alla pari alle big d'Europa. Non è detto che sia possibile, ma sarebbe davvero il salto di qualità. Per il resto, un ultimo consiglio alla premiata ditta Marotta-Paratici: prendete Patrik Schick. Forse non è pronto, forse non si saprebbe dove metterlo, magari l'anno prossimo potrebbe rimanere alla Sampdoria in prestito. Però è un calciatore vero, non un semplice giocatore. Uno di quelli, per capirsi, che nascono una volta ogni tanto.