Gli eroi in bianconero: Pasquale VIVOLO

Pionieri, capitani coraggiosi, protagonisti, meteore, delusioni; tutti i calciatori che hanno indossato la nostra gloriosa maglia
06.01.2017 10:30 di Stefano Bedeschi   vedi letture
Gli eroi in bianconero: Pasquale VIVOLO
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Il campionato, alla fine degli anni Quaranta, assomiglia parecchio a una grande Legione Straniera e anche i campioni nostrani più genuini, faticano ad affermarsi: uno di questi è Pasquale Vivolo da Brusciano, provincia di Napoli, La Cremonese ha fiducia in questo ragazzo di tecnicamente molto dotato, poco più che ventenne, e nel 1948 gli dà spazio. Alla Juventus lo tengono subito d’occhio e, nell’estate del 1949, il ragazzo sbarca a Torino con prospettive, a dire il vero, non esaltanti: davanti a lui ci sono autentici campioni come Præst, Hansen, Boniperti e Muccinelli, e non è facile farsi largo. Ma Vivolo ha un carattere d’oro e un talento purissimo: si fa voler bene e sa tenersi pronto ogni volta che il mister lo chiama. Così, da attaccante esterno o più spesso da centravanti puro, colleziona dieci presenze e una rete nell’anno del debutto, che è anche quello del ritorno dello scudetto, dopo la bellezza di quindici anni.
Vivolo non è un primattore, ma si capisce che ha la stoffa e viene confermato. E le presenze salgono a sedici nel 1950-51, con due goal all’attivo. Ma è il campionato 1951-52 quello della piena affermazione del ragazzo napoletano. Complici alcuni infortuni dei titolari, Pasquale gioca diciannove partite e segna ben dodici reti, con una media pazzesca, ben oltre mezzo goal a gara. Un contributo, stavolta, davvero decisivo alla conquista del nono scudetto, il secondo per Vivolo.
Che si conferma un grande bomber di razza anche l’anno successivo, secondo cannoniere della squadra con ben sedici reti in ventidue partite. Nell’estate del 1953 passa alla Lazio e continua a segnare a ritmi impressionanti, meritandosi anche qualche gettone con la Nazionale.
Lusinghiero il suo bilancio juventino: in quattro stagioni, due scudetti, sessantasette partite e trentuno reti.

VLADIMIRO CAMINITI
A Vivolo toccò di tastare con mano la sua impossibilità, lo chiudeva niente poco di meno Boniperti, lui centravanti dotato di stile e di tecnica, che carezzava ma anche scudisciava il pallone, visse l’avventura con animo ilare, dieci presenze e un goal nel campionato di tutta la gloria, impossibile fare di più con una concorrenza così stellare.
Sedici presenze e due goal nel campionato successivo, quando si guasta l’armonia, e Milan e Inter soppiantano in campionato i bianconeri, Jesse Carver ha oramai stancato con i suoi metodi la truppa, ed è in arrivo un ungherese blando ma non fesso, dall’educazione sublime, dalla competenza altissima: Sárosi.
L’uomo che si può chiamare il fidanzato d’Italia, cioè Boniperti, ostruisce i veri spazi vitali dell’attaccante di Brusciano, nel campionato 1951-52 può finalmente esprimere tutte le sue risorse, gioca diciannove volte e va in goal sedici, non ci sono soltanto i due Hansen e Boniperti, non c’è soltanto l’inafferrabile Muccinelli farfalla variopinta della finta e dello scatto, o l’inarrestabile Præst, e certe lezioni di Sárosi il blando e il sublime vanno a destinazione, la squadra si muove coralmente, va a segno anche con Mari, con Parola, con Caprile.
Vivolo è solo, nella storia della Juventus. Più di lui hanno giocato l’altro Pasquale, il pugliese Bruno, e anche Vecchina, Barale e Grabbi, con il senno di poi uno si chiede: avrebbe potuto fare di più, figurare di più Vivolo in quella compagnia stellare? Forse no. Giorgio Sárosi aveva a disposizione diciannove assi, doveva sceglierne undici che solo l’infelice Bepi Moro aveva discusso. Si dovette ai suoi metodi già moderni, al suo senso del goal sociale, cioè collettivistico, se Pasquale Vivolo trovò posto, e andò in campo sessantasette volte in tre stagioni.