Gli eroi in bianconero: Cristiano ZANETTI

Pionieri, capitani coraggiosi, protagonisti, meteore, delusioni; tutti i calciatori che hanno indossato la nostra gloriosa maglia
10.04.2016 10:38 di  Stefano Bedeschi   vedi letture
Gli eroi in bianconero: Cristiano ZANETTI
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© foto di Federico De Luca

Nasce a Carrara, il 14 aprile 1977. Tira i primi calcia nel Poggioletto, prima di essere notato, a soli undici anni, dalla Fiorentina; fa il suo esordio in Serie A, con la maglia viola, il 14 maggio 1995 in Foggia-Fiorentina, terminata 2-1: «Mi hanno comprato subito. A quei tempi giocavo più avanti, dietro le punte, ma solo per i primi tempi. Poi, già a quattordici-quindici anni, sono diventato un centrale a tutti gli effetti. Il fatto è che a quei tempi il rifinitore stava un po’ sparendo. Tutti giocavano con il 4-4-2 e cosi mi sono dovuto adattare». La sua carriera è costellata da tanti trasferimenti: dal 1993 al 1996 gioca nella Fiorentina passando poi al Venezia. Nel 1997-98 gioca titolare nella Reggiana in Serie B e la stagione successiva, approda all’Inter. In maglia neroazzurra non trova posto e in autunno è dirottato in prestito a Cagliari.
L’Inter riscatta il suo prestito al termine del campionato 1999-2000, ma Fabio Capello lo vuole alla sua corte nella Roma e, in agosto, si trasferisce nella capitale dove, vince il suo primo scudetto: «Non so se come rendimento quelle siano state le mie migliori stagioni, ma sicuramente mi sono tolto delle belle soddisfazioni. Sono entrato nel giro della Nazionale e questo mi ha poi permesso di disputare Mondiali ed Europei. Anche il tipo di gioco che facevamo, con gli attaccanti esterni che dovevano spesso rientrare, mi permetteva di mettermi in mostra. Basti dire che, prima dell’arrivo di Emerson, giocavo a fianco di Tommasi e, in fondo, il regista ero io».
Nel 2001, nel pieno della maturità, torna all’Inter, dove resta per cinque stagioni. Le prime con Cuper è titolare indiscusso, ma i numerosi infortuni e l’arrivo di Davids, Verón e Cambiasso, durante la gestione Mancini, gli precludono il posto da titolare: «Beh, a Milano ci sono sempre stati grandi attaccanti e, per mantenere il giusto equilibrio e non scoprirsi in difesa, i centrocampisti dovevano sacrificarsi di più. Oh, sia chiaro: uso il termine sacrificarsi perché e oramai nel gergo comune, ma in realtà non mi è mai pesato correre anche per gli altri. Anzi, devo dire che mi è servito: ora credo di essere più smaliziato nel recuperare il pallone, nei compiti di marcatura, anche se a volte ho dovuto rinunciare alla gloria personale. Prima comunque viene la squadra: io il calcio l’ho sempre inteso così».
Quando gli impegni calcistici glielo permettono, torna a Massa, nel suo stabilimento balneare: «Il mio babbo aveva un negozio di alimentari, ma questo è sempre stato il suo sogno. I primi soldi guadagnati come calciatore li ho investiti qui. Giuseppe, mio fratello minore, non fa il calciatore, al massimo qualche tiro a calcetto. Ho anche una sorella più piccola, Giulia. Appena ho un attimo di tempo torno da loro, dalla mia famiglia. A casa sto bene e poi questa è un posto meraviglioso: il mare di fronte, le montagne a due passi. Non so immaginare di meglio».
Nel 2006 si trasferisce, a parametro zero, alla Juventus, accettando di giocare in Serie B con i bianconeri, con cui vince il campionato cadetto, tornando in Serie A: «Avevo scelto di andarmene da Milano non per qualche problema con la società, ma perché avevo ambizioni che all’Inter sembravano irrealizzabili. Volevo di più ed ho scelto la Juventus, perché sapevo che qui avrei trovato quello cercavo. Poi, è successo quello che è successo e ricominciare da zero non è stato uno scherzo. Ma non ho mai avuto rimpianti. Mai. Lo dico con il cuore, qui sono felice. Sono nel posto giusto al momento giusto».
Inizialmente considerato come riserva, si conquista la fiducia dell’allenatore Claudio Ranieri e, complice anche lo scarso rendimento degli altri suoi compagni di reparto a inizio stagione, fa sua la maglia da titolare nel centrocampo bianconero, dimostrando di saper unire le sue grandi doti di interditore a un’ottima visione di gioco, che lo rende capace di alcuni spettacolari assist dalla distanza per gli attaccanti bianconeri. Il suo rendimento è talmente elevato che Donadoni, commissario tecnico della Nazionale, lo chiama per gli Europei del 2008; Cristiano, però, rifiuta la convocazione per concentrarsi meglio sulla sua esperienza juventina.
La stagione 2008-09 deve essere quella della consacrazione per il Martello bianconero ma, a causa della distrazione muscolare alla coscia destra rimediata nell’amichevole del 27 luglio a Dortmund, debutta in squadra solamente il 10 dicembre in Juventus-Bate Borisov, ultima gara del girone eliminatorio della Champions League. Un altro grave infortunio, questa volta alla coscia sinistra, lo costringe a fermarsi per quasi tutta la parte rimanente della stagione. Segna il suo primo goal stagionale e primo in Serie A con la maglia della Juventus il 26 aprile contro la Reggina; si ripete il 17 maggio contro l’Atalanta con un pregevole tiro al volo da trenta metri.
Il bilancio della stagione è, sicuramente, negativo: «Lo scorso anno sono stato condizionato da un infortunio patito ad agosto, peggiorato per la troppa fretta di rientrare. Per questo mi auguro di avere una condizione fisica mi permetta di esprimermi al meglio, io sono pronto a giocarmi tutte le mie carte rispettando tutti. Nel 2010 scade il contratto? Ci vedremo presto con i dirigenti per discuterne, la mia speranza è quella di rimanere qui e vincere qualcosa di importante con questa maglia».
Invece, il 10 agosto 2009, si trasferisce ufficialmente alla Fiorentina, terminando così la sua avventura in bianconero.