La benevola parete dello Juventus museum

07.02.2017 22:30 di Leonardo Labita Twitter:    vedi letture
La benevola parete dello Juventus museum
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Tra le meraviglie che ti offre lo Juventus Museum, c'è la sorprendente parete,sulla quale è impressa la scritta Juventus, formata dai cognomi (in ordine alfabetico) di tutti i giocatori che vestono e hanno vestito, anche per solo un minuto, la maglia della Juventus, uno accanto all'altro, senza distinzione di carattere e grandezza. Falcioni come Zoff, Chiumento come Del Piero e così via, un modo originale che consente anche a chi non ha lasciato il segno, di entrare di diritto nella storia della Juventus e di conseguenza del calcio. Una storia che proprio in quel museo, traboccante di coppe, titoli e cimeli prende forma e anima. Quella che può sembrare una semplice parete, che prende vita da un'originale idea, diventa in realtà per molti addetti ai lavori che vivono ancora oggi il calcio, l'unico modo per imprimere il proprio nome nella storia del calcio italiano e mondiale. Di esempi c'è ne sarebbero tanti e forse nel ricordarli verrebbe anche la tentazione di armarsi di pennello e vernice bianca...di sicuro l'esempio più fresco che può venire in mente si trova verso la parte finale dell'alfabeto bianconero. Prima di Pirlo e subito dopo Piola, c'è l'attuale allenatore dell'Inter: Stefano Pioli. Con quella cinquantina di presenze, il modesto giocatore Pioli è riuscito ad entrare in maniera indelebile nella storia della Juventus e quindi del calcio. Lo sguardo di chi andrà a cercare il nome Pirlo piuttosto che quello di Platini o Peruzzi, si poserà per un attimo anche su quello del modesto Pioli, potrà perfino capitare di restare immortalato in qualche foto di chi mira l'obiettivo verso qualche "P" di valore, vivendo così di luce riflessa e godendo di una visibilità indiretta, in stile Paolini....(neanche a farlo apposta anche lui con la P).

E' condivisibile pensare che chi chiude una carriera modesta da giocatore, sogni di intraprendere quella di allenatore, con l'obiettivo di cercare di vincere ciò che non si è riusciti a fare da giocatore protagonista. Deve essere di sicuro frustrante con il passare degli anni "vantarsi" di titoli che fanno da contorno su "Wikipedia" solo perché si è stati fortunati nel ritrovarsi a fare il ruolo di comparsa, nella squadra giusta al momento giusto. Soprattutto se quella fortuna, non è stata capace di imprimere nell'anima un dna vincente e la volontà di migliorarsi. Si rischia di sentirsi sempre in difetto, un eterno calimero al dispetto degli altri, quasi che puoi perfino andare di matto se il tuo avversario esulta dopo una vittoria, perché lo fa in modo esagerato... Viene facile e quasi naturale, calarsi nel ruolo di vittima, vivere di alibi, in una sola parola, ragionare da perdente. Così facendo, si può anche andare contro all'evidenza, in modo imbarazzante, mettendo in scena uno spettacolo pietoso, come quello che ha visto protagonista quel Pioli che forse, al dispetto di qualsiasi parete celebrativa e luce riflessa, ha trovato finalmente la sua giusta casa, dove c'è sempre posto per il piagnisteo, dove si cresce a pane e alibi e si cercano complotti, trovando pure quello che non c'è. Con buona pace di una parete forse troppo benevola...