E' tutta una questione di EQUILIBRIO

05.10.2015 18:30 di Caterina Baffoni   vedi letture
E' tutta una questione di EQUILIBRIO

Il calcio non è una scienza perfetta, non ci sono moduli che funzionano di più e moduli che funzionano di meno; ma una cosa è certa: occorre mantenere un equilibrio. Come nell'economia di una squadra di calcio così come andare in bicicletta: occorre muoversi e sbilanciarsi un pò all'inizio per poi intraprendere un equilibrio standard. In una squadra altisonante da cui ci si aspetta sempre grandi cose come può essere la Juventus, per comprenderlo meglio bisogna prima conoscere gli uomini. Non è una scienza esatta per l'appunto, non è un mondo dominato dalla perfezione proprio per il fatto di essere umano. Altrimenti come spiegarsi il fatto che una Juventus capace di concedere un singolo tiro di numero ad un Siviglia che ok, non sarà una potenza europea, ma capace allo stesso tempo di  affossare il Barcellona delle meraviglie, e nella gara successiva sbagliare grossolanamente alla prima occasione subendo una rete? Si tratta di semplice sorte avversa o si tratta di altro? No, la Juve sta semplicemente ritrovando la sua giusta conformazione. Se in campionato non è stata finora lucida e razionale è perchè ha dovuto fare i conti con una collezione di errori. Dietro e davanti. Sapete quando siete seduti su una sedia e vi sporgete all’indietro fino a restare in equilibrio su due gambe della sedia e poi vi sporgete troppo e state quasi per cadere ma all’ultimo momento riuscite a riprendervi? Ecco, questa è la Juventus di oggi: ha bisogno di sbilanciarsi per trovare il suo equilibrio perfetto. In fondo tutti noi agiamo in questa maniera. Questi sono concetti che superano qualsiasi barriera tattica. E’ più facile essere concentrati, reattivi, cattivi quando il vento gonfia le vele, più complicato esserlo quando si naviga controvento. A Torino contro il Bologna, si è rivisto finalmente un calciatore associativo e assemblativo in senso pieno che ci ricorda che il calcio è uno sport di squadra in cui tutti hanno bisogno gli uni degli altri. Una squadra che gioca con maggiore tranquillità in Europa dove non avverte quella pressione che ora sente in campionato. Conviene concentrarsi sempre principalmente alla qualità della prestazione in generale e non aspettare la giocata del singolo: meglio si gioca insieme, più si muove velocemente la palla, più si cerca il gioco di gruppo e più facilmente arriva il risultato. Non è un caso che i goals in Europa e quelli di Khedira e Morata contro il Siviglia siano arrivati da schemi assemblativi di compattezza da parte di tutto il gruppo.
 

Juve-Bologna sembrava rappresentare l’ultima chiamata in corsia, non tanto a livello di numeri, quanto a livello di spirito. Un'eventuale sconfitta avrebbe abbattuto determinate certezze, consolidando quei timori che si erano percepiti al San paolo. Ma fortunatamente, c'è da essere orgogliosi di questa squadra e di quella notte di giugno..eh sì, proprio così. Gli highlights della notte di Berlino sembrano ancora scorrere come un filmato negli occhi di quei giocatori che si sono visti ad un passo dalla gloria al punto di ridicolizzare la vincente dell’Europa League che poi manda a casa anche quel Barcellona e piegare le gambe anche al Manchester City che, secondo loro, ogni anno è l’anno giusto.Ma si sa che non può essere così.

C'è anche da andare parallelamente fieri di essere i più rispettati e temuti in Italia. Vincere è ancora un ostacolo diverso in Italia: Madama deve semplicemente ricordarsi il nome che porta, mentre gli altri sanno che sono obbligati ad andare sempre oltre alle loro potenzialità quando se la ritrovano come avversaria. Anche quando tutto è sembrato davvero troppo facile. E allora Juve-Bologna non vale sei, nove o dodici punti come parecchi hanno fatto intendere: sempre tre ne vale, ma sono tre che hanno profondi significati perché dopo Berlino qualche segno è rimasto.

Sarebbe al quanto riduttivo parlare di presenti e di assenti. Come la storia del calcio ci narra "gli uomini passano, la Juve resta ".

Serve semplicemente parlare di Juve. Di unione, gruppo e di tipicità del gioco. Di senso d'appartenenza. Dei relativi errori che fanno parte di un reparto quasi perfetto a cui manca ancora la totale consapevolezza di essere gruppo e di poter stare in testa su tutti e tre i fronti senza regalare momenti a nessuno: segnare alla Juve è il sogno ricorrente del calciatore medio. E poi, magari, anche la definitiva digestione del meccanismo di un modulo che per la prima volta è stato adottato per la secondo volta consecutiva e che è piaciuto da subito a calciatori e spettatori. Ed eccolo qui il famoso equilibrio: compattezza di gruppo, spirito di sacrificio e modulo che esprima al meglio le potenzialità degli uomini: Quando c'è questo occorre stare sereni.

La morale? Nessuna morale. Questo equilibrio deve far parte della normalità. Deve tornare a essere un meccanismo sempre più naturale e spontaneo. Si sta tornando a essere in tanti finalmente, dopo i vari infortuni. Tutte soluzioni in più. E così, in attesa che Pogba riesca a convincersi di poter fare anche le cose che non gli riescono più, partendo dalle più facili come giocare meno da solo e più coi compagni, dentro questo disegno deve esserci la convinzione di entrare con la palla dentro il campo per vincere. Che poi, avere un parco attaccanti del genere con così tante potenzialità alla Juve dà un senso di pace. Dai tempi di Charles e Sivori.

Che poi l'equilibrio è la pace. No?