Tassi (QS): "Agnelli presidente di Lega: per Marotta è il rilancio del calcio"

03.08.2015 23:30 di  Redazione TuttoJuve  Twitter:    vedi letture
Tassi (QS): "Agnelli presidente di Lega: per Marotta è il rilancio del calcio"

Il direttore di QS Giuseppe Tassi si è concentrato sulla figura di Andrea Agnelli nel suo editoriale odierno:

"Andrea Agnelli presidente della Lega calcio. La proposta-provocazione arriva dall’intervista esclusiva di QS al direttore generale della Juventus Giuseppe Marotta. Un sasso lanciato nello stagno di un calcio addormentato, di un movimento che fatica ad adeguarsi ai tempi. Per guidare con mano sicura il gigantesco business del pallone servono cultura sportiva, managerialità, preparazione specifica.
Sono le doti che Marotta riconosce al suo grande capo, Andrea Agnelli. Non a caso quando il discorso scivola sulla Juve dei quattro scudetti consecutivi, per carpirne i segreti, il dg bianconero mette al primo posto la continuità aziendale, il peso della dinastia Agnelli che regna sui destini del club da quasi cento anni. Una garanzia di programmazione, ma anche uno stretto legame con il territorio, con la comunità di Torino, un made in Italy calcistico che porta frutti importanti alla Juve a al calcio azzurro.


In un mondo zeppo di dirigenti improvvisati, di presenzialisti a oltranza, di millantatori dalla parola facile, Agnelli e Marotta sono mosche bianche, suggestive eccezioni. E nell’era dei capitali stranieri, dei tycoon cinesi , americani o indonesiani il culto delle radici e la solidità economica della Juve rappresentano un’ancora di salvezza.
La proposta provocazione di Marotta si ferma qui, anche perché gli attuali equilibri della Lega mettono in netta minoranza Andrea Agnelli schiacciato dall’asse Galliani-Lotito. Eppure la rifondazione del sistema calcio, a cominciare dalla Lega, che è la centralina di comando del business, non è più rinviabile. E la suggestiva apertura di Marotta ha il senso di un’operazione culturale, di un importante salto di mentalità da recepire in fretta.

E' bello  che l’affondo arrivi da un uomo misurato, da un autentico appassionato di calcio, da un dirigente che ha fatto dell’equilibrio la sua cifra distintiva. Scavando nelle origini del dg juventino affiorano immagini in bianco e nero che sembrano rubate a un altro mondo: Marotta bambino, garzone e raccattapalle del Varese, che mette i palloni ad asciugare sul termosifone, il ragazzo che cresce fra stadio, casa e oratorio.

Gioca a pallone ma arrivato alla squadra Primavera scopre che il suo mondo non è dentro il campo e a soli 22 anni diventa direttore sportivo, lascia il gioco e sceglie l’organizzazione che sarà il lavoro di una vita. Per capire chi è Marotta basta ascoltarlo parlare di calcio con passione genuina mentre indica i suoi modelli, primo fra tutti quell’Italo Allodi che ha aperto in Italia la nuova era dei manager del pallone. Un dirigente completo, serio, preparato. Come Marotta che ha gli studi classici nel cassetto e una carriera universitaria (giurisprudenza) troncata da quella calcistica, troppo prepotente per essere ignorata. Ma il dg Juve non è neppure un personaggio monocorde perché nel suo orgoglio bianconero dice di aver rubato segreti tanto a Boniperti che a Moggi, senza ombre di condanna morale per Lucky Luciano. Sa che la Juve, fidanzata d’Italia, è anche la squadra più odiata del Belpaese, per questo la vuole ricca e vincente ma non arrogante. Cannibale, affamata di successi sportivi però capace di perdere con fair play, come nella sfida stellare con il Barcellona. La rincorsa alla Champions e ai grandi club d’Europa continua mentre cresce la concorrenza italiana. Marotta vede Milan e Inter come avversarie più pericolose, anche in virtù degli investimenti fatti sul mercato, con Roma, Lazio e Napoli subito di rincalzo. Il progetto De Laurentiis- Sarri lo trova coraggioso ma ad alto rischio per la totale inversione di tendenza rispetto all’era Benitez: da un Napoli-spettacolo a una squadra tutta corsa e collettivo .

In tema di mercato si rinnova il sodalizio con il diesse Paratici, sua creatura e la vecchia formula della Juve ‘’vendi e vinci’’ di epoca moggiana si perpetua sotto altre spoglie. Dopo Tevez, Vidal e Pirlo ora c’è il rischio di perdere Pogba perché oggi la volontà di un calciatore è sempre più determinante in un affare di mercato. Come insegna il caso Tevez. Marotta garantisce a Pogba uno stipendio di 4 milioni all’anno, ma quando i superclub europei alzeranno la posta, sarà difficile mettere la catene al francese. In altre parole godiamoci quest’ ultimo anno juventino del felino nero prima di cederlo al Barcellona o al Psg. La storia emblematica di Pogba chiude il cerchio aperto con Agnelli. Le radici, il made in Italy, l’identificazione con il club sono patrimonio dei giocatori italiani, almeno di quelli che hanno alti valori morali e non guardano solo al dollaro, I calciatori di oggi sono piccole aziende viventi, calamita di investimenti da milioni di euro. Difficile dare un’anima a guerrieri di ventura, a professionisti che cercano solo il miglior offerente. Ecco perché Marotta vota il modello Juve e cita ad esempio Bonucci che arrivò a Torino come un pulcino bagnato e ora è uno dei simboli della nostra nazionale. Sono storie del calcio di oggi e di ieri, storie di uomini e di palloni. Come quelli collocati con metodo sul termosifone dello stadio di Varese da un giovane inserviente di nome Beppe Marotta".