Roma, De Sanctis: "La Juve resta la squadra più forte"

12.08.2014 15:45 di  Redazione TuttoJuve  Twitter:    vedi letture
Roma, De Sanctis: "La Juve resta la squadra più forte"

Dal ritiro austriaco della Roma arrivano le parole di Morgan De Sanctis in conferenza stampa. Ecco le sue parole, riprese da laroma24.it:


Condivido il pensiero espresso da qualche mio compagno di squadra, tutto passa da ciò che si dimostra in campo, non soltanto la domenica, che è il punto più importante, ma preparandosi durante gli allenamenti e in tutte le occasioni comuni. Ci vuole uno sforzo collettivo importante, condito da grandissima umiltà. Fino a questo momento la società, come gli è stato ampiamente riconosciuto, ha fatto un ottimo lavoro. Staremo a vedere cosa succederà da qui al 2 settembre: è verosimile che potrebbero cambiare ancora delle cose. Però, per il momento, la squadra, per come è costruita, potrebbe permetterci di ben figurare nelle tre competizioni che la Roma affronterà quest’anno - GUARDA IL VIDEO -

Benatia: ti preoccupa la cessione o credi non esistano incedibili?
Il calcio italiano vive un momento di esportazione. Per ciò che riguarda noi calciatori non possiamo far altro che fare bene il nostro lavoro, sul campo. A Medhi devo riconoscere che, da quando è iniziata la stagione, ha sempre fatto tutto con la massima disponibilità e il massimo impegno. Si sta comportando da professionista esemplare e non è cambiato nulla rispetto all’anno scorso quando è stato un punto di forza in campo e nello spogliatoio. E’ vero che perderlo potrebbe essere una cosa negativa ma mi rifaccio alla seconda parte della domanda: ci sono delle situazioni che prevedono sacrifici. Questi sacrifici non sempre sono a perdere, ma anche a guadagnare. Se vogliamo essere di memoria cortissima basti pensare a quello che è successo l’anno scorso: in questa piazza si piangeva la partenza di grandissimi talenti -Lamela, Marquinhos, Osvaldo – e invece sono arrivati giocatori non tanto esaltati all’inizio ma che hanno dimostrato di essere funzionali al progetto Roma e che hanno permesso a tutti di fare una grande stagione.

La tua idea sull’elezione di Tavecchio?
La mia idea era che Albertini potesse essere la soluzione ideale per un momento delicatissimo del calcio che richiede rinnovamento. Purtroppo la candidatura non ha raccolto il 50+1 di consensi, ha vinto Tavecchio. Io sarò nel Consiglio Federale da giocatore in attività: l’auspicio migliore è che Tavecchio possa, in questi due anni e mezzo di mandato, fare in modo che alcune cose delle quali lui non veniva riconosciuto come innovatore, come portatore di cambiamenti, gli possano fare avere un sussulto di orgoglio e competitività per fare il Presidente Federale. Noi saremo all’opposizione, un’opposizione libera di giudicare tutte le cose che il Presidente vorrà fare con la sua maggioranza.

Hai l’idea che sia l’anno dell’”Ora o mai più”?
Sento di condividere questo pensiero per un discorso personale, di opportunità, da calciatore che vuoi o non vuoi sta terminando la propria carriera. Gli anni passano, non potrò giocare per sempre. La volontà di chiudere in bellezza la carriera, con un trofeo, c’è assolutamente. Per quello che riguarda la Roma, non posso non immaginare che per come sta impostando il lavoro questa società, con giocatori esperti e pronti, i tifosi possono stare tranquilli che il futuro è importante, che permetterà alla Roma di essere sempre competitiva. Sull’aspetto di vincere contano tantissime cose: sarebbe auspicabile non trovarsi anche il prossimo anno davanti una squadra che faccia più di cento punti.

Ci racconti il backstage dell’elezione di ieri? Cosa pensi dell’acquisizione delle quote Unicredit da parte di Pallotta?
Per quella che è stata la mia esperienza nell’ultimo anno, vedo come una cosa assolutamente positiva la presenza degli americani. Che sia una presenza totalitaria anche è un fatto positivo: la società è proiettata al futuro e sta facendo cose innovative. Complessivamente, il lavoro di questa società, a 360 gradi, è un lavoro di innovazione. Spero che il sistema calcio italiano non sia di profondo ostacolo a questo modo di fare sport che vuole coniugare l’idea di sport americano con la grandissima passione italiana e romana che c’è in questo ambiente. Spero fortemente che il nostro sistema calcio si renda conto che la Roma è una grande opportunità e che possa essere da esempio per un rinnovamento del calcio italiano. Ho vissuto la quarta elezione, iniziai con Carraro, ho vissuto le due di Abete, e questa è stata la più combattuta, nonostante nelle intenzioni di voto si sapesse già come sarebbero andate le cose. E’ politica al 100%: ho smesso di idealizzare lo sport, in quanto sport, appena ho iniziato la mia attività – chiamiamola così – sindacale. Mi sono reso conto che ci sono degli interessi talmente grandi che vengono fatti dei giochi politici legittimi, a volte un po’ meno, corretti, o meno. Fanno parte del gioco. Mi augurerei sempre, l’ho fatto anche ieri, che certe volte venissero messi da parte certi interessi in favore di quelli collettivi: non è ancora il momento per questo tipo di maturità. Speriamo possa esserlo con questo tipo di presidenza da oggi. Il calcio italiano ne ha bisogno.

Le tue condizioni fisiche? Il tuo messaggio dei tifosi all’Open day dell’anno scorso: cosa senti di dire ai tifosi quest’anno?
Le mie condizioni sono buone. Mi sono operato il 21 maggio, la prognosi era di 90 giorni. Siamo all’82esimo e da oggi torno a stare con la squadra. Non ho avuto alcun tipo di problema durante la rieducazione e durante il riavvicinamento al campo, quindi sono al 100% a disposizione del mister Garcia. Sull’anno scorso, è stata una cosa estemporanea, non preparata: quando certe cose partono dal cuore vengono bene. Sono stati i risultati a legittimare le parole che usai all’Open Day e a fare in modo che venissero prese durante la stagione come una colonna sonora dell’annata: quest’anno non penso di fare particolari discorsi, perché non servono. L’anno scorso bisognava garantire qualcosa ai tifosi, bisognava prendersi delle responsabilità. Quest’anno, invece, mi limito a parlare di umiltà.

Prospettive di carriera? Le tue emozioni passate?
Non posso far altro che vivere alla giornata. Non ho l’ambizione di giocare fino a 50 anni, non posso escludere di chiudere la carriera a fine stagione. Mi sono ripromesso di affrontare il discorso con la società a tempo debito, a metà stagione. Le mie energie, anche rispetto al fatto che ho preso questo impegno come consigliere Federale, sono assolutamente concentrate sulla Roma perché questa sarà una stagione, per intensità anche semplicemente numerica, più impegnativa. Quando c’è più impegno ci vogliono anche più energie. Da oggi fino al 26 maggio l’obiettivo sarà quello che ciò che verrà fatto, venga fatto bene. Le emozioni? Spero sia quella che riusciremo a conquistare quest’anno. Non ho vinto tantissimo in carriera perché non ho mai giocato in squadre costruite per vincere. Questa squadra lo è, e mi auguro di farlo quest’anno, perché ho 38 anni ed è giusto pensare in questa maniera.

Difficile organizzare il lavoro dopo il Mondiale, con i ritardi di alcuni?
I miei compagni di squadra che hanno partecipato al Mondiale non sono andati particolarmente bene. Ahimè, per loro, sono rientrati tutti presto e hanno avuto il tempo di prepararsi. Abbiamo ancora quasi tre settimane per preparare la prima di campionato quindi non credo ci siano particolari difficoltà. Per ciò che si è visto in questa prima fase di pre-stagione, vogliamo ricostruire il più possibile e migliorare quella che è stata la prerogativa della prima parte del campionato dello scorso anno, quando abbiamo vinto partite costruendo gioco, facendo della solidità difensiva la nostra forza. Una bella squadra da vedere. Ora rientrerà Maicon. C’è tempo per lavorare tutti assieme.

Come può essere migliorata questa squadra?
La società ha indicato la strada. La rosa ha dovuto ampliarla, era questo l’aspetto da perseguire. Ci saranno queste sei partite in più fino a dicembre - numero che può sembrare irrisorio ma non è così - la rosa è stata ampliata. Queste 6 partite creeranno una dispersione di energie, anche considerate le grandi squadre che andremo ad affrontare. Si è dovuta allargare la rosa per quantità e qualità: io sull’atteggiamento e sul valore emotivo di una squadra credo tantissimo. Questo è frutto di lavoro quotidiano che devono fare i giocatori più esperti, comunicativi. E lo farà anche l’allenatore come ha fatto benissimo l’anno scorso: la mentalità si costruisce giorno dopo giorno, stando insieme. Abbiamo fatto 16 giorni di Stati Uniti, ora una settimana in Austria. Siamo qui perchè sono maggiore i tempi di comunione: questo serve per istaurare una partecipazione collettiva che ci servirà nei momenti di criticità e difficoltà. Sono molto ottimista e molto ambizioso: credo che questa squadra abbia tutte le carte in regola per far bene, fermo restando l’umiltà, la concentrazione e il sacrificio da cui nascono tutti i segreti per il successo.

Gap colmato con la Juve? Come gestirete le pressioni?
La Juve resta la squadra più forte, non ha praticamente cambiato tantissimo. Sono andati via giocatori che negli ultimi tempi avevano un ruolo marginale: resta una rosa che ha fatto 102 punti in campionato. Tutti parlano del cambio di Conte che potrebbe condizionare il rendimento… Non ci credo tanto perché valgono molto i giocatori che scendono in campo: siccome ne conosco tanti ne apprezzo le qualità tecniche e morali e non credo che concederanno tanto. Anche pensare che possano ripetersi, questo vedo come condizione difficile da ripetersi. Però ho voglia, ansia, l’entusiasmo di rituffarmi nel campionato: avremo una partita difficile all’inizio. Vedremo quello che succederà. E’ vero, l’anno scorso pressione non c’era, si doveva ripartire dalle ceneri del 26 maggio. Però immagino che possiate rendervi conto che la pressione è salita dopo le 10 vittorie di fila. Il bilancio dell’anno scorso l’ho fatto: la squadra, a un certo punto, escludendo le ultime 3 partite, ha fatto il miglior campionato possibile. La condizione che non ci ha permesso di vincere è che qualcun altro lo ha fatto meglio di noi, per tutta una serie di motivi e meriti.

Confronto tra senatori a fine stagione?
Nessuno si erge a paladino più di altri. Tutti ci rendiamo conto della possibilità che abbiamo di vincere nella Roma, in questa città, con tutto ciò che vorrebbe dire. La riflessione tutti la facciamo singolarmente e spesso ci capita di ripeterci: a volte si va sullo scherzo, altre si ragiona più seriamente ma lo facciamo continuamente fra di noi. Non riguarda solo i giocatori più esperti: ci rendiamo conto che vincere in una società storicamente non abituata a vincere, porterebbe una soddisfazione diversa rispetto a quella che ci sarebbe in altri posti. I calciatori hanno una coscienza personale che permette di capire che questa è una bella opportunità per tutti. D’altro canto è vero pure che il grande professionista non è quello che non cambia società per 50 anni o rinuncia a dei compensi superiori: il grande professionista è quello che, stando in un contesto, prende il proprio stipendio, rispetta i tifosi, fa il proprio dovere e lo fa fino in fondo. Non è che qualcuno ha detto cose a qualcun altro. Condivido il discorso di Mangiante: quello che succede ora nel calcio italiano, era ciò che accadeva al contrario 20 anni fa. Gli sceicchi di adesso, 20 anni fa erano i Moratti, Berlusconi, Cragnotti, Tanzi. Sono cambiate le cose, ne prendiamo atto. Anche una società che lavora come la Roma deve guardarsi attorno e pensare di poter fare dei sacrifici: se i soldi vengono spesi bene, possono diventare spunto per diventare ancora più forti.

Se andasse via Benatia ti sentiresti di rassicurare i tifosi sull’unità e sulla solidità del gruppo?
I tifosi li rassicuro nel momento in cui do il massimo per la mia squadra, indipendentemente da quelli che sono i compagni, le esigenze e i programmi della società. Non posso immaginare che la partenza eventuale di un giocatore, sia pure Benatia, possa condizionare la stagione di una squadra. Non esiste, potrei fare mille esempi. Quello più eclatante: la partenza di Ibrahimovic al Barcellona. Ha spostato gli equilibri, l’Inter in quel momento fece pure una plusvalenza. Vanno colte le opportunità e i calciatori devono dare la totale disponibilità all’allenatore e alla società sul campo, per dimostrare che le scelte fatte sono state fatte bene. Certo che mi sento di rassicurare i tifosi, in qualunque caso.

Ti aspetti una parità di trattamento arbitrale con la Juventus? Venerdì sarai in campo?
Adesso rientro a pieno regime. Gli 80 giorni non mi preoccupano, quando, ahimè o per fortuna, hai più di 500 partite. Il fatto di giocare per 80 giorni, in un periodo estivo…Sono assolutamente sereno. L’anno scorso ho prestato il fianco dopo la sconfitta di Torino con i discorsi sugli arbitri, con chi ha voluto interpretare quel discorso come un alibi per la sconfitta. Ho la mia idea del sistema calcio italia, che non si discosta per niente dal sistema paese, in tutti gli ambiti, quotidiani, a tutti i livelli. Il calcio non si discosta da questo: l’ambizione, l’entusiasmo, l’idea di poter avere un calcio uguale per tutti c’è sempre. Altrimenti il calciatore non può far bene il suo lavoro se non crede in questo. O comunque lo farebbe in maniera condizionata, e non è una cosa positiva. Durante la stagione si verificheranno alcune situazioni: se verranno gestite bene da tutti vorrà dire che il campionato sarà stato bello e avvincente e alla fine, come quasi sempre succede, come anche l’anno scorso è successo, vincerà il migliore.