Libero - Pesto, ping pong e R&B: storia del mammone Pogba

27.01.2015 21:45 di Redazione TuttoJuve Twitter:    vedi letture
Libero - Pesto, ping pong e R&B: storia del mammone Pogba
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© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

Chi è mister 100 milioni? Ce lo racconta stamane il quotidiano "Libero" in un lungo articolo firmato da Francesco Paolo Giordano.  Per gentile concessione della testata, Tuttojuve.com ve lo propone integralmente:


Paul Pogba, cosa sa fare bene nella vita? «Giocare a ping pong. Sono molto bravo, anzi, imbattibile». E poi c’è il calcio, naturalmente: ma non sentirete mai dirgli «sono un fenomeno» o cose del genere. È fatto così e, in tempi in cui la sua valutazione può tranquillamente sfondare la soglia dei cento milioni di euro, lui non teme di dire: «Valgo zero». Non è falsa modestia, né un modo per schernirsi: il pensiero fisso di Pogba è migliorarsi ogni giorno, in ogni allenamento, ad ogni ora. Perfezionarsi, scoprire nuovi limiti e superarli. Lo stesso Allegri ne è convinto: il ragazzo può ancora crescere. I numeri lo dimostrano: se la scorsa stagione si era fermato a nove centri, quest’anno è già andato in rete otto volte. Segno che la maturazione è in atto, e solo il dio del pallone sa dove questo ragazzone di quasi 1 metro e 90 può arrivare.

Pogba, oggi, è già un giocatore totale: sa attaccare, sa difendere, sradica palloni e poi li accarezza. E ha il piglio del leader: in questo momento, alla Juve guardano più a lui che ai Pirlo, ai Tevez, ai Vidal. È un trascinatore nel dna: a 13 anni era già capitano del Torcy. Quattro anni prima, mentre giocava nella squadra del suo paese, il Roissy-en-Brie, aveva fatto la sua scelta: «Avevo nove anni, dovevo scegliere tra il ping pong e il calcio. Scelsi quest’ultimo perché stregato da Ronaldo ai Mondiali del 2002». Il Fenomeno, ma anche Maradona, Papin: il piccolo Paul osserva, studia centinaia di videocassette con le giocate dei migliori calciatori al mondo. Regali del papà, prima di separarsi dalla mamma. Che ancora oggi è il grande riferimento nella vita di Pogba: ogni sera sente il bisogno di chiamarla, non può farne a meno. Sarà per via dell’abitudine, maturata quand’era ancora un ragazzino e il calcio lo aveva portato lontano da casa, a quattordici anni: ascoltare la voce della mamma, nel suo buio pensionato a Le Havre, non lo faceva sentire solo. E poi i fratelli, calciatori anche loro: Florentin e Mathieu sono gemelli, due anni e mezzo più grandi dello juventino, nati in Guinea. Paul no, è nato in Francia, due anni dopo la decisione della famiglia di lasciare la Guinea: per questo lui ha scelto la Nazionale transalpina, mentre i fratelli (Florentin, difensore, gioca nel Saint-Etienne, mentre Mathieu è un attaccante del Pescara) sono rimasti fedeli alla selezione africana. Ma, a giocare insieme a loro, ci pensa spesso, e poi dice: «Voglio diventare forte come loro».

Pogba ama la musica R&B, la ascolta ovunque, la balla ovunque, anche sotto la doccia. Ama mangiare e ogni tanto si diverte a cucinare la pasta al pesto. La prima cosa che ha apprezzato di Torino è stata la gran quantità di ristoranti presenti in città: «In Inghilterra era molto diverso». Già, il Manchester United: per Paul, non è mai stato un rimpianto, ma all’Old Trafford ancora oggi si cospargono il capo di cenere. Ferguson lo stimava, ma non lo faceva mai giocare: così, Pogba decise di non rinnovare e svincolarsi, con la Juve che nel 2012 fu più lesta di tutti e lo prelevò a parametro zero. In realtà, Ferguson se ne privò con la morte nel cuore: quando il francese gli disse che avrebbe cambiato aria, l’ex manager dello United iniziò a urlare. «Mi disse: in Italia ti troverai male, e poi c’è il razzismo», ricorda Pogba. E fece spallucce: dinanzi a sé, aveva un futuro scintillante. Da migliore al mondo.