EVRA a Repubblica: "Champions? Non vendo sogni, ma perchè no? Pogba come un figlio, Ferguson mi mandò a casa sua per convincerlo e Paul pianse"

29.09.2014 08:40 di  Redazione TuttoJuve  Twitter:    vedi letture
EVRA a Repubblica: "Champions? Non vendo sogni, ma perchè no? Pogba come un figlio, Ferguson mi mandò a casa sua per convincerlo e Paul pianse"
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Patrice Evra si è confessato in una lunga intervista rilasciata al quotidiano "La Repubblica". Ecco alcuni significativi passaggi:

RAZZISMO -  "Razzismo? Non è il caso di rievocare. Suarez mi chiamò negro per sette volte? Mi hanno tirato le banane, mi hanno ululato dietro, ma non me la sono mai presa: è l’ignoranza di chi ha paura della differenza, posso capirla. Ma Suarez è un collega e a lui stavo per reagire. Mi chiesi: adesso che faccio, gli do un pugno che farà il giro del mondo, che mi causerà due anni di squalifica, che tutti i bimbi vedranno?. L’ho perdonato. L’ho anche votato come il migliore della Premier: al giocatore non porto rancore. E all’uomo? L’uomo non mi interessa, né se sia o meno razzista. Quando lo ritroverò in campo, gli darò la mano. Ma nei tackle sarò un po’ più duro».

NIENTE REGALI - "Evra ha un carattere duro? C’è gente a cui regalano tutto, a me no. A Les Ulis giocavo in una squadretta gemellata con il Rennes, ogni anno facevo il provino e ogni anno mi dicevano che mi avrebbero richiamato a Natale. Sto ancora aspettando. Ma senza le esperienze che ho fatto non sarei sopravvissuto al Mondiale del 2010".

DOMENECH - Ero il capitano che si ammutinò a Domenech? Feci quello che il gruppo aveva deciso dovesse fare un vero capitano, che non antepo- ne mai i propri interessi a quelli della squadra. Dissi: andate pure in vacanza tranquilli, le botte le prendo io. Forse dovevo essere egoi- sta, in quei giorni ogni mattina perdevo un chilo, non avevo abbastanza esperienza, ma si è capitani nello spogliatoio, non nelle foto.

FRANCIA - Deluso che la Francia mi abbia declassato? Posso dare l’esempio anche senza fascia al braccio. In Nazionale litighiamo perché sono rappresentate troppe etnie? Mi fa ridere. Nel 1998 la diversità era una ricchezza e nel 2010 un limite? La risposta è il discorso che ci fece Ferguson prima della finale di Champions di Mosca, che noi del Manchester vincemmo. Cosa ci disse? Sul Chelsea che stavamo per affrontare, neanche un parola. 'In questo spogliatoio abbiamo riunito un senegalese, un portoghese, un coreano... Se vinceremo, l’orgoglio non potrà essere superiore a quello che provo vedendovi'".

MANCHESTER - Che sta succedendo a Manchester? Ferguson era il cuore di tutto, ha fatto in modo che lo United fosse una famiglia con una cultura, una filosofia: vincevamo per quelle, non perché fossimo i più bravi. L’ho detto anche ai Glazer, perché io là sono ascoltato: ci vuole uno di famiglia, uno che rispetti la storia del club, che senta la pressione del passato. Io ho sofferto molto per Moyes, una gran persona, ma già con Giggs le cose andavano diversamente. Adesso ci sono tanti giocatori forti, ma non so se lo siano anche per il Manchester: per questo club devi sacrificare tutto. Quel genere di cultura l’ho ritrovato alla Juve".

POGBA - "La Pioche è come un figlio, per me. Ferguson mi mandò a casa sua per convincerlo a restare: pianse, non dormì perché anche lui sapeva che poteva diventare più di Vieira, ma ormai aveva deciso. Ferguson sapeva che Pogba sarebbe diventato fortissimo, ma anche che non poteva forzare i tempi".

CHAMPIONS - "La Juve può vincere la Champions? Io vivo il presente, perché il passato porta rimpianti e il futuro ansia. E non voglio vendere sogni ai tifosi, ma perché no? È una competizione così pazzesca che mi sembra incredibile aver giocato quattro finali".