Biasin: "Si raffredda la pista Cavani"

26.05.2015 01:00 di Redazione TuttoJuve Twitter:    vedi letture
Biasin: "Si raffredda la pista Cavani"
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Fabrizio Biasin parla a tmw. 

Boh. Mah. Bah.
In fondo a quest'editoriale vi racconto una storia. Se vi va date un'occhiata.

Ora invece perdonatemi ma devo assolutamente iniziare dispensando consigli. Penserete al solito potpourri di puttanate "alla Biasin" e invece no, trattasi di cosa seria. Seguitemi.
>> L'altra sera facevo zapping. Sul Tre c'era il Berlusca da Fazio. Gli fa: "Mi consenta Fazio, si tagli la barba". Risate in studio e cotillon. Quindi ho girato su Milan-Toro. Lì, un'apparizione: Paletta. Anzi di più: Paletta fresco di nuovo taglio che potremmo chiamare "alla Linate" in onore al noto aeroporto milanese. Insomma, si è fatto la riga in mezzo. Un filo esagerata, se vogliamo. Del genere che se fosse capitato un 747 in avaria dalle parti di Milano, quello avrebbe certamente azzardato l'atterraggio di fortuna sulla capa dell'Italo-argentino. "Mayday, mayday! Stiamo precipitando! Torre di controllo! 'Azzo facciamo??? Siamo fottuti! Aaaaahhhh!!!". E loro: "No! Atterrate su Paletta! Si è fatto il taglio Linate!". E giù un bel sospiro di sollievo. Con buona probabilità a bordo sarebbe partito l'insopportabile applauso di "quelli che applaudono agli atterraggi" (cazzo applaudite? Siete i peggiori. Anzi no, prima ci sono gli ausiliari del traffico dei quali presto o tardi discuteremo).
Comunque son scelte personali, forse Palettone ha voluto lanciare la prima "anti-cresta" della storia per scippare il posto al El Shaarawy nella pubblicità dei Ringoboiz. Crediamo in te Palettone, anche se rischi che i bambini ti incollino gli assai cremosi biscotti sulla pelata. Del resto si sa: i bambini sono infami.
Ecco il consiglio: Paletta, leva tutto prima che Silvione si accorga di quel che hai combinato dal parrucchiere. Quel taglio, oltre a essere fuorilegge in 123 Paesi dell'Onu, fa cagare. Fidati, azzarda la "tabula rasa" come a suo tempo fece l'altro argentino Cambiasso. Il suo capoccione dopo anni di vessazioni e celebrazioni al rinomato premio tricologico "Testabrutta", si trasformò in sfera perfetta e lui ne trasse perfino aumenti di ingaggio. Merito ovviamente del generosissimo Moratti dell'epoca ("Cambiasso ha rinunciato al taglio Linate? Dategli trecentomila d'aumento. Come dite? Recoba è geloso? A lui quattrocentomila e una bici con cambio Shimano. Come dite? Recoba non gioca più qui? Ormai ho promesso"). Personalmente ringrazio l'amico mio Davide che un giorno al liceo mi prese da parte: "Fabbbrì, io te lo dico, se vuoi fare del fiki-fiki prima dei settant'anni taglia tutto a zero". E io: "Ma sono solo un po' stempiato!". E lui: "Le tue tempie ormai sfiorano il culo". Tagliai.

Ora l'articolo.
"Stai facendo un articolo? Bravoh!" (Se avete capito questa, significa che siete degli sporcaccioni. Bravih!).

Sono in volo per Parigi: scrocco 24 ore al Roland Garros. Contavo di trovare Adriano o Wanda all'imbarco per Madrid ma evidentemente mi hanno preceduto. Peccato.

E quindi Galliani ha tentato/tenta/tenterà di convincere Ancelotti a tornare al Milan. Pare chiaro a tutti che l'impresa sia tanto complicata quanto pretestuosa, una scusa per poter dire a lor signori: "Noi ci abbiamo provato e pianifichiamo in grande, mica è colpa nostra se lui non se la sente". Un po' come se il sottoscritto annunciasse al mondo "prendo un volo per Los Angeles, ho serie intenzioni di limonare duro con la Kardashian" salvo poi tornare a casa con le pive nel sacco: "Niente da fare, Kim dice che non se la sente. E comunque vive a Miami".
Tutta la faccenda ci dice che siamo alle solite: Galliani parte per destinazioni più o meno esotiche, spera che basti il marchio "Milan" o la leva del cuore per impressionare il dirimpettaio, infine torna a casa. A conti fatti si sceglie di continuare a percorrere la vecchia strada, quella dei tentativi più o meno improvvisati. Una strada che però non convince più nessuno: né i tifosi, né tantomeno chi dovrebbe accettare il trasferimento a Milanello esclusivamente in nome del passato glorioso. Nel frattempo niente direttore sportivo, niente scouting, niente idee, niente di niente. Solo tanti sorrisi che si schiantano contro le legittime volontà di nonno Carletto: "Gradirei stare un anno con la mia famiglia e mio nipote". E vien da pensare che se anche si riuscisse a convincere l'emiliano, probabilmente l'operazione avrebbe poco senso. Meglio puntare su un mister più motivato, rabbioso, uno che - giusto per tirare la consueta mazzata settimanale a Pippo - non dica "eh, avete visto? Se avessi avuto El Shaarawy sempre..." dal momento che quando il Faraone era a disposizione lo lasciava con discreta frequenza in panca salvo poi dire "credo molto in lui".
In ogni caso il viaggio a Madrid certifica che in casa rossonera ancora non hanno le idee chiare sul futuro della panchina: volevano Ancelotti, insisteranno con Conte, terranno calde le piste Montella e - soprattutto - Emery, eventualmente troveranno qualcun altro. In campo sarà Milan "all'italiana" come se "all'italiana" fosse sinonimo di grande lungimiranza, mentre è chiaro a tutti che il mondo del pallone non si divide in "calciatori italiani e stranieri", ma in "calciatori forti e pipponi clamorosi". No, così non va, ci vogliono più chiarezza e meno aerei presi per far scena, viceversa si rischia sul serio di esasperare la piazza che - diciamolo - fin qui ha avuto pazienza da monaco tibetano.

La stessa chiarezza la meritano i tifosi dell'Inter, frastornati dalle sconfitte (troppe) e dalle promesse (ancora di più). Il mese dei proclami - maggio - sta per terminare e lascerà il posto a quello dove si dovranno fare i fatti. Alla Juve, per dire, si son portati avanti con Dybala, il tutto senza alcun accompagnamento di fanfare, hanno evitato la fase dei "faremo... Compreremo... Vedrete... State tranquilli" per arrivare direttamente a quella in cui i giocatori fanno le visite mediche e firmano i contratti. Che poi è l'unica che conta.
Nel frattempo i nerazzurri hanno detto definitivamente addio all'Europa (miracoli a parte). Giusto così, per quello che si è visto quest'anno non se la sarebbero affatto meritata. Altre faccende preoccupano ancor di più: mentre la Nara via Twitter mette involontariamente zizzania sulla questione "prolungamento con Maurito", sappiamo con certezza che un rinnovo già c'è stato, ovvero quello con capitan Ranocchia. Questioni burocratiche non consentono l'annuncio, ma possiamo garantirvi che è cosa fatta. Dice giustamente il tifoso: "Ma orcazzozza, com'è che l'unico che rinnova è il più disastroso della combriccola?". In attesa di capire se l'eventuale bacio della principessa Wanda (o chi per lei) trasformerà il Ranocchione nel nuovo Samuel (ma c'è chi si accontenterebbe anche di Galante) la risposta è "boh".
Da ultimo una rapida considerazione su Thohir e sui dubbi che molti hanno a proposito delle reali intenzioni dell'attuale patron. Secondo la vulgata (ma anche secondo alcuni prestigiosi quotidiani nazionali) l'indonesiano sarebbe un gran furbacchione. Non convince il fatto che invece di immettere grano a fondo perso, l'uomo di Giacarta presta quattrini all'Inter ricavandone guadagno grazie agli interessi. Erick in definitiva sarebbe una sorta di strozzino della sua stessa società. E tutti a dire: "Fetentone! Vuole arricchirsi sulle spalle della Benamata!". Balle. Questa cosa del "prestito" accade nella gran parte dei club virtuosi in giro per il mondo. L'Inter attualmente virtuosa non è non per colpa dell'indonesiano, semmai per la troppa generosità/incoscienza di chi negli anni passati regalava soldi a chili salvo poi generare voragini. Giusto ringraziare chi in passato è stato così generoso, ancor più giusto far credito a chi vuol fare le cose secondo logica.

Quanto alla Juve, si raffredda assai la pista Cavani, ma più per scelta della Signora che dell'attaccante. Dopo settimane passate a tremare sulla questione "Tevez andrà via", i dirigenti bianconeri pare siano vicini al prolungamento di contratto con l'argentino. Il parco attaccanti dei bianconeri sarebbe infine così composto: Tevez, Morata, Dybala, Berardi più di Zaza oltre al famoso fantasista gradito da Allegri e attualmente da scegliere nel lotto Mkhitaryan, Lamela, Oscar (ma i papabili potrebbero cambiare...). 

Tutto da capire invece quale sarà l'attacco del Napoli: il pari nel derby lascia ancora una speranza di Champions, l'addio di Benitez invece ne apre poche alla permanenza di Higuain che tra l'altro non si è fatto apprezzare per l'impegno nell'ultimo periodo. In settimana ci sarà l'incontro tra l'agente e Aurelio De Laurentiis, Il Pipita vorrebbe andarsene ma non c'è la fila per prenderlo, almeno al momento. Il presidente proverà a trattenerlo, ma solo se l'argentino garantirà l'impegno dei periodi migliori. Altrimenti sarà rivoluzione. In ogni caso concordo con @ClemTheBrand che sul mio Twitter (@FBiasin) scrive: "Il difensore più forte del Napoli quest'anno è stato certamente Yanga-Mbiwa". Come dargli torto.

In chiusura la consueta rubrica "non c'entra una fava ma ve lo propongo lo stesso". Sottotitolo: "Cose che scrivo su Facebook quando non digerisco la peperonata". Fate i bravihhhh...

E niente, leggendo del ragazzo di Padova ho pensato alla mia gita di quinta liceo. E proprio non si fa, ma mi è venuto da sorridere. Mi si è aperto un mondo.
>> Avevo i brufoli. Forse erano più di mille. Mi dicevano "Usa il Topexan", lo usavo, i brufoli diventavano 1.400 o 1.500. Diciamocelo, il Topexan era una truffa. O forse non andava bevuto, boh.
Avevo anche una marea di capelli, ma erano capelli orrendi, un ammasso crespo tipo Willis di "Arnold". Solo che Willis con buona probabilità nello slip aveva anche la biscia. Io no, solo l'ammasso crespo. Mi dicevano "Usa il balsamo", lo usavo, sembravo Mauro Repetto impegnato a sgomitare dietro a Pezzali in "Nord, Sud, Ovest, Est". Grande Mauro, ci hai lasciato troppo presto.
Mi vestivo male, malissimo, ma ero in ottima compagnia: camicie a scacchi alla Kurt Cobain certamente incendiabili, magliette Fruit of the Loom 100% cotrone (non cotone, cotrone, un materiale indefinito), jeans taglia Galeazzi perché "la moda dice che vanno portati così" "ma a me fan cagare" "segui la moda altrimenti la tipa non s'arrapa, idiota" "allora vada per i "Galeazzi"", felpe con cappuccio spacciate "di marca" e in realtà comprate al mercato di Porta Torre.
Ero un coglione come tutti i 19enni insomma. Oddio, le ragazze meno, loro maturano prima e vogliono farsi quelli più grandi, meglio ancora se rock star. Rubavi le loro Smemo e leggevi "Come mi farei Damon Albarn" o "Come mi farei Mauro Repetto". E la pagina dopo: "Biasin invece mi fa cagare e usa il Topexan" e "E' inutile che si faccia i capelli come Mauro Repetto". Maledette.
Dicevamo della gita. Volevamo andare ad Amsterdam ma "costa troppo, non tutti si possono permettere l'aereo". In classe si creò una sorta di battaglia sociale all'ultimo sangue del genere ricchi vs. poveri. Mio padre ovviamente si schierò da subito dalla parte dei pezzenti: "Ma perché non andate alla certosa di Pavia, è bellissima". E io: "Papà, alla certosa di Pavia ci si rompe il cazzo, altrimenti non si parlerebbe di "pazienza certosina"". Alla fine la spuntò Vienna: 700 ore in pullman con numero 2 fermate per pisciare. Praticamente una deportazione.
Parliamoci chiaro, a noialtri butterati di castelli reali, musei galattici, prime e seconde Guerre Mondiali, fregava cazzi. Cinque le priorità: bere, fare i coglioni in cima alla ruota del Prater, fare i coglioni in generale, portare le Palle di Mozart alla mamma (dolce tipico, non fate gli stronzi), limonare con un qualunque essere femminile possibilmente senza baffi (ma sul baffo c'è anche chi ha chiuso un occhio). All'epoca ero innamorato perso di una compagna di classe. Forse se n'è accorta, forse no. Fatto sta che s'è fatta un altro. Un mio amico tra l'altro. Per ripicca mi sono buttato su un'altra giusto per non passare per cornuto. Aveva i baffi.
L'albergo era un osceno casermone alla periferia di Vienna, talmente in periferia che nella hall parlavano ungherese. Missione del pomeriggio: recuperare la birra per la notte. Con l'amico del cuore Davide e altri stronzoni entriamo in possesso di ben due mini damigiane di birra da cinque litri cadauna di quelle che vanno spillate. "Ma noi non siamo capaci, è una puttanata". "Io sono capace!" disse il compagno Umberto. Mentiva. Ci ubriacammo infine a bicchieri di schiuma con rare tracce di birra. In stanze molto più esclusive della nostra si fumavano cannoni totali e giravano bottiglie di liquori rarissimi. Noi: "Ragazze, volete della birra?". Loro: "Ma quella è schiuma con tracce di birra, si vede benissimo". L'altra: "A me piace la schiuma, io vengo da voi!". Aveva i baffi. Le altre tutte nella stanza dei cannoni, zoccole infami.
Fingendo disinteresse nei confronti del genere femminile virammo su giochi tipo "Mostrare i culi alla finestra nella speranza che qualcuno si indignasse, così da generare situazioni assai comiche" o "picchiare fortissimo il buono di turno". Tutti in classe hanno il loro "buono". Il nostro lo trattavamo malissimo. Alla mattina gli facevamo trovare la pagina dei necrologi de "La Provincia di Como" con su scritto "Gli amici della bocciofila salutano l'amico (nome e cognome cambiati grazie a sapiente uso dello sbianchino)". Un mobbing micidiale, povero cristo, se ci penso mi vergogno un po'. Del resto a 19 anni devi essere cattivo anche se non lo sei, è una questione di sopravvivenza. Il buono è fottuto a meno che non sia il figlio del notaio.
E niente, avevamo ormoni grossi come ghiaia, energia bestiale, quella che devi scaricare in qualche modo altrimenti è un attimo che combini la cazzata. In fondo tutti abbiamo avuto la nostra "sera che poteva finire male" come quella che è capitata al ragazzo di Padova, che poi si chiamava Domenico. 

Ora tutti parlano di lui, soprattutto della sua cacca. Ci fanno le trasmissioni in tv, i post su Facebook tipo questo. E forse c'e poco rispetto o forse no, le cose vanno così è basta. O forse è solo che la gente non si ricorda della "sua" gita di quinta, finge di non sapere che al posto di quel ragazzo con gli occhiali poteva esserci ognuno di noi che invece dalla gita di quinta siamo tornati stravolti/strafatti ma con un chilo e mezzo di ricordi indelebili. "Io in gita mi sono fatta una figa, ti ricordi?". "Ma aveva i baffi, cazzo dici pirla!". "Taci tu che hai cagato dalla finestra del quinto piano!". Già, doveva andare così. Perché come diceva Giovan Maria Catalan Belmonte: "Solo, nell'immensità del mare. È allora che capisci... quanto sei stronzo a compiere queste imprese che non servono a un cazzo". (Twitter: @FBiasin).