Anticorruzione, Cantone attacca: "I giudici sportivi si sono addormentati"

22.05.2015 14:20 di  Redazione TuttoJuve  Twitter:    vedi letture
Anticorruzione, Cantone attacca: "I giudici sportivi si sono addormentati"
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© foto di Marco Iorio/Image Sport

Il QS ha intervistato il capo dell'Anticorruzione Raffaele Cantone, che ha accusato i tribunali sportivi.  Ecco l'intervista firmata da Giulio Mola

 

DOTTOR Cantone, nel 2010 lei fu il primo a scoperchiare il calderone del calcio sporco, indagando sui pericolosi intrecci tra società e clan malavitosi. Che effetto le fa la nuova inchiesta di Catanzaro sul calcioscommesse nelle serie minori?

«Non sono affatto sorpreso, purtroppo è la conseguenza inevitabile dopo quanto accaduto negli ultimi anni in cui nulla è stato fatto per arginare il fenomeno degli incontri truccati».

Da magistrato prima e da presidente dell’Anticorruzione poi crede che si sarebbe dovuto agire diversamente dopo gli inquietanti segnali di Cremona?

«La lezione sembrava chiara, mai più si sarebbero dovute ripetere certe situazioni. E invece si sono tutti addormentati, a cominciare dalla Giustizia sportiva, che prima ha fatto la voce grossa ma poi ha scelto la via del buonismo con pene troppo blande, in cui le squalifiche per illeciti sono state ridimensionate a omessa denuncia. E anche la credibilità delle indagini ne ha risentito, basta vedere che tanti calciatori indagati giocano tranquillamente nei campionati più importanti. Una cosa assurda. Qui gli strumenti penali vanno rinforzati, la stessa Giustizia Sportiva deve essere molto dura nell’applicare le pene. Chi è riconosciuto colpevole di frode sportiva non può star fuori come se avesse un infortunio da smaltire».

L’ultima inchiesta ha portato alla luce un altro dato inquietante: la ramificazione dei malaffari, prima era solo il sud ad essere coinvolto, adesso ci sono di mezzo tante squadre del nord...

«Quando abbassi il livello di guardia il pericolo concreto è che il male possa diffondersi ovunque, e così è accaduto. Anche se, a dire il vero, già in passato abbiamo avuto casi inquietanti al settentrione. I giocatori della Sanremese, fra cui il Pampa Sosa, furono costretti a rescindere i contratti con le pistole puntate alle tempie. E altri dirigenti furono vittime di usurai. Ma il problema è che troppi personaggi, imprenditori legati alla malavita, hanno messo le mani su società di calcio al nord. La differenza è che al sud è più facile accorgersi di certi legami: penso alle squadre siciliane con il lutto al braccio per la morte di un boss o quelle in Calabria che non giocano per solidarietà nei confronti dei capi arrestati».

Insomma, la malavita nel calcio minore fa quel che vuole. Basta l’odore del denaro....

«Soprattutto nelle piccole società. Attraverso le scommesse, peraltro legalizzate, la criminalità organizzata riesce a fare affari, coinvolgendo come abbiamo visto le mafie internazionali. E siccome nei club di categorie inferiori circola poco denaro, il giochino sporco riesce e fa comodo a tutti. I campionati vengono inquinati».

Il suo rimedio?

«Abolire e vietare, da subito, le scommesse che riguardano club dalla Lega Pro in giù dove i rischi sono maggiori, proprio perché ci sono calciatori mal pagati o che non percepiscono stipendi. Corromperli è un gioco da ragazzi».

E invece da settembre si può scommettere anche alla serie D

«Ora paghiamo le conseguenze della folle idea. Con un problema in più: le gare in quei campionati vengono truccate sin dalle prime giornate, non si aspetta la fine».

Cos’è che attira Mafia, Camorra, ’Ndrangheta e SCU?

«Il fatto che il calcio unisce tre grandi strumenti, ovvero denaro, potere e fama, ovvero il consenso. Avere il controllo sociale di un club significa non solo riciclare i soldi ma pure allacciare amicizie con imprenditori e istituzioni. E questo serve per portare avanti affari illeciti, perché alla fine i risultati del campo interessano poco».

Ma le categorie più importanti rischiano?

«Non poco. Ce lo dice il passato. Senza dimenticare che anni fa il tentativo di scalata alla Lazio fu portata avanti da un gruppo di imprenditori vicino ai Casalesi. Sono segnali da non sottovalutare».