Andrea Stramaccioni: "Spero che la Roma possa essere l'anti Juve. E quella vittoria allo Stadium..."
Intervistato da Il Corriere dello Sport, l'ex tecnico di Inter e Udinese Andrea Stramaccioni ha parlato del suo passato alla Roma. Con una speranza: "Da romano e romanista spero che la Roma possa essere la vera grande antagonista della Juventus per la vittoria del campionato. La Lazio è in una forma fantastica, ma non sempre i derby li vince chi sta meglio in quel momento, sono contento che sia una partita due squadre di vertice. Inter? L’impatto fu “atipico”, a riguardarlo oggi persino divertente. Mi trovai catapultato dal settore giovanile in uno degli spogliatoi più importanti e più pesanti del mondo. Dopo che erano stati esonerati Gasperini e Ranieri, due allenatori fantastici, i giocatori si sono visti arrivare questo ragazzino, coetaneo di molti di loro. Per la prima visita nello spogliatoio, avevo appuntamento con Ausilio e Branca che dovevano presentarmi alla squadra. Mi avvio nel corridoio, mi giro e vedo che non c’era più nessuno con me. Da lontano Branca mi faceva segno che era meglio che andassi da solo. Mi fece pensare alla famosa barzelletta “Entra tu che a me viene da ridere". Io guardo in faccia i giocatori: Sneijder, Milito, Zanetti, Cambiasso, Stankovic, Julio Cesar. Dentro di me ho pensato che loro si saranno detti: “Ma che abbiamo fatto di tanto male per meritarci questo?”. Io non ero lì per fare il fenomeno ma per mettere le mie qualità calcistiche al servizio della squadra, con umiltà ma anche con grande consapevolezza di quello che faccio. E l’inizio è stato fantastico, perché in nove partite siamo riusciti ad arrivare in Europa, vincemmo il derby 4 a 2. Sono stati i giocatori che hanno detto al presidente che ero la persona giusta. Lui mi confermò, mi fece tre anni di contratto. L’anno seguente è iniziato in maniera fantastica, vincemmo praticamente tutti gli scontri diretti: battemmo il Milan nel derby, il Napoli con Cavani e Lavezzi, la Fiorentina e poi la famosa vittoria contro la Juventus allo Stadium. Prima di quella partita io chiamai in camera i tre attaccanti, Milito, Palacio e Cassano e dissi loro che l’unico modo per mettere in difficoltà gli juventini era attaccarli. Mi hanno guardato per i primi dieci secondi come fossi un matto ma poi forse ho toccato le corde giuste per un campione: ho detto possiamo giocare con tre attaccanti ma dobbiamo sacrificarci su Pirlo e ho aggiunto che ero sicuro che loro potessero farlo.
Tutte queste belle parole, poi in trenta secondi la Juventus è in vantaggio. E’ cascato lo Stadium, io mi sono detto che ne avremmo presi cinque, perché avevo preparato una partita troppo offensiva. E invece poi ci fu una grandissima reazione della squadra e vincemmo. Eravamo secondi. Ma successero due cose. Una sequenza di gravi infortuni a uomini chiave: Samuel, Milito, Stankovic, Palacio. E poi due problemi di gestione. Con Sneijder, che la società voleva vendere per capitalizzare. Lui era il mio dieci ideale e con lui ci trovavamo molto. Ma Sneijder non accettava la nuova destinazione e la società mi chiese di metterlo fuori rosa. Io non potevo fare nulla, di fronte alla volontà determinata della società e Wesley lo capì. La seconda è Cassano. Per i primi sei mesi lui mi ha dato tantissimo, poi si sono create delle tensioni anche per ragioni legate al suo contratto futuro. Insomma è finita male e mi dispiace. Ma la cosa decisiva fu che il presidente Moratti stava preparando la cessione della società. Da tempo mi aveva avvertito che cercava soci. Prima di una partita con la Lazio mi prese da parte e mi disse che l’Inter non era più sua. Era stato lui a volermi su quella panchina. Con il suo lungo ciclo che finiva terminava anche la mia breve e intensa stagione nerazzurra”.