IL GRANDE IMBROGLIO E' PARTITO DA TORINO

27.09.2011 20:42 di  Redazione TuttoJuve   vedi letture
IL GRANDE IMBROGLIO E' PARTITO DA TORINO
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© foto di Federico De Luca

E' il giorno della sua difesa a Calciopoli, ma Luciano Moggi in tribunale decide di giocare una partita tutta all'attacco. Piglio sfrontato e grinta sono degne dei dopo gara più roventi quando, in apertura di udienza, 'Lucianone' chiede di rendere dichiarazioni spontanee. "Questo - ha esordito l'ex dg della Juventus, principale imputato di Calciopoli - è un processo nato sulle chiacchiere. Sono qui perché qualcuno mi ha messo a capo di un sistema cui sono estraneo visto che i risultati con la Juve li ottenevo sul campo". Cita, Moggi, due testimoni d'eccezione: il manager del Manchester United, Alex Ferguson, e il giornalista Enzo Biagi. "Ferguson ha parlato di me come di un manager straordinario, il top tra i dirigenti. Quanto a Biagi, dopo la sentenza sportiva, parlò di un giudizio costruito sul nulla". Non manca la bordata all'Inter: "La mia Juve era una squadra di campioni - ha ricordato - non aveva bisogno di aiuti. E l'Inter non si può permettere di dire che perdeva per colpa degli arbitri se vendeva campioni come Seedorf e Pirlo per comprare Gresko, Coco, Vampeta e Taribo West". Quindi è entrato nel merito dell'utilizzo delle schede svizzere, chiamando in causa il pm di Napoli Giuseppe Narducci, oggi assessore con De Magistris: "Quando mi interrogò mi disse trionfante 'Lo sa che lei e' finito?'. Io spiegai che le schede svizzere servivano perché c'era dello spionaggio industriale e infatti dopo poco emerse lo scandalo Telecom. Per questo motivo furono comprate quelle schede che segrete non erano e che io utilizzavo solo per fare il mercato. E poi - ha aggiunto - ma se viene intercettato anche Berlusconi quando parla con Lavitola a Panama, come potevo pensare di farla franca?". "Ecco perché - ha concluso Moggi - ritengo che Narducci abbia costruito un processo sulle suggestioni". Giungono gli applausi di una ventina di tifosi juventini mentre Moggi, ormai padrone della scena, dà la parola al suo avvocato scavalcando la Corte.

"Scusi presidente - ironizza - ma è emozionato". Se Moggi apre i varchi, spetta al suo legale Maurilio Prioreschi affondare i colpi. Il suo è un atto d'accusa frontale contro tutta l'inchiesta: "Un processo - dice - che è un grande imbroglio, una pagliacciata, una perdita di tempo". Obiettivi principali l'ex ufficiale dei carabinieri Attilio Auricchio, che ha condotto le indagini, e l'ex pm Narducci. "Sono state fatte delle porcherie. Si dice una stronzata per telefono e se ne fa un capo di imputazione. E' tutto così questo processo, una spietata caccia all'uomo". Prioreschi ha cercato di smontare le accuse sui sorteggi pilotati e sui contatti con gli arbitri che emergono dalle intercettazioni: "Non può essere un caso - ha osservato il legale di Moggi - che tutte le telefonate che potevano essere utili alla difesa sono state occultate da qualcuno, Auricchio, che le ha fatto sparire. Questa - ha incalzato Prioreschi - è una vergogna e il motivo per cui questo processo é un imbroglio dove vorremmo sapere chi è il mandante e chi il killer". Prioreschi, che ha chiesto l'assoluzione di Moggi da tutti i capi di imputazione, ha chiesto alla Corte di considerare inutilizzabili gli atti relativi alle sim svizzere e la trasmissione alla procura di Napoli delle dichiarazioni rese durante il dibattimento dallo stesso Auricchio, dall'ex dirigente della Roma Franco Baldini e dall'ex arbitro Danilo Nucini per valutare l'ipotesi di falsa testimonianza. Il legale, infine, ha chiesto anche la trasmissione degli atti di tutta l'inchiesta perché si possa verificare l'esistenza dei reati di calunnia a danno di Luciano Moggi, di falso ideologico e abuso d'ufficio. Si torna in aula il 25 ottobre con l'altro legale di Moggi, Paolo Trofino, e con l'arringa di Silvia Morescanti, legale di Bergamo, Fazi e Fabiani, che però difficilmente sarà presente visto che in quei giorni dovrebbe partorire. In quel caso toccherebbe a Prioreschi in qualità di sostituto processuale. E a quel punto un ricorso in Cassazione mirato a ottenere la nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa potrebbe essere più di una semplice ipotesi.