LA JUVENTUS TRA LO SCIOPERO E L'ESORDIO COL PARMA

28.08.2011 21:45 di  Thomas Bertacchini   vedi letture
LA JUVENTUS TRA LO SCIOPERO E L'ESORDIO COL PARMA
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© foto di LINGRIA/PHOTOVIEWS

Per un calcio italiano che continua a fare la conta dei suoi problemi e che misura ripetutamente la distanza che lo separa da chi l’ha superato nel corso degli ultimi anni in termini di competitività, credibilità, audience e spettacolarità, non poteva certo mancare lo sciopero come ciliegina finale su una torta indigesta.

Il fatto, poi, che venga (spesso) utilizzata quella parola per definire lo slittamento della prima giornata della serie A provoca ancora più rabbia in quei tifosi innamorati del pallone costretti da tempo a sopportare e subire passivamente ogni tipo di delusioni e decisioni, e che poche volte vengono realmente ricompensati da "quel mondo" per la loro passione.

Cresce il disgusto tra gli amanti di questo sport, inizia il tam tam tra i sostenitori delle varie squadre per organizzare forme di protesta unitarie, un intero paese si indigna per quanto accaduto, e quando capita sotto mano la prima occasione per dare una dimostrazione di tutto ciò uno stadio intero si riempie di tifosi pronti ad acclamare i loro beniamini: è accaduto a Napoli, dove gli striscioni contro i milionari scioperanti hanno fatto da cornice ad un’amichevole tra il club campano e il Palermo di Maurizio Zamparini. L’ingresso era gratuito, c’erano 60.000 persone festanti sugli spalti, non sono mancati i fuochi d’artificio, una benedizione ad opera del cardinale Sepe e la presentazione del nuovo acquisto Goran Pandev. A Milano, intanto, altre 8.000 (paganti) erano presenti a Monza per studiare la nuova Inter di Gasperini, un migliaio si trovavano nel centro sportivo di Casteldebole per l’amichevole del Bologna, e via discorrendo. Il risultato? Di questo passo verrà ingoiato presto anche l’ennesimo boccone amaro.

"Ripartiamo da zero, ripartiamo dalle ceneri". Queste parole potrebbero essere usate come slogan per sintetizzare la situazione attuale, in realtà Gianluigi Buffon le ha pronunciate pochi giorni fa per mettere in chiaro ciò che ormai è noto a tutti da tempo: i settimi posti collezionati da Madama nelle ultime due stagioni sconsigliano proclami e impongono realismo.

Verso la metà del mese di luglio, durante il ritiro di Bardonecchia, raccolta la richiesta di aiuto da parte di Antonio Conte che individuò in lui, Del Piero e Pirlo quei campioni carismatici e vincenti in grado di prendersi le maggiori responsabilità nei momenti difficili all’interno del gruppo bianconero, lanciò la carica: "Il fatto che gli ultimi due campionati dicano che ci sono sei squadre più forti della Juve deve far scattare dentro di noi la molla giusta per tornare ad essere competitivi e dimostrare che prima è stata soltanto sfortuna".

Sottinteso che due fallimenti consecutivi non possono essere addebitati alla sola malasorte, anche lo stesso portiere juventino ha vissuto di recente una situazione personale particolarmente difficile a Torino. Risale allo scorso 14 maggio una dichiarazione di John Elkann che, rispondendo ad una domanda circa le probabilità della permanenza sotto la Mole del giocatore posta da uno studente durante il convegno "Crescere tra le righe" (organizzato alle porte di Siena), disse: "Buffon? E’ un anno e mezzo che non sta giocando". Il portavoce del numero uno di Fiat ed Exor si affrettò a precisare che alla frase mancava la parola "purtroppo", il numero uno bianconero prese atto della sostanza della stessa: passata la tempesta si è poi "risposato" con la Vecchia Signora, continuando - così - il matrimonio decennale con il club.

Quelli erano i momenti che precedevano la gara disputata dalla Juventus al "Tardini" contro il Parma di Giovinco, penultima tappa del martirio, monopolizzati dalle ferme convinzioni di Luigi Del Neri ("Non c’è la controprova che agendo in modo diverso le cose sarebbero cambiate"), alle quali susseguirono - racimolata la decima sconfitta in serie A - le parole di resa di Chiellini: "Non siamo mai stati una squadra".

L’analisi più dura, però, fu quella del Presidente Andrea Agnelli: "C’è tanta delusione perché alla fine di questo campionato è emerso che una serie di giocatori arrivati non hanno capito cos’è la Juventus e i giocatori che avevamo lo hanno dimenticato".

Più che la semplice presa di coscienza del settimo posto conclusivo, agli uomini di Conte sono queste le considerazioni che dovranno servire da monito (e da stimolo) per iniziare al meglio la loro nuova avventura. Che, con ogni probabilità, comincerà nel nuovo stadio torinese proprio (e ancora) contro il Parma. Sciopero permettendo, ovviamente.

Tra i cinquanta campioni bianconeri scelti dai tifosi ai quali sono state dedicate altrettante stelle presenti nell’impianto che verrà inaugurato a breve, figura anche il nome di Gaetano Scirea. Anni fa, dopo aver festeggiato in discoteca con i compagni la conquista del sedicesimo scudetto della Vecchia Signora, il libero uscì dal locale all’alba per cercare un’edicola. Ne vide una accanto alla fermata di un tram, dove gli operai attendevano il mezzo per andare a lavorare. Lui indossava ancora l’abito da sera, e per pudore e rispetto verso quelle persone fece marcia indietro e tornò a casa.

Nel descrivere Scirea la moglie raccontò che in molte occasioni il marito tornava a casa con persone sconosciute: "Mariella, questi signori hanno fatto centinaia di chilometri per venire a vedere la Juve e ho pensato che dovevano pur mangiare qualcosa".
Non serve aggiungere altro. Chi vuol capire, capisca.