STORARI a La Gazzetta: "Vorrei restare alla Juve, ma se non gioco potrei andar via"

26.11.2010 09:30 di  Redazione TuttoJuve   vedi letture
STORARI a La Gazzetta: "Vorrei restare alla Juve, ma se non gioco potrei andar via"
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© foto di ALBERTO LINGRIA/PHOTOVIEWS

Stamane sulle colonne de "La Gazzetta dello Sport" c'è una lunga e interessante intervista a Marco Storari, che ha risposto a numerose domande sulla sua esperienza bianconera, sulla sua precaria posizione di vice-Buffon, sul suo futuro, sulla sua mancata convocazione in Nazionale e sulle ambizioni della Juventus. Dopo undici traslochi in quattordici anni, Storari si immagina a Torino per molto tempo: almeno fino al 2013, come recita il contratto. E poco importa, se tra quale mese dovrà confrontarsi con il rientrante Gigi Buffon. L'ex portiere di Samp e Milan pensa esclusivamente a far bene, a confermare le ottime prestazioni fornite in questo avvio di stagione, poi deciderà Delneri. Ecco i passaggi più significativi dell'intervista:

Storari, è giusto stupirsi per il suo rendimento oppure lei è stato un po’ sottovalutato?
«Ho quello che mi merito, adesso come prima. Se sono arrivato in alto a 30 anni significa che quello era il mio percorso. I miglioramenti delle ultime stagioni sono legati al lavoro con bravissimi preparatori: Vecchi al Milan e Filippi alla
Samp e alla Juve».

Come mai ha cambiato squadra così spesso?
«Perché non c’era spazio e volevo giocare. Ho cambiato anche cinque volte a gennaio».

A Torino metterà finalmente radici?
«Spero e penso di sì, anche se nel calcio non si sa mai. Sono arrivato alla Juve al momento giusto: si respira aria di grande
progetto».

Che cosa le è rimasto dentro dell’unica convocazione in Nazionale?
«Nulla. Era il 2005, Buffon era infortunato, si fece male anche Roma e visto che si giocava a Palermo scelsero il rosanero
Santoni. Lui rifiutò e chiamarono me che stavo a Messina: fu una convocazione geografica. Raggiunsi Palermo poco prima
della partita, mi dissero che poi sarei andato a Lecce per l’incontro successivo, ma a fine gara mi rispedirono a Messina
spiegandomi che a Lecce avrebbero chiamato Sicignano che giocava lì. Mi sentii l’ultima ruota del carro».

Adesso è possibile che Storari non sia in Nazionale?
«A me sembra impossibile. La storia dice che se i portieri di Juve, Milan o Inter non sono stranieri e giocano bene finiscono
in azzurro perché hanno esperienza e conoscono il peso di certe maglie. I 33 anni non possono essere un problema, quello del portiere è un ruolo particolare. Viviano, Mirante e Sirigu tra qualche anno saranno tra i più bravi del mondo, ma adesso hanno poca esperienza».

Tra lei e Prandelli c’è incompatibilità?
«No, anzi: a Firenze sentivo la sua stima. Però Frey era in gran forma, così giocai una volta in campionato e due in Coppa
Italia».

Lei è anche considerato un para-rigori.
«Nel 2005 ne parai quattro su quattro. Studio molto le caratteristiche dei tiratori insieme al mio preparatore: con lui passo
più tempo che con mia moglie. Il rapporto è ottimo».

Ha parlato con Buffon?
«No, ho preferito rispettare il delicato momento della rieducazione. Spero davvero che Gigi torni ai livelli di prima».

Se dopo il rientro di Buffon lei non giocasse più fino a maggio, andrebbe via?
«Alla Juve mi hanno voluto i dirigenti che mi avevano portato alla Samp: conoscono me e le mie idee. A 33 anni non vorrei
stare in panchina, ma continuare a giocare. Se alla Juve non ci fosse la possibilità di farlo, valuterei la situazione con
serenità. Ma ripeto: a Torino vorrei mettere radici».

Da romanista come ha gestito il dopo Roma-Samp dell’anno scorso, quando tolse in pratica lo scudetto ai giallorossi e
qualcuno quasi la rimproverò di aver fatto il suo dovere?

«Quella sera compresi la situazione e mi concentrai sulla mia gioia per la grande prestazione. Mi ha infastidito di più il
recente Juve-Roma: qualcuno dovrebbe capire che bisogna essere campioni sempre, non solo con la palla tra i piedi».

Nello spogliatoio pronunciate la parola scudetto?
«No, ma non per scaramanzia. Abbiamo bisogno di crescere con i nostri tempi, per gradi. Poi se in primavera saremo lassù
con le altre, allora pronunceremo quella parola senza problemi».