UN ALTRO "BLACK OUT" DI FELIPE MELO. E ADESSO?

Pagato più di un trequartista (Diego) nel corso della scorsa sessione di mercato estiva, rendimento negativo (non solo per colpa sua) nella stagione appena conclusa, un carattere difficile. E adesso, con lui, che si fa?
03.07.2010 10:17 di  Thomas Bertacchini   vedi letture
UN ALTRO "BLACK OUT" DI FELIPE MELO. E ADESSO?
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© foto di Filippo Gabutti

Non ci voleva. Quel fallaccio di Felipe Melo su Robben proprio non ci voleva. Una prestazione, quella del brasiliano ieri, dai due volti: bene il primo tempo, condito con un bellissimo lancio in verticale per il goal di Robinho; malissimo nella ripresa, con l’incomprensione con Julio Cesar in occasione dell’autogoal e - soprattutto - l’espulsione per il calcio al giocatore olandese a terra.

Se in occasione dell’autorete dell’1-1 (parziale) il portiere interista rivendica l’aver chiamato la palla e condivide la paternità dell’errore con il compagno, per ciò che concerne l’attimo di follìa successivo, quello ha un solo nome e cognome: Felipe Melo.

Si conclude, così, una stagione negativa per il centrocampista verdeoro, legata a doppio filo con quella della Juventus, il suo club di appartenenza. Proprio nel momento in cui la squadra bianconera si è appena ritrovata per iniziare la preparazione in vista dei preliminari dell’Europa League.
E dire che tutto era iniziato sotto ben altri auspici: nella sessione di calciomercato della scorsa estate, impegnata a cercare un regista, la Vecchia Signora (tale di nome, non di fatto) corteggiava D’Agostino, allora all’Udinese. Non riuscendo ad arrivarci, ecco il colpo di scena che non t’aspetti: 25 milioni di euro (meno Marchionni), clausola rescissoria voluta da Corvino pagata e rispettata, un altro campione che si apprestava a raggiungere Torino, sponda bianconera. Un mediano costato più di un trequartista.



Amauri non era ancora italiano, Diego era stato già acquistato e si attendeva proprio Melo per presentare ai nastri di partenza una Juventus "brasiliana" come mai in passato.
Settantacinque milioni (circa) di investimento in due anni per i tre calciatori, per una squadra che avrebbe dovuto giocare a ritmo di samba. Il "gap" con l’Inter, in Italia, sicuramente ridotto. Col tempo, chissà, il campo avrebbe potuto anche dire "annullato".
Dalla successiva cessione di Cristiano Zanetti alla Fiorentina, ecco i primi equivoci tattici manifestarsi in campo, per poi esplodere fuori dal rettangolo di gioco al presentarsi delle prime critiche.
Partito l’unico regista rimasto in rosa (quando non era alle prese con problemi muscolari), con il posizionamento di Diego come vertice alto del rombo di centrocampo, a Felipe Melo non rimaneva che rispettare gli ordini di scuderia, e piazzarsi davanti alla difesa.

La gara contro la Roma all’Olimpico (30 agosto 2009, vinse la Juve 3-1) aveva fatto sognare i tifosi bianconeri: se Diego si era espresso su livelli eccezionali (mai più rivisti), Felipe Melo gli era andato dietro, producendosi - ad incontro ormai concluso - in una cavalcata potente e devastante che gli permise di realizzare la terza marcatura, quella che chiuse definitivamente la partita.
Ma l’Olimpico di Roma fu, appunto, l’eccezione, non la regola.
Eppure Cesare Prandelli, neo CT della nazionale azzurra ed ex allenatore del brasiliano ai tempi della Fiorentina, lo aveva detto, nel corso di una intervista: "No, consigli non ne voglio dare. Vi dico però che noi l'anno scorso avevamo creato un gioco che per Melo era possibile: non è un regista, ha visione ma non abbastanza. E così avevamo creato meccanismi di gioco facendolo giocare come mezzo destro del 4-2-3-1, con movimenti delle ali che facilitavano il suo gioco".

Il "4-2-3-1", lo schema spesso adottato dal Brasile e qualche volta - nel corso della stagione appena conclusa - dalla Juventus. Il vestito che più si addice alle caratteristiche di Felipe Melo. Proprio nella sua nazionale si è sempre sentito a casa, protetto e coccolato da un allenatore - Carlos Dunga - che adesso, al pari di Marcello Lippi, si assume tutte le responsabilità di un fallimento che ha iniziato a materializzarsi al 28° del secondo tempo dell’incontro con l’Olanda, cinque minuti dopo la rete dell’1-2 segnata da Sneijder, proprio grazie all’attimo di follìa del centrocampista brasiliano. Esattamente nel momento in cui la sua nazionale avrebbe avuto necessità di raccogliere tutte le proprie forze nel disperato tentativo di un recupero in extremis per evitare l’eliminazione dai mondiali.

Lui se ne frega delle critiche. Va in vacanza, felice - poi - di tornare alla Juventus.
"Del passato non mi interessa molto, nello spogliatoio so cosa porterò. Le regole vanno rispettate in campo e fuori. Dialogo senza imposizioni, ma decido io. La base di tutto è il rispetto".
Queste sono alcune delle parole pronunciate ieri da Luigi Del Neri, durante la presentazione delle nuove divise da gioco della società bianconera. Questo è il nuovo ambiente che Felipe Melo troverà, a Torino, se prima non verrà ceduto (a quale prezzo?) a qualche altra squadra.
Potrebbe durare, sì. Ma quanto?