Quando un Apache zittisce il Diavolo

Finalmente stasera abbiamo capito chi dobbiamo ringraziare per l'affare Tevez: nell'ordine, Adriano Galliani e Mauro Suma. Il primo ha permesso all'argentino di diventare un top player della Vecchia Signora, da terza o quarta scelta del mercato bianconero che era prima delle parole dell'ad rossonero. Ora scopriamo anche che il Milan non è mai stato in corsa per Tevez, e quindi la Juve correva da sola nell'acquisto al giocatore del City. Chissà, magari Marotta e Paratici, telefonavano a Manchester da due apparecchi telefonici diversi e rilanciavano l'uno contro l'altro per creare l'asta. Mauro Suma invece, da almeno una settimana esortava chi doveva andare a prendere Tevez a svegliarsi ed agire. Chissà, forse parlava in milanese talmente stretto che Marotta (dopo gli anni trascorsi a Genova), ci ha messo una settimana per afferrare e comprendere il senso delle parole del Direttore di Milan Channel. Il Diavolo avrebbe potuto acquistare Tevez solo se fosse riuscito a piazzare un giocatore, ovvero Robinho. E sì, perchè, secondo quanto ha dichiarato Suma ad “Aspettando il calciomercato”, il brasiliano è l'unico per il quale ci sia un'offerta concreta, anche se inferiore a quanto richiesto dalla Società di via Turati. Nessuna offerta per Boateng, né tanto meno per El Shaarawy. Insomma, i giocatori del Milan non li vuole nessuno? Dopo aver lanciato il suo anatema “il Milan persegue una attenta politica di bilancio e non vorrei che chi adesso ride si trovasse tra due anni a piangere lacrime amare”, ripetuto con nervosismo esponenziale quando un tweet lo ha riportato al “din don” di Cesena, Mauro Suma ha voluto ribadire che non è Direttore di Milan Channel per caso. Stesse parole di Galliani, stessi concetti: un clone dell'ad rossonero, con l'aggiunta dei capelli.
E meno male che il Milan non ha giocato le prime otto partite dello scorso campionato, altrimenti sarebbero stati dolori per tutti. Chissà perché qualcuno ama personalizzare le stagioni calcistiche. Chissà perché qualcuno ama ricordare che la squadra rossonera è arrivata terza, facendo anche un salto all'indietro per ribadire il concetto del gol di Muntari (meno male, se no, c'era il rischio di pensare che tutto fosse già stato dimenticato, a solo un anno e mezzo di distanza), ma omette di ricordare in quale modo abbia raggiunto il terzo posto (rigori a grappoli, ultima gara a Siena viziata da episodi quantomeno dubbi, etc...). Goliardia ed ironia a parte, l'impressione è che a Milano ci siano rimasti proprio male. Sotto sotto pensavano di farcela, ma hanno dovuto arrendersi all'evidenza, che non riguarda solo il Milan ma, più in generale, il calcio italiano: le nostre squadre, tranne qualche rara eccezione, devono vendere, prima di acquistare. Prendere atto di questo, non è sicuramente facile ed indolore. Marotta ha compiuto il delitto perfetto: ha sottratto un calciatore sul quale il Milan pensava di poter dire l'ultima la parola e lo ha fatto con una operazione economicamente e finanziariamente impeccabile. Nove milioni più bonus, sono un ottimo affare. Certo, l'ingaggio del giocatore è da top, ma è per questo che Carlitos è stato acquistato, ovvero per fare il top player, poi, come sempre, spetterà al campo il verdetto finale e tra un anno sapremo chi avrà avuto ragione. Nella lingua zuni, “Apache” significa nemico. Da oggi, a Milano, questa parola, avrà un senso.